abbiamo
apprezzato le sue intenzioni e quelle dei suoi collaboratori e ci
siamo riservati di verificarle nei fatti, sapendo fin troppo bene che
non tutto sarebbe dipeso da lei. Bene, ciò che è accaduto finora è
stato un faticosissimo rinvio dei primi tre sfratti in elenco (10,
12, 23 gennaio). Per il resto abbiamo avuto la conferma della
situazione che avevamo discusso con lei il giorno 5 dicembre. Non si
è aperta nessuna prospettiva per le famiglie già sfrattate, non ci
è arrivato nessun segnale che le emergenze vengano gestite con
criteri riconoscibili, non si è mosso nulla rispetto all'ipotesi di
trasferire all'ente pubblico la proprietà dell'edificio di corso
Volta.
Un
anno di affermazione del diritto all'abitare di 11 famiglie
altrimenti
minacciato da procedure di sfratto per morosità incolpevole; dalla
impossibilità di affrontare in solitudine un problema sociale di
questa gravità; dalla mancanza di alternative abitative (casa
popolare o abitazione a canone calmierato), salvo disperdere le
famiglie, dividendo i genitori dai figli, in approssimate reti di
solidarietà amicale o parentale, o nell'ancor più approssimata
foresteria del Comune (Maina). Nel conto delle costrizioni possibili
(ma anche degli auspici dell'assessore ai Servizi Sociali) non manca
il ritorno ai paesi di origine delle famiglie straniere senza lavoro
stabile e reddito garantito.
Un
anno di autogestione di un edificio di proprietà pubblica
una
domiciliarità ricostruita tra mille difficoltà (l'impossibilità di
attivare l'impianto di riscaldamento, il costo elevatissimo della
energia elettrica attinta ad un contatore da cantiere, le
ristrettezze di un edificio non residenziale trasformato, attorno ai
servizi igienici esistenti, in 11 unità abitative,). Nonostante ciò
l'unità delle famiglie è stata tutelata (i pasti attorno ad un
tavolo, i bambini a scuola, il sonno protetto, gli adulti alla
ricerca meno affannosa di una occasione di lavoro) e l'occupazione è
adesso un progetto di convivenza e di inserimento sociale offerto
all'interesse e alla collaborazione di chi auspica una società
responsabile e solidale (sono costoro, purtroppo, ancora pochissimi).
Sulla perdita di
sovranità, che si è consumata in un ventennio e oltre di
cavalcata neoliberista, ormai convengono tutti gli analisti della
nostra parte (i movimenti). Perdita di sovranità, ossia perdita del
potere di decidere sul nostro territorio e su tutto ciò che fino a
ieri avevamo considerato bene pubblico. Parallelamente un venir meno
di una cultura dei diritti (quelli costituzionali), nel senso che non
c'è più nulla di esigibile, restano le opportunità offerte dalla
“mano invisibile del mercato” (che, per definizione,
garantisce l'utilizzo più razionale ed equo delle risorse, essendo
risorse anche quelle “umane”).
Venerdì
28 ottobre il “tavolo” convocato dall'assessore in Comune si è
concluso con un nulla di fatto e senza l'annuncio di una
riconvocazione. Esperienza finita, ennesimo tentativo di dialogo
frustrato dalla inamovibilità degli orientamenti del titolare
dell'assessorato ai Servizi Sociali.
Venerdì
28 ottobre il “tavolo” convocato dall'assessore in Comune si è
concluso con un nulla di fatto e senza l'annuncio di una
riconvocazione. Esperienza finita, ennesimo tentativo di dialogo
frustrato dalla inamovibilità degli orientamenti del titolare
dell'assessorato ai Servizi Sociali.
Con
questa conferenza stampa e questo presidio abbiamo voluto dare il
senso della chiusura di una fase di lavoro della nostra
associazione. Questa fase è iniziata nella seconda metà del
2009 e si è caratterizzata con un progressivo aggravamento del
problema abitativo, con un divario sempre maggiore tra bisogni
abitativi e disponibilità di alloggi popolari, con una emergenza
che , in queste
ultime settimane, è diventata la normalità.
Abbiamo
attraversato questa fase con un crescendo di azioni di
contrasto degli sfratti, di cui le due occupazioni (via
Allende e via Orfanotrofio)sono
state, in mancanza di alternative lo
sbocco inevitabile, con un crescendo di iniziative pubbliche.
La questione abitativa
in tempo di crisi non ha più
nulla di “settoriale”. E' un indicatore di un più generale
malessere sociale. Dominio del mercato (mai declinato in modo così
feticistico), del capitale finanziario, conseguente restringimento o
negazione dei diritti (costituzionali e non) e delle pratiche
democratiche, ecco come è nato questo malessere. Quando diciamo: le
occupazioni e i contratti degli sfratti sono necessitati (lo ha detto
persino un giudice) prendiamo atto di una situazione in cui si è
chiuso uno spazio pubblico di tutele, di negoziato e di democrazia
partecipata; una situazione in cui un nuovo spazio pubblico deve
essere riaperto e può essere riaperto solo con atti costitutivi di
una nuova sovranità. E' la situazione in cui si trovano tutti i
movimenti; è la situazione in cui maturano le relazioni di “mutuo
soccorso”. Una relazione di “mutuo soccorso”, questo vuole
essere l'assemblea del 22.
La frequentazione dei
tavoli attivati per fronteggiare l'emergenza abitativa non è stata
finora molto incoraggiante. Intanto tre tavoli sono davvero troppi
e segnalano una difficoltà di rapporti tra le istituzioni che
andrebbe superata. Per cogliere tutta la gravità del problema
sociale e per rappresentarne meglio i nessi con i contesti più ampi
di quelli del comune capoluogo, sarebbe meglio averne uno, in capo
al Prefetto.
L'autogestione
delle occupazioni e la pedagogia partecipativa delle relazioni tra
l'Associazione e i cittadini che già ne condividono (o si apprestano
a condividerne) le azioni, sono scelte politiche (nel senso di polis,
agire insieme per il bene comune) che ci caratterizzano, sulle quali
si gioca la nostra credibilità. Con tali scelte, inoltre,
esercitiamo la nostra capacità di impedire che il conflitto, che ci
oppone al sistema dei poteri, degeneri in problema di ordine
pubblico. Al contrario, di quel conflitto dobbiamo far emergere tutto
il contenuto sociale. Il che non esclude che i fautori di un ordine
contrario alla giustizia possano momentaneamente prevalere, ma in
questo caso saranno ancora le nostre scelte politiche a dettarci la
risposta giusta.
Brecht ne ha tessuto le
lodi. La dialettica non è la chiacchiera, è uno strumento
del pensiero per indagare la realtà nei suoi processi e nelle sue
contraddizioni, nelle sue dinamiche e nei suoi annunci. Dovremmo
farne un uso migliore, perché la realtà non è mai uguale a se
stessa.
Abbiamo
deciso di precisare il nostro punto di vista su alcune questioni già
discusse o che si discuteranno il 28 e oltre, pensando di fare cosa
gradita ai nostri interlocutori, che sappiamo interessati ad un serio
confronto.
Il
carattere sociale dell'emergenza abitativa.
Se
non si coglie questo carattere, come purtroppo accade spesso nel
corso di questa discussione, si cade fatalmente in misure che forse
riducono provvisoriamente il danno ma allontanano la soluzione del
problema e contribuiscono a scaricare sulle vittime la responsabilità
e i costi della presente crisi.
L'emergenza
c'è perché a suo tempo qualcuno ha pensato di affidare al mercato
la tutela del diritto all'abitare. A distanza di un po' di anni il
risultato è sotto i nostri occhi: non ci sono case popolari, o se
ci sono lo sono in misura residuale, gli alloggi a canone calmierato
sono offerti ad una fascia di bisogno abitativo che non si sovrappone
a quella censita agli sportelli dell'assessorato e delle
associazioni, le locazioni sul libero mercato sono inaccessibili per
persone famiglie con redditi modesti o intermittenti.
Da
questo momento al 14 giugno data del processo e nei giorni seguenti
misuriamo l'efficacia e i limiti della nostra azione;
semplificando, ci giochiamo quasi tutto. I fatti nuovi ci sono: la
convocazione della riunione del 14 in Comune a cui siamo stati
formalmente chiamati, con all'ordine del giorno la ricomposizione del
“tavolo delle emergenze abitative”; le riunioni in Prefettura
dove l'intenzione di chi le promuove è di rimetter mano ai progetti
su Ferrotel, edifici asl ed eventuali altri edifici pubblici; il
coinvolgimento degli enti della provincia nella ricerca di alloggi
a canone sociale; la decisione dell'assessore di rivedere i
requisiti di accesso all'agenzia casa del comune per renderli
meno selettivi.
Il
21 giugno processano il diritto all'abitare delle sei famiglie che
“occupano” da più di un anno l'edificio di proprietà del
Ministero della Difesa di via Allende.
La
loro colpa ? Aver difeso la loro dignità sottraendo all'incuria e al
vandalismo un edificio di proprietà pubblica vuoto da 7 anni; aver
sottratto alla speculazione immobiliare un bene di tutti ed avervi
ricostruito la loro residenzialità. Aver affermato dei valori
sociali che dovrebbero essere apprezzati non puniti, e che stanno al
cuore di tutti i cittadini che vogliono una città solidale e
inclusiva.
Chiediamo
solidarietà e partecipazione, perché non si consumi l'ennesima
ingiustizia a danno di famiglie a cui è stato imposto un lavoro
senza diritti e un salario troppo modesto e intermittente e a causa
di ciò hanno subito uno sfratto; famiglie che non hanno alcuna
responsabilità della crisi sociale in corso.
La proposta del sindaco, annunciata durante il consiglio comunale aperto, formalizzata con una delibera di giunta e con una lettera inviata alle famiglie “occupanti” di via Orfanotrofio, è troppo generica e carica di ambiguità per essere semplicemente accettata o respinta. Se si tratta di un progetto di “centro di accoglienza per famiglie”, oppure di “foresteria per famiglie”, vale a dire se si tratta di un nuovo strumento di politica sociale, allora lo si presenti come tale ad un tavolo partecipato, dove soggetti sociali e istituzionali lo possano accogliere, condividere o emendare con responsabilità. Sono anni che le Associazioni e i Sindacati rivendicano un tale strumento e la richiesta ha attraversato giunte di diverso colore politico.
Dall'andamento del processo a carico delle famiglie di Via Allende possiamo desumere che la tesi della condanna sia stata avvalorata con l'argomento che, al momento dell'occupazione, le famiglie disponevano di redditi sufficienti per affittare sul mercato delle locazioni. E' solo una ipotesi, essendo la certezza rimandata alla lettura delle motivazioni della sentenza. Sta di fatto che la misura dei redditi è stata al centro del dibattimento e tra i documenti più citati come prova ci sono stati gli estratti conto dell'inps di ogni singolo imputato.
Una festa per divertirsi, stare insieme e conoscersi meglio; in questo una festa normale, scandita da momenti di incontro, ristorazione e musica. Alle undici circa del mattino sono arrivati i partecipanti alla biciclettata ecologica. Volontari/attivisti hanno spiegato le ragioni dell'appuntamento. Perché quella tappa proprio lì, nel cortile della casa “occupata” e perché sono tornate d'attualità le questioni del nucleare e della privatizzazione dell'acqua. Questa volta si tratta di un colpo di mano contro i referendum e contro la volontà popolare; la spregiudicatezza di una maggioranza parlamentare guidata solo da interessi tribali. Non se ne può più !
La modestia della pena (da 80 a 100 euro) non deve trarre in inganno, resta la gravità della sentenza di cui leggeremo le motivazioni tra quindici giorni. Gli argomenti per sostenere lo “stato di necessità” c'erano tutti, dall'orientamento prevalente nella giurisdizione, favorevole all'assoluzione, alle circostanze, ampiamente documentate, in cui le famiglie sono state private di qualunque alternativa allo sfratto esecutivo.
Il
Tribunale di Asti, in persona del dott. Perfetti,
nel
procedimento possessorio n.1073/011 RG, pendente tra
Ministero
della Difesa, difeso dall'Avvocatura dello Stato; RICORRENTE,
Poliante
Roberto+altri, tutti difesi dall'avv. Roberto Caranzano; RESISTENTI,
OSSERVATO
E RILEVATO CHE
Parte
ricorrente – agendo in riassunzione, a seguito della declaratoria
di incompetenza adottata dal Tribunale di Torino – lamenta che,
nella giornata del 6 aprile 2010, i resistenti ebbero ad introdursi
illegittimamente in immobile sito in Asti, alla via Allende –
adibito al soddisfacimento delle esigenze di servizio del personale
militare, sebbene al momento del fatto sgombero di persone, in virtù
di lavori di ristrutturazione in corso – ivi instaurandosi con le
proprie famiglie, senza averne titolo; chiede di conseguenza disporsi
la reintegrazione nel possesso del bene oggetto di usurpazione.
Si
costituivano i contraddittori, con comparsa di risposta in data
21.06.2011, nella quale veniva recepita la insussistenza di una
fattispecie di illecito possessorio, per avere essi agito in stato di
necessità, a seguito della perdita delle rispettive abitazioni
familiari – cifr all. 1 del fascicolo di parte resistente,
documentazione attinente alle procedure per convalida di sfratto
subite – e nella materiale impossibilità di accedere alla
strutture comunali adibite alle famiglie in stato di difficoltà
economica.
La
proposta del sindaco, annunciata durante il consiglio comunale
aperto, formalizzata con una delibera di giunta e con una lettera
inviata alle famiglie “occupanti” di via Orfanotrofio, è troppo
generica e carica di ambiguità per essere semplicemente accettata o
respinta. Se si tratta di un progetto di “centro di accoglienza
per famiglie”, oppure di “foresteria per famiglie”,
vale a dire se si tratta di un nuovo strumento di politica sociale,
allora lo si presenti come tale ad un tavolo partecipato, dove
soggetti sociali e istituzionali lo possano accogliere, condividere o
emendare con responsabilità. Sono anni che le Associazioni e i
Sindacati rivendicano un tale strumento e la richiesta ha
attraversato giunte di diverso colore politico.
La
proposta del sindaco, annunciata durante il consiglio comunale
aperto, formalizzata con una delibera di giunta e con una lettera
inviata alle famiglie “occupanti” di via Orfanotrofio, è troppo
generica e carica di ambiguità per essere semplicemente accettata o
respinta. Se si tratta di un progetto di “centro di accoglienza
per famiglie”, oppure di “foresteria per famiglie”,
vale a dire se si tratta di un nuovo strumento di politica sociale,
allora lo si presenti come tale ad un tavolo partecipato, dove
soggetti sociali e istituzionali lo possano accogliere, condividere o
emendare con responsabilità. Sono anni che le Associazioni e i
Sindacati rivendicano un tale strumento e la richiesta ha
attraversato giunte di diverso colore politico.
L'azione di ieri, la presa della torre Trojana, ha tolto alla nostra associazione e alle famiglie che la partecipano ogni residua speranza che sia possibile, con la presente giunta e con chi la rappresenta, avviare un negoziato, un confronto, per trovare soluzioni all'emergenza abitativa.
Fin dal mattino, nella piazza del Municipio, durante uno scambio di battute a cui si è sentito obbligato, per la semplice ragione che passava di lì, il Sindaco ha espresso le sue intenzioni. Le riassumiamo così:
interdire da qualsiasi “tavolo di confronto” la nostra associazione e i cittadini che la partecipano. Accreditare invece chiunque sia disposto a riti di conferma, a fare chiacchiere senza costrutto e soprattutto a sottoscrivere qualsiasi provvedimento, purché non tocchi la proprietà, gli interessi della possidenza cittadina, l'idea che il mercato sia l'essenza della democrazia
punire le famiglie che si sono rifiutate di barattare la loro dignità e la loro coesione con l'accettazione di sfratti senza alternativa abitativa, o al più con la separazione in centri di accoglienza dei genitori dai figli. Premiare invece con una filantropia pelosa, escludente e deresponsabilizzante chi, con la rassegnazione e il silenzio e l'ostilità verso chi sta peggio, conferma lo stato di cose presente e ne assolve i responsabili
La delega alla polizia e ai carabinieri di negoziare, pena lo sgombero violento, il rilascio della torre e l'annuncio che contro le famiglie di via Orfanotrofio sarà agita una ordinanza di inabitabilità dell'edificio della vecchia mutua, sono state le uniche scelte fatte dal Sindaco a conclusione della giornata e a conferma delle sue intenzioni.
Stando così le cose, l'appello ad alzare la testa, simbolicamente rappresentato sulla torre, è rivolto a tutti quelli che in questo momento subiscono la negazione di un diritto e di insopprimibili bisogni di vita. C'è dunque la necessità di coordinare, in un unico movimento, tutte le azioni di cittadinanza attiva, di critica pratica dei comportamenti dominanti, di tutela dei diritti costituzionali, che animano la società civile cittadina. Lo sciopero generale del 5 maggio è l'occasione giusta, è l'appuntamento che può essere preparato per dare più slancio ed efficacia a quelle azioni.
Riconvocato il Consiglio comunale sospeso dopo il presidio dei gruppi
ROBERTO GONELLA ASTI
Un momento della protesta delle associazioni degli sfrattati in piazza San Secondo davanti al municipio
La seduta si annuncia «calda». Interrotto la scorsa settimana per la protesta in sala di associazioni e sfrattati, stasera è nuovamente convocato il Consiglio comunale. E i manifestanti si ripresenteranno. Il tam tam in queste ore corre sul web e via sms con decine di adesioni con dure accuse alla giunta di centrodestra guidata dal sindaco Giorgio Galvagno. «Il problema casa e il caro parcheggi - scrivono le associazioni - sono due simboli del disinteresse dell'amministrazione per i problemi dei cittadini. Chiediamo a tutte le realtà sociali e ambientaliste di partecipare portando le loro questioni in piazza». Ma in un’intervista a «La Stampa», il vice sindaco Sergio Ebarnabo rispedisce le accuse al mittente. «Il Comune mette a disposizione strumenti per chi è in difficoltà - il pensiero dell’amministratore nel Pdl con provenienza An - ma prima di tutto vengono i nostri pensionati, chi è nato e ha lavorato qui e non chiede le cose con prepotenza lasciandosi anche strumentalizzare».
(dall'Egitto alla Tunisia sarà la piazza a cacciarti via)
Dalla “casa ai piemontesi” alla “casa agli italiani”, Da Verrua ad Ebarnabo xenofobia a gogò. Per il resto l'intervista di Ebarnabo alla Stampa è una dichiarazione di guerra alla ragione e alla razionalità dei fatti. Meglio, è la conclusione di un anno di ostinato rifiuto del Sindaco e della giunta a fissare almeno una agenda dei problemi abitativi in città. Invece solo chiacchiere, ammiccamenti inconcludenti verso chi, sindacati e Prefetto, sollecitavano la convocazione di un “tavolo” partecipato. E poi i pregiudizi che servono a evocare capri espiatori, i soliti inviti ad usare la forza pubblica, insomma tutte le miserie della politica di oggi, tutti gli strumenti per fare la guerra ai poveri.
Schiere di cassintegrati e disoccupati non hanno soldi per l’affitto. Gli sfratti aumentano, il bisogno abitativo cresce. E gli alloggi popolari che saranno costruiti sono una goccia nell’oceano di necessità. Ne servirebbero almeno 600 per soddisfare la richiesta di chi è in lista ma, almeno da spendere in questa direzione, di soldi non ce ne sono. La casa è di chi l’abita, la strofa di un canto di protesta che da mesi è colonna sonora nella vita di famiglie di migranti: hanno occupato immobili pubblici (vuoti) lasciati andare alla deriva. Comunque la si pensi, le occupazioni di via Allende e dell’ex Mutua sono la punta dell’iceberg di un malessere sociale che si gonfia, un ascesso sul punto di esplodere.
Nel recentemente passato il Consiglio comunale aveva fatto tutto da solo con sedute che non raramente saltavano per mancanza del numero legale. Giovedì sera uno stop clamoroso a pochi minuti dal via originato invece dalla protesta di un gruppo di associazioni: intendevano portare all’attenzione dell’assise i problema della casa e del lavoro, insieme a servizi sociali e caro parcheggi. Una contestazione ripresa anche dal webcam della sala consigliare. Mezz’ora di muro contro muro destinato a lasciare il segno.
A fare da prologo il sit in davanti al municipio indetto da una schiera di associazioni e partiti: Progetto Sherwood, Coordinamento Asti est, Casa Del Popolo,Federazione della Sinistra, A Sinistra, Forum Sociale Cittadino e Giovani Comunisti.
E mentre in piazza venivano srotolati striscioni, in aula prendevano il via i lavori. Smaltite rapidamente alcune pratiche ha preso la parola l’assessore Maurizio Lattanzio sul tema della partecipazione del Comune a consorzi e società. Pochi minuti ed il suo intervento è interrotto dal vociare del pubblico: in sala cominciano infatti ad affluire i manifestanti. Sono esponenti delle associazioni ma anche sfrattati coinvolti nell’esperienza degli alloggi occupati in via Allende e in via Orfanotrofio. Vogliono anche restituire al sindaco Galvagno l’ordinanza di sgombero dell’exMutua firmata pochigiorni fa. Issano cartelli, qualcuno anche i propri figli. Il presidente del Consiglio Comunale Giovanni Boccia invita «il gentile pubblico a ritirare i cartelli». Poi ammonisce più volte prima di sospendere volta i lavori: «Non siamo nella condizione dilavorare serenamente»dice. A questo punto dal fondo della sala si leva un coro di proteste. «Dimissioni, dimissioni» scandiscono i manifestanti. Si fa anche riferimento alle rivolte in nordafricane: «Come in Egitto e in Tunisia sarà la piazza a mandarvi via». Galvagno, fino a quel momento impassibile, sbotta: «Protesto nei confronti di un gruppo che impedisce al Consiglio di lavorare. E’ un attentato alla democrazia - Non possiamo accettare un atto di prevaricazione e di violenza» gridaal microfono».
Boccia invita ancora alla calma, i consiglieri di minoranza Alberto Pasta (Idv) e Vittorio Voglino (Pd) provano a mediare con alcuni esponenti della maggioranza. Galvagno ribadisce di essere disponibilead incontrarei manifestanti ma nella ex sala consigliare. Chi protesta chiede invece di poter intervenire pubblicamente davanti al Consiglio. «Casa, lavoro e dignità» il coro. Nelle fila della maggioranza il consigliere Gianluigi Sannino è per il pugno duro: «Questa pagliacciata deve finire altrimenti me ne vado - le parole rivolte al sindaco - qua bisogna fare denuncia e costituirsi in giudizio». Boccia chiede ancora di abbassare «toni e cartelli», poi si arrende. «Vista l’impossibilità di continuare i lavori il Consiglio è aggiornato a lunedì». Si leva il coro «buffoni, buffoni». E la promessadi ritornare, nonsolo lunedì.
Contestati e contestatori invocano il rispetto della democrazia. Lo scontrodi giovedìsera in Consiglioè destinatoa scavareancor più il solco di incomprensioni tra la maggioranza e un pezzo di città che agisce fuori dal palazzo. Il sindaco Galvagno dice di non avere dubbi: «E’ stata una provocazione, non si viene in Consiglio ad urlare - sostiene - è una violenza verbale intollerabile, ci deve essere rispetto della democrazia». E prosegue. «Sono strumentalizzazioni con tanto di istigatori: gente che ci marcia e altri che ci rimettono». Il sindaco respinge l’accusa di non voler ascoltare i loro problemi: «Ho sempre ricevuto tutti, ma a grida e insulti dico no. Se la prendano pure con me ma non con le istituzioni». Il presidente del Consiglio comunale Giovanni Boccia difende la sua decisione: «Impossibile proseguire i lavori, troppo rumore e vociare - il commento - il sindaco era disposto ad incontrare i manifestanti nella sala adiacente. Ma vista l’impossibilità di un confronto e nonostantegli appelli ad abbassare i toni, il mio fiuto mi ha consigliato di fermare tutto». Sul fronte della maggioranzail consigliere Franco Ingrasci, della commissione regionale assegnazione alloggi case popolari all'Atc, definisce inaccettabile l’interruzione. «La casa è un diritto ma occupare è un reato nonchéun errore- sostiene- Serve una Commissione comunale di emergenza abitativa». Dai banchi della minoranza Alberto Pasta (Idv) critica la Giunta. «Opporsi al dialogo è allucinante, dimostra la debolezza di una amministrazione che non vuole ascoltare la gente». E cita un esempio: «Lo stesso assessore Palladino durante la Giunta Voglino si presentò in Consiglio a protestare e a consegnare un imbuto». Esempio citato anche da Giovanni Pensabene, all’epoca assessoree giovedì trai contestatori. «I manifestanti di allora non erano né meno rumorosi né più educati di quelli di giovedì - dice - A nessuno fa piacere essere contestato ma chi governa, in un sistema democratico,ha il dovere di ascoltareanche chi lo contesta». Infine Carlo Sottile, altro manifestante: «Qui come altrove chi cerca di dare voce al malessere sociale non trova interlocutori. Opposizione in Consiglio compresa: poteva smarcarsi e non lo ha fatto».
Dopo essere saliti sulla torre troiana per richiamare per l'ennesima volta l'attenzione dei cittadini e delle istituzioni sull'emergenza abitativa in città, ci saremmo aspettati dal sindaco un altro provvedimento, non questo. Ci è arrivata invece una ordinanza di inabitabilità e di sgombero. Il provvedimento, senza il margine di una ulteriore verifica oltre quella fatta dai Vigili del Fuoco su ordine della Procura, annota in modo del tutto pretestuoso rischi di incolumità delle persone e condizioni abitative fuori norma.
Se è un “atto dovuto”, è l'ultimo di una lunga serie. Un modo di annegare la sostanza nella forma. Un modo di rendersi irreperibili alla responsabilità verso le famiglie, quelle che occupano edifici vuoti da anni, quelle che affollano senza speranza le graduatorie atc, quelle che tacciono e disperdono il loro malessere nel mare magnum delle relazioni sociali.
L'azione di ieri, la presa della torre Trojana, ha tolto definitivamente, alla nostra associazione e alle famiglie che la partecipano, la speranza di un negoziato, con la presente giunta e con chi la rappresenta, per trovare soluzioni all'emergenza abitativa.
Fin dal mattino, nella piazza del Municipio, durante uno scambio di battute a cui si è sentito obbligato, per la semplice ragione che passava di lì, il Sindaco ha espresso le sue intenzioni. Le riassumiamo così:
interdire da qualsiasi “tavolo di confronto” la nostra associazione e i cittadini che la partecipano. Accreditare invece chiunque sia disposto a riti di conferma, a fare chiacchiere senza costrutto e soprattutto a sottoscrivere qualsiasi provvedimento, purché non tocchi la proprietà, gli interessi della possidenza cittadina, l'idea che il mercato sia l'essenza della democrazia;
punire le famiglie che si sono rifiutate di barattare la loro dignità e la loro coesione con l'accettazione di sfratti senza alternativa abitativa, o al più con la separazione in centri di accoglienza dei genitori dai figli in improbabili centri di accoglienza. Premiare invece con una filantropia pelosa, escludente e deresponsabilizzante chi, con la rassegnazione, il silenzio e l'ostilità verso chi sta peggio, conferma lo stato di cose presente e ne assolve i responsabili.
Il bisogno abitativo è un problema sociale gravissimo.
Non si può affrontare solo con l'ordinaria amministrazione.
Servono tutele efficaci e nuovi alloggi popolari.
Le cifre ?
Decine di emergenze abitative e 600 domande di case popolari si confronteranno verso la fine del 2011 e mesi seguenti con 108 alloggi di nuova costruzione.
Intanto in città ci sono decine di contenitori vuoti offerti alla speculazione immobiliare e migliaia di alloggi sfitti con canoni inaccessibili per le famiglie con redditi modesti.
Le famiglie con sfratti esecutivi (alcune con punteggi elevati in graduatoria atc) che affollano il nostro sportello di segretariato sociale non hanno altra via che una terza “occupazione”?
Cosa fanno gli assessorati e le istituzioni ?
Quasi nulla, però le famiglie e le associazioni che hanno deciso di sottrarsi al ricatto dello sfratto hanno già ricevuto 42 notifiche di reato (“invasione di edificio”, “interruzione di pubblico servizio”) e le famiglie che hanno “occupato” un edificio di proprietà pubblica, vuoto e abbandonato all'incuria in via Allende, subiranno un processo a partire dal 23 di marzo.
Hanno solo difeso il loro diritto alla casa e la loro dignità.
Questa mattina in via Orfanotrofio abbiamo ricevuto una visita inaspettata dei carabinieri e dei vigili del fuoco. Passati i primi momenti di panico perché nel nostro immaginario c'è la scena del possibile sgombero, abbiamo chiarito il motivo della visita e tutto è filato liscio, tra reciproche cortesie. Prescindendo dall'aspetto notarile della cosa, diciamo che la Procura della Repubblica ha avuto le nostre stesse preoccupazioni riguardo alle condizioni igienico sanitarie di ogni singola unità abitativa.
Così sono state verificate le modalità di installazione delle stufe a legna e dei punti cottura, le aerazioni, insomma il rispetto di tutte le norme del noto DM 05/07/95, quello che guida le verifiche dell'igiene pubblica. Noi ovviamente terremo conto di quanto evidenziato sui verbali e cercheremo di garantire, meglio di quanto abbiamo fatto finora, le migliori condizioni di abitabilità. L'ingegnere dei vigili non pareva del tutto insoddisfatto considerndo le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare in una situazione di provvisorietà come quella. Nelle nostre previsioni, subito dopo l'”occupazione”, c'era ovviamente anche l'allacciamento di tutte le utenze, quella del gas compresa, per poter accendere il bruciatore dell'impianto di riscaldamento. Anzi, nella lettera inviata al Direttore Sanitario ne abbiamo fatto esplicita richiesta.
L'assessore ai Servizi Sociali ha riunito “a palazzo” (il 22 febbraio) alcuni consiglieri di maggioranza e di opposizione, i sindacati degli inquilini, il direttore dell'atc, le associazioni della piccola proprietà immobiliare, il viceprefetto e il direttore dall'igiene pubblica. Chi si aspettava dall'assessore parole o annunci all'altezza della gravità dei problemi è stato deluso. Il più seccato di tutti doveva essere il viceprefetto. Si è adoperato per mesi nel tentativo di promuovere un progetto partecipato di tutela del diritto all'abitare, in cui l'emergenza fosse temperata da una maggiore disponibilità di risorse e dalla responsabilizzazione diretta di enti e associazioni, soggetti pubblici e privati.
Occupato la casa al numero 34 di Fitzory square, la piazza dove hanno abitato Virginia Woolf e George Bernard Shaw. "Siamo i comunisti del terzo millennio".
Con il viso inespressivo ma con tutti i ricettori in funzione la ragazza apre con diffidenza la porta appena dipinta di blu al numero 34 di Fitzroy Square, un edificio bianco con raffinati bassorilievi raccolti in rosoni secolari che Guy Ritchie, regista di Sherlock Holmes ed ex marito di Madonna, ha comprato otto mesi fa per sette milioni di sterline. L’idea era quella di andare a vivere lì - di fronte al parco, di fianco agli esclusivi palazzi abitati da Virginia Woolf, George Bernard Shaw e dal marchese di Salisbury - con la nuova fidanzata, la spettacolare modella dell’Essex Jacqui Ainsley. «Vedrai, sarà un paradiso». Gli squatter lo hanno anticipato prima che finisse i lavori di ristrutturazione. «Il mondo è di tutti, noi occupiamo».
e così una ventina di famiglie, il cui diritto all'abitare era stato negato, hanno trovato un tetto e altre decine, sottraendosi alla tentazione di prendersela con chi sta peggio di loro, coltivano la speranza di poter risolvere il loro problema arricchendo la loro esperienza con legami di cooperazione e solidarietà.
Ora veniamo a sapere, per vie traverse, che l'assessore Verrua, di cui abbiamo chiesto le dimissioni per provata incapacità e xenofobia, ha convocato per oggi un consulto sulla “emergenza abitativa”, rompendo così un lungo silenzio su questo gravissimo problema sociale, peraltro scandito dagli annunci di tagli ai Servizi Sociali e dagli improperi alla nostra Associazione (violenti, clientelari, ecc).
sabato 19 febbraio ore 21e30 presso la ex-mutua occupata in via orfanatrofio concerto di Marius Seck e la sua band a seguire un po' di musica perchè no, da ballare vicini permettendo!!
Ormai dall'occupazione sono passati 2 mesi, 8 famiglie abitano in pianta stabile e presto altre 3 arriveranno, tante le settimane spese a trasformare dei vecchi uffici e ambulatori in case accoglienti, con tante difficoltà, sicuramente l'acqua calda non è abbondante e anche il freddo un nemico contro il quale bisogna ancora combattere. La solidarietà ricevuta è stata tanta e sicuramente altrettante sono state le difficoltà di convivenza tra le famiglie che si sono dovute per forza di cose confrontare e mettersi in gioco dandosi anche delle regole. Un percorso sicuramente anomalo per una società ormai spinta ad un individualismo estremo e dei suoi lati negativi ne raccogliamo le conseguenze proprio in questo momento di crisi .. dopo tutto questo lavorare è anche bello fare un po' di festa !!!! sabato con Marius si farà questo!
Abbiamo partecipato alla riunione (24 novembre 2010) convocata dal Prefetto perché l'avevamo sollecitata ma non ci aspettavamo rose e fiori. Infatti si è conclusa in modo interlocutorio, sottolineando l'assenza del Comune, confermando le linee d'azione che alcune associazioni si sono date da tempo (Caritas, Coordinamento Asti-Est, Effatà), lasciando assolutamente aperto il progetto presentato, peraltro appena abbozzato sia nelle finalità, sia nella titolarità, sia nei principali presupposti (la collaborazione della fondazione CRA, dei consorzi dei servizi CISA e COGESA, le dimensioni del fondo). Ciononostante e a dispetto dei limiti che abbiamo creduto di dover segnalare, saremo presenti anche alle prossime riunionI.
Nel corso dei due ultimi anni circa il diritto all'abitare, pur proclamato in carte e statuti, è stato sistematicamente violato. Si è mutato nel suo contrario il paradigma socio/politico in cui questo ed altri diritti erano iscritti.
Tutta la relativa materia legislativa, pur registrando in modo disordinato la ruvida materialità dei “nuovi” rapporti sociali, ha mutato orientamento. Il compito di enti e istituzioni è ormai solo quello di temperare gli effetti più regressivi di un mercato delle locazioni diventato escludente, perché speculativo, per tutta la fascia di popolazione con redditi modesti o precari. Negli assessorati preposti, con risorse residuali, viene gestita una emergenza abitativache si è ormai trasformata in “normalità”.
O forse turba i fautori di un ordine sociale iniquo, in cui tutto è fatto merce e precarietà a vantaggio di una minoranza ? Sedici famiglie senza alternativa abitativa, insieme ai volontari del Coordinamento Asti-est e di altre associazioni cittadine, hanno “occupato” l'edificio di proprietà dell'asl in via Orfanotrofio e l'edificio di proprietà del demanio di via Allende. Entrambi gli edifici erano abbandonati da anni all'incuria, in attesa di valorizzazione mercantile. Le sedici famiglie, uomini donne e bambini colpite da sfratti esecutivi per morosità incolpevole, rischiavano di finire sulla strada o disperse nelle assai approssimate reti di solidarietà di questa città. Sono anni che non si costruiscono alloggi popolari e i 108 che arriveranno a partire dagli ultimi mesi del 2011 si confronteranno con una richiesta di 600 aspiranti assegnatari in graduatoria atc e con una emergenza abitativa ormai cronica.
La solidarietà, insieme alla partecipazione, sono i comportamenti sollecitati e caratterizzanti di queste azioni di “occupazione”. Nessuna concessione alla spontaneità che non sia quella che necessariamente segue queste azioni, le porta a compimento. Prima c'è la riflessione, l'analisi, il senso che va esplicitato, in stretta relazione con il bisogno sociale che vuole essere soddisfatto.
Quando si dice buona azione civica oppure scelta di cittadinanza attiva, si vuole sottolineare la presa di coscienza e l'assunzione di responsabilità individuale verso il contesto, verso il noi come collettivo di libere persone singole, verso la società come insieme contraddittorio di relazioni.