La questione abitativa
in tempo di crisi non ha più
nulla di “settoriale”. E' un indicatore di un più generale
malessere sociale. Dominio del mercato (mai declinato in modo così
feticistico), del capitale finanziario, conseguente restringimento o
negazione dei diritti (costituzionali e non) e delle pratiche
democratiche, ecco come è nato questo malessere. Quando diciamo: le
occupazioni e i contratti degli sfratti sono necessitati (lo ha detto
persino un giudice) prendiamo atto di una situazione in cui si è
chiuso uno spazio pubblico di tutele, di negoziato e di democrazia
partecipata; una situazione in cui un nuovo spazio pubblico deve
essere riaperto e può essere riaperto solo con atti costitutivi di
una nuova sovranità. E' la situazione in cui si trovano tutti i
movimenti; è la situazione in cui maturano le relazioni di “mutuo
soccorso”. Una relazione di “mutuo soccorso”, questo vuole
essere l'assemblea del 22.
Il diritto all'abitare
negato. Gli sfratti esecutivi che si annunciano tra il 18
novembre e il 9 gennaio (solo quelli accompagnati dal Coordinamento,
una minoranza del totale) sono 10; colpiscono famiglie con minori.
Precisamente:
Miki Kalid, Corso Casale
113, 18/11, ore 9 (4 persone di cui 2 minori)
El Tori, Corso Gramsci
143, 18/11, ore 9,30 (4 persone di cui 2 minori)
2 famiglie, Corso Volta
149, 30/11, ore 8,30 (tutte famiglie con minori)
4 famiglie, Corso Volta
151, 1/12, ore 8,30 (tutte famiglie con minori)
(famiglie di Corso Volta
complessivamente 12 minori in età scolare e non)
Lamaharkas, strada Sesia
36, 14/12, ore 9
Makoussi, Mombercelli,
9/1, ore 9,30
Le alternative:
nessuna. I rinvii della esecuzione ottenuti con i contrasti (le
famiglie sono tutte al 2° o 3° rinvio) per avere il tempo di
ricercare una soluzione, non sono approdati a nulla. Non sono
approdate a nulla le famiglie la cui ricerca di un nuovo contratto di
locazione si è infranta contro le note asprezze del mercato (non c'è
più nessuno che offre locazioni senza le note garanzie, tra queste
quella non esigibile è in contratto di lavoro a tempo
indeterminato). Non è approdato a nulla l'assessorato ai servizi
sociali, avendo una disponibilità di alloggi popolari residuale e la
nuova foresteria (Maina) con i cinque posti disponibili già
esauriti.
Il dialogo con l'ente
pubblico. Tutti i tentativi di portare ad un tavolo partecipato
l'emergenza abitativa e soprattutto le cause strutturali di questa
emergenza, agiti da una pluralità di associazioni (Caritas,
Coordinamento, Sindacati degli inquilini, ecc) e caldeggiati dal
Prefetto, sono falliti. Si trattava di aprire una prospettiva ad
azioni di tutela del diritto all'abitare, fuoruscendo necessariamente
dalla ordinaria amministrazione (requisizioni, conferma del carattere
pubblico di alcuni edifici, la verifica di disponibilità
alloggiative nei comuni della provincia....). L'assessore ha
boicottato questi tentativi, con riflessi d'ordine, con atteggiamenti
xenofobi, confermando l'ordinaria amministrazione delle attività del
suo assessorato e rifiutando di gestire l'emergenza secondo le regole
della legge regionale. Il censimento delle emergenze, unica
concessione dell'assessore, è avvenuto senza precisarne criteri e
scopi, per cui il n° di 50 è solo un indice di una emergenza
abitativa assai più diffusa, sotto traccia, di cui peraltro c'è una
significativa presenza, mai rilevata, nelle graduatorie del bando.
Le azioni necessitate.
Le occupazioni e i contrasti degli sfratti. Il problema del
diritto all'abitare e un aspetto del più generale problema sociale
di questo tempo di crisi. Le famiglie sono naufraghe di uno sviluppo
distorto, loro malgrado; sono le prime vittime di un mercato del
lavoro senza diritti, di un mercato immobiliare altamente speculativo
e di una politica della casa popolare inesistente. Non si paga
l'affitto, dopo anni di normalità, perché è più difficile e
oneroso saccheggiare un negozio o rapinare una banca. In una
situazione come questa i contrasti e le occupazioni sono “atti
necessitati” da una condizione sociale insostenibile e dal
tentativo di uscirne con razionalità e responsabilità. Si è aperto
il capitolo di ciò che è legale ma non è giusto, il capitolo della
necessità di un ampio movimento di disobbedienza civile. Distinguere
tra illegalità e disobbedienza civile è un passaggio
importantissimo di queste azioni. Intanto però, con le occupazioni,
si è ricostruita la “residenzialità” di 17 famiglie, si sono
tutelati per più di un anno i rapporti primari delle famiglie e i
legami sociali con la città (in via Allende le famiglie sono 6 e i
minori sono 12; in via Orfanotrofio le famiglie sono 11 e i minori
sono 19).
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