venerdì 24 ottobre 2008

UN INSOSTENIBILE REGIME DEI SUOLI



Gli amministratori del comune di Cassinetta di Lugagnano hanno approvato un “piano di governo del territorio a crescita zero”, dunque un piano di riqualificazione urbana e non un piano di espansione. E' una buona notizia. Sta per costituirsi un comitato di tutela del territorio Roero-Langhe-Monferrato, che assume il territorio come un bene comune. E' un'altra buona notizia. Altri comitati con le stesse finalità si sono già costituiti altrove e se ne parla nel sito di Eddyburg (www.eddyburg.it), che vi consigliamo di visitare.
L'urbanistica tenta di sottrarsi allo strapotere delle corporazioni che si nutrono di rendita urbana e di spericolate operazioni finanziarie ? Sembra di si, e allora dobbiamo dare una mano affinché questo avvenga al più presto. Dobbiamo far giungere ai proprietari dei suoli e ai costruttori, nonché a tutta la loro corte di professionisti, l'idea che esiste un interesse pubblico al di sopra del loro tornaconto personale, l'idea che il progetto delle città e dei relativi sobborghi non è solo affare loro.
Sarà difficile rimontare la china perché ci sono voluti vent'anni di pratiche mercantili, di urbanistica contrattata, e di smantellamento delle leggi di riforma per approdare al disastro che abbiamo sotto gli occhi. Zone di espansione senza confini in cui le lottizzazioni si moltiplicano ben oltre una qualsiasi capacità insediativa del PRG, zone suburbane già duramente aggredite da interventi che nulla hanno a che fare con l'attività agricola, interventi simbolici del disastro come quello de “Il borgo” in cui si concentra il peggio della “città moderna”, vale a dire, colate di cemento e consumo di territorio, traffico e inquinamento.
Su tutto ciò, l'esclusione della maggioranza dei cittadini dal governo del territorio; una esclusione segnata pesantemente dal censo, se si considera l'abitare una delle funzioni principali dello statuto di una urbanistica degna di questo nome (ville e ville principesche, seconde case e interi stabili convertiti in valore finanziario per i ricchi, persino il carcere di via Testa riconvertito in residenza di lusso; bisogno abitativo insoddisfatto o negato per i ceti popolari).
Le dimensioni e le caratteristiche morfologiche del nostro Comune non sono paragonabili a quelle del Comune Cassinetta di Lugagnano, anche se i problemi là affrontati hanno la stessa origine dei nostri. Ma ciò che caratterizza quell'esperienza è la scelta di considerare le condizioni date come concause dei problemi. E' l'impegno e l'innovazione culturale e politica di quella scelta che dobbiamo cogliere, contro il realismo rozzo e interessato che da noi, per anni, ha dominato incontrastato.
Insomma non possiamo più accettare che le condizioni date (il prezzo altissimo delle aree libere, la mancanza di soldi per rinnovare i vincoli sulle aree a standard, l'utilizzo di una parte degli oneri di urbanizzazione per finanziare il bilancio corrente), siano la giustificazione di un PRG senza prescrittività, con previsioni lasciate alla voracità dei proprietari dei suoli e dei costruttori e con una flessibilità regolata a posteriori, fuori da qualsiasi programmazione. Non possiamo più accettare una contrattazione degli interventi in cui l'ente pubblico rinuncia a difendere l'interesse generale ed usa tecniche urbanistiche come la perequazione e i premi volumetrici solo per far crescere, a favore della rendita urbana, la capacità insediativa del PRG e dunque il consumo dissennato di territorio.
Qualche riferimento europeo può tornare utile per capire le origini più remote del disastro nazionale. Mentre in tutte le grandi città europee le amministrazioni hanno provveduto per anni ad acquisire preventivamente dei territori, per sottrarre l'attività pianificatoria al peso economico e ai condizionamenti sociali della rendita fondiaria, in Italia si è fatto il contrario e ultimamente si è legiferata la dismissione di beni demaniali “suscettibili di gestione economica”. Ad Amsterdam l'80 % del territorio comunale è demaniale; a Stoccolma il territorio demaniale è 3 volte quello comunale urbanizzato, tanto per fare degli esempi. In Italia si è espropriato solo per i quartieri di edilizia economica e popolare, in compenso la discussione sull'indennità di esproprio è durata ininterrottamente per decenni, da una indicizzazione del valore agricolo fino alla scelta del valore di mercato delle aree da espropriare, cioè fino a che la rendita fondiaria ha avuto partita vinta. Dura da decenni la discussione, legislatura dopo legislatura, su una legge “sul regime dei suoli”, che aggiorni quella del 1942, ma non se ne ancora fatto niente.
Ciò che il governo annuncia il questi mesi e in questi giorni, senza alcun senso del ridicolo ma la consueta capacità mistificatoria, è la definitiva consegna al “mercato” del governo del territorio. Ruscalla e soci ringraziano.




domenica 5 ottobre 2008

APPELLO ALLE COMUNITA' PARROCCHIALI

Il cardinale Dionigi Tettamenzi ha fatto sentire più volte la sua voce a favore dei senzatetto e delle famiglie minacciate da sfratto. Richiamando la responsabilità di enti pubblici e privati ha stigmatizzato situazioni abitative e sociali che, parole sue, "aumentano il senso di smarrimento e di solitudine delle persone". Il giudizio del cardinale si è aggiunto a quello di singoli amministratori e di Agenzie che, a vario titolo (Corte dei Conti, Federcasa, Istat, numerose ATC, sindacati degli inquilini), hanno definito il problema della casa come un gravissimo problema sociale.
Ma l’esortazione-proposta dell'arcivescovo di Milano fatta in questi giorni, va ben oltre le parole, certo non inutili, soprattutto se pronunciate da quel pulpito. L'esortazione questa volta è indirizzata “alle comunità parrocchiali, agli istituti religiosi, alle realtà del mondo cattolico e alle famiglie che possiedono diverse unita’ abitative disponibili, perché si offrano a condividere almeno parte delle rispettive proprietà, dandole in locazione a prezzi accessibili”.
Certo, non si può accettare, soprattutto non dovrebbe accettarlo uno Stato laico, che le politiche sociali siano affidate alla filantropia della Chiesa cattolica, peraltro finanziata in larga parte con denaro pubblico (8 x mille), sta di fatto che i destinatari dell'esortazione doverebbero essere scossi nella loro timidezza (noi la chiameremmo ipocrisia) e dunque far seguire alle parole i fatti.
Non sappiamo se l'esortazione del cardinale Tettamanzi possa avere ad Asti lo stesso senso che ha a Milano. Non ci dispiacerebbe se comunità parrocchiali, istituti religiosi e la stessa curia ci togliessero definitivamente questa curiosità, visto che ad Asti il bisogno abitativo è negato in inesauribili graduatorie atc e in situazioni di emergenza abitative risolte spesso a danno delle persone e delle famiglie.
Ci sembra però che l'esortazione andrebbe più precisamente rivolta ai cittadini ricchi, che si associano in immobiliari e che concorrono, con la complicità delle amministrazioni pubbliche, a determinare il problema di cui stiamo parlando. Costoro, che non esiterebbero a riconoscersi in qualche comunità parrocchiale, aprono sempre nuovi cantieri al mercato speculativo della rendita urbana, offrono locazioni a canoni irraggiungibili, gonfiano il mercato finanziario fino agli scenari di immoralità civile che sono in questi giorni sotto gli occhi di tutti.
Il rimedio per ridurre “il senso di smarrimento e di solitudine delle persone” ci sarebbe e presumiamo che il nostro vescovo convenga con noi. Basterebbe che le amministrazioni e i governi delegassero meno alla Chiesa il rispetto dei diritti sociali (e costituzionali) dei cittadini e approntassero vere politiche della casa. Basterebbe investire risorse in progetti si costruzione, autocostruzione e recupero, basterebbe tutelare gli affittuari con provvedimenti meno miseri di quelli correnti, basterebbe fermare le immobiliari limitando, per esempio, la “capacità insediativa” del PRG. Basterebbe ................ meno ipocrisia.
Carlo Sottile

IL PROBLEMA DELLA CASA


Il Coordinamento Asti-Est è una associazione di volontariato che si occupa del problema della casa da 14 anni. In questi 14 anni il problema è diventato “sociale” perché è subito da centinaia di migliaia di famiglie e perché intreccia altri problemi sociali, per primi quello del reddito e quello dell'accesso al mercato immobiliare. Le istruttorie su questo problema non si contano più, agenzie pubbliche e private, associazioni e sindacati hanno fornito valanghe di dati, una infinità di analisi, insomma il problema è sociale, esiste davvero ed è gravissimo.
Ci troviamo di fronte ad un primo paradosso, alla denuncia non seguono mai fatti coerenti e i fatti che accadono vanno sempre in una sola direzione: consegnare il bisogno abitativo al mercato immobiliare. Questa consegna ha una lunga storia che passa attraverso provvedimenti legislativi di governi e amministrazioni pubbliche di diverso colore politico. Prima l'azzeramento del contributo gescal tra il 96 e il 98, poi l'abolizione dell'equo canone nel 98, poi la vendita del patrimonio edilizio pubblico e adesso ancora vendite di case popolari e regali alle immobiliari affinché mettano sul mercato abitazioni a “canone sociale”.
I risultati quali sono: 600 mila famiglie sul territorio nazionale che attendono un alloggio popolare, 600 ad asti in inesauribili graduatorie dell'atc, avendo alle spalle e in prospettiva un 7 % di domande accolte. Nel biennio 2004/2006 le domande accolte ad Asti non hanno raggiunto il 5 % del totale delle domande in graduatoria.
Per quanto riguarda il totale delle famiglie in affitto, che ad Asti sono il 23 % del totale delle famiglie residenti, la situazione non è certo migliore. La principale tutela di legge, il “contributo alla locazione”, non ha mai coperto più del 30 % del costo annuo della locazione, con risultati spesso miserabili. Ad Asti ci sono famiglie che hanno ricevuto il 3 % del costo annuo della locazione. Gli sfratti per morosità hanno superato di gran lunga gli sfratti per finita locazione. Nell'imminente sblocco degli sfratti saranno coinvolte più di 100 famiglie che già si trovavano in condizioni di bisogno estreme (redditi precari, anziani, handicap). Insomma c'è un bisogno abitativo insoddisfatto in continua crescita.
Un altro paradosso che ci troviamo di fronte è un mercato immobiliare in continua espansione, basta fare un giro nelle periferie per vedere che i pecli spuntano come funghi. Un mercato che risulta sempre più inaccessibile alle famiglie con redditi modesti o precari. Negli ultimi anni i canoni di locazione sono aumentati dell'85 o del 100 e più % e le agenzie immobiliari chiedono per la firma di un contratto di locazione, un contratto di lavoro a tempo indeterminato e 4 mensilità di canone anticipate. Insomma un mercato immobiliare escludente per migliaia di famiglie, speculativo e divoratore di territorio.
Un terzo paradosso è la scarsa consapevolezza del problema da parte delle stesse famiglie che ne subiscono le peggiori conseguneze, o peggio una percezione assolutamente alterata del problema. E' un esito che produce passività sociale o l'affannosa ricerca del santo in paradiso, tutto il contrario di un conflitto organizzato, di una azione collettiva che non sia di semplice difesa. E' lo stesso assessorato che asseconda questo esito con interventi filantropici o di clientela e con l'idea che se uno è povero è colpa sua, quindi deve innanzi tutto arrangiarsi.
Un assessorato che non rende pubblica nessuna seria inchiesta sul bisogno abitativo; che ha abolito l'unica occasione pubblica, il tavolo delle emergenze, dove enti e associazioni potevano almeno farsi le idee più chiare, promuovere la partecipazione e la responsabilità dei cittadini; che ha iniziato a sfrattare dalle case popolari confondendo l'impunità con il disagio sociale, che ha la passione per la proprietà assai più che per il diritto .
Che fare ? L'associazione è impegnata in due compiti. Fare tutto ciò che è necessario affinché cresca tra i cittadini, in primo luogo quelli che si affacciano al suo sportello, la consapevolezza del problema. Il secondo compito, quello più difficile perché si tratta di mettere in gioco anche i corpi, è il contrasto degli sfratti che si ritengono una ingiustizia e l'organizzazione di azioni pubbliche, come l'occupazione di alloggi sfitti delle immobiliari, che siano una risposta vera al problema oltre che la rottura di un indecente discorso fatto solo di parole.
Asti 3 ottobre 2008 Coordinamento Asti-Est

sabato 4 ottobre 2008

DITO MEDIO IN SU'


Il nostro assessore ai Servizi Sociali confonde l'impunità con il disagio sociale estremo ed immagina un uso parcheggio degli alloggi popolari come se le pessime condizioni economico-sociali degli assegnatari e degli aspiranti assegnatari fossero transitorie.
Il risultato di questa visione distorta dei fatti, sorretta dall'idea che se uno è povero è colpa sua, è un peggioramento del danno che già subiscono persone e famiglie costrette ad affrontare le asprezze di una condizione economica modesta se non precaria.
Le tutele di legge (Contributo affitto, Fondo Sociale), non finanziate, risultano inefficaci, in più questo assessore le considera un azzardo morale da elargire solo se il richiedente mostra di aver rinunciato al diritto di una dignitosa sopravvivenza e al dovere di ribellarsi se si considera vittima di una ingiustizia.
La mobilitazione dei costruttori, dei mobiliaristi, dei proprietari delle aree urbane, delle fondazioni affinché con uno slancio di moralismo civico (o di investimento etico) rinunciassero provvisoriamente a canoni di locazione speculativi e offrissero qualche abitazione a canone sociale, annunciata dall'assessore al momento dell'insediamento si è rivelata un totale bluff. A conferma di una situazione nazionale dove il 75% delle 4,3 milioni di famiglie che si rivolgono al mercato dell'affitto, vive con meno di 20 mila l'euro l'anno (ISTAT 2005), dove gli affitti sono aumentati negli ultimi anni dell 85% (anci cresme 2006), nell'unico paese dell'Ue insieme alla Grecia che non ha nessuna forma di reddito minimo garantito e dove la media del patrimonio abitativo pubblico rispetto al totale del patrimonio abitativo è del 4%, essendo del 20 % la media europea.
Invece la persecuzione, al limite della denuncia, degli inquilini dell'atc morosi si è fatta pesantissima con procedure di sgombero avviate ed usate come ricatto per ottenere, comunque e in qualunque circostanza, il rientro dalla morosità. Vengono imposti “piani di rientro” insostenibili da cui molti escono facendo altri debiti con amici, parenti o banche. Ormai le tutele di legge (iscrizione al fondo sociale e dichiarazione di morosità non colpevole) vengono date non in relazione al bisogno dell'inquilino ma in relazione alle risorse economiche dell'assessorato (sempre più scarse e proporzionalmente sempre maggiore la discrezionalità dell'assessore).
Così le famiglie in reale difficoltà economica, rischiano di essere sgombrate da una casa popolare, senza avere una alternativa abitativa.

Sospendere le procedure di sfratto degli inquilini delle case popolari
Fare “piani di rientro” sostenibili
Requisire gli alloggi sfitti delle immobiliari

  FONDO DI RESISTENZA   con i pregiudicati della ex Mutua SOMMA VERSATA A TUTT'OGGI     7300 e...