giovedì 18 dicembre 2008

MENO ARMI PIU' CASE POPOLARI



600 mila persone in Italia si trovano in una condizione di fabbisogno abitativo. Il numero rappresenta le domande giacenti nelle graduatorie dei Comuni per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica.
L'Italia è uno dei Paesi europei con la percentuale di edilizia pubblica più bassa: il 4,5% rispetto al 34,6% dei Paesi Bassi e al 17,5% della Francia.
Secondo un'indagine del centro studi Nomisma, nel nostro Paese per coprire il fabbisogno di abitazioni a canone sociale manca un milione di case popolari.
MANCANO CASE POPOLARI, SI COSTRUISCONO STRUMENTI DI GUERRA
Il ministero della Difesa per il 2008, ha a disposizione 23,5 miliardi di euro: un aumento di risorse dell’11% rispetto alla finanziaria del 2007, che già aveva aumentato il bilancio militare del 12%. In due anni le spese militari sono aumentate del 23% !
La nuova portaerei Cavour, appena entrata in servizio, è costata 1.390 milioni di euro.
L’Italia partecipa a due programmi internazionali, finalizzati alla costruzione di aerei da guerra: il caccia europeo Eurofighter e il cacciabombardiere Nato Joint Strike Fighter.
Per l’Eurofighter, l’Italia acquisterà 121 esemplari, la Finanziaria 2008 ha stanziato 968 milioni di euro (e, fino al 2012, l’impegno di spesa previsto è di 5 miliardi e 400 milioni di euro), mentre per il cacciabombardiere, l’Italia ne acquisterà 131, verranno spesi oltre 100 milioni di euro. Poi ci sono 155 milioni di euro per le navi da guerra Fremm (Fregata europea multisessione) e 20 milioni di euro per altri sistemi di difesa.
La Fincantieri realizzerà una seconda coppia di sottomarini della classe «Todaro», tipo U212A lunghi 56 metri. Secondo indiscrezioni, il costo complessivo dei due mezzi sarebbe pari a 900 milioni di euro.
COORDINAMENTO ASTI-EST

venerdì 24 ottobre 2008

UN INSOSTENIBILE REGIME DEI SUOLI



Gli amministratori del comune di Cassinetta di Lugagnano hanno approvato un “piano di governo del territorio a crescita zero”, dunque un piano di riqualificazione urbana e non un piano di espansione. E' una buona notizia. Sta per costituirsi un comitato di tutela del territorio Roero-Langhe-Monferrato, che assume il territorio come un bene comune. E' un'altra buona notizia. Altri comitati con le stesse finalità si sono già costituiti altrove e se ne parla nel sito di Eddyburg (www.eddyburg.it), che vi consigliamo di visitare.
L'urbanistica tenta di sottrarsi allo strapotere delle corporazioni che si nutrono di rendita urbana e di spericolate operazioni finanziarie ? Sembra di si, e allora dobbiamo dare una mano affinché questo avvenga al più presto. Dobbiamo far giungere ai proprietari dei suoli e ai costruttori, nonché a tutta la loro corte di professionisti, l'idea che esiste un interesse pubblico al di sopra del loro tornaconto personale, l'idea che il progetto delle città e dei relativi sobborghi non è solo affare loro.
Sarà difficile rimontare la china perché ci sono voluti vent'anni di pratiche mercantili, di urbanistica contrattata, e di smantellamento delle leggi di riforma per approdare al disastro che abbiamo sotto gli occhi. Zone di espansione senza confini in cui le lottizzazioni si moltiplicano ben oltre una qualsiasi capacità insediativa del PRG, zone suburbane già duramente aggredite da interventi che nulla hanno a che fare con l'attività agricola, interventi simbolici del disastro come quello de “Il borgo” in cui si concentra il peggio della “città moderna”, vale a dire, colate di cemento e consumo di territorio, traffico e inquinamento.
Su tutto ciò, l'esclusione della maggioranza dei cittadini dal governo del territorio; una esclusione segnata pesantemente dal censo, se si considera l'abitare una delle funzioni principali dello statuto di una urbanistica degna di questo nome (ville e ville principesche, seconde case e interi stabili convertiti in valore finanziario per i ricchi, persino il carcere di via Testa riconvertito in residenza di lusso; bisogno abitativo insoddisfatto o negato per i ceti popolari).
Le dimensioni e le caratteristiche morfologiche del nostro Comune non sono paragonabili a quelle del Comune Cassinetta di Lugagnano, anche se i problemi là affrontati hanno la stessa origine dei nostri. Ma ciò che caratterizza quell'esperienza è la scelta di considerare le condizioni date come concause dei problemi. E' l'impegno e l'innovazione culturale e politica di quella scelta che dobbiamo cogliere, contro il realismo rozzo e interessato che da noi, per anni, ha dominato incontrastato.
Insomma non possiamo più accettare che le condizioni date (il prezzo altissimo delle aree libere, la mancanza di soldi per rinnovare i vincoli sulle aree a standard, l'utilizzo di una parte degli oneri di urbanizzazione per finanziare il bilancio corrente), siano la giustificazione di un PRG senza prescrittività, con previsioni lasciate alla voracità dei proprietari dei suoli e dei costruttori e con una flessibilità regolata a posteriori, fuori da qualsiasi programmazione. Non possiamo più accettare una contrattazione degli interventi in cui l'ente pubblico rinuncia a difendere l'interesse generale ed usa tecniche urbanistiche come la perequazione e i premi volumetrici solo per far crescere, a favore della rendita urbana, la capacità insediativa del PRG e dunque il consumo dissennato di territorio.
Qualche riferimento europeo può tornare utile per capire le origini più remote del disastro nazionale. Mentre in tutte le grandi città europee le amministrazioni hanno provveduto per anni ad acquisire preventivamente dei territori, per sottrarre l'attività pianificatoria al peso economico e ai condizionamenti sociali della rendita fondiaria, in Italia si è fatto il contrario e ultimamente si è legiferata la dismissione di beni demaniali “suscettibili di gestione economica”. Ad Amsterdam l'80 % del territorio comunale è demaniale; a Stoccolma il territorio demaniale è 3 volte quello comunale urbanizzato, tanto per fare degli esempi. In Italia si è espropriato solo per i quartieri di edilizia economica e popolare, in compenso la discussione sull'indennità di esproprio è durata ininterrottamente per decenni, da una indicizzazione del valore agricolo fino alla scelta del valore di mercato delle aree da espropriare, cioè fino a che la rendita fondiaria ha avuto partita vinta. Dura da decenni la discussione, legislatura dopo legislatura, su una legge “sul regime dei suoli”, che aggiorni quella del 1942, ma non se ne ancora fatto niente.
Ciò che il governo annuncia il questi mesi e in questi giorni, senza alcun senso del ridicolo ma la consueta capacità mistificatoria, è la definitiva consegna al “mercato” del governo del territorio. Ruscalla e soci ringraziano.




domenica 5 ottobre 2008

APPELLO ALLE COMUNITA' PARROCCHIALI

Il cardinale Dionigi Tettamenzi ha fatto sentire più volte la sua voce a favore dei senzatetto e delle famiglie minacciate da sfratto. Richiamando la responsabilità di enti pubblici e privati ha stigmatizzato situazioni abitative e sociali che, parole sue, "aumentano il senso di smarrimento e di solitudine delle persone". Il giudizio del cardinale si è aggiunto a quello di singoli amministratori e di Agenzie che, a vario titolo (Corte dei Conti, Federcasa, Istat, numerose ATC, sindacati degli inquilini), hanno definito il problema della casa come un gravissimo problema sociale.
Ma l’esortazione-proposta dell'arcivescovo di Milano fatta in questi giorni, va ben oltre le parole, certo non inutili, soprattutto se pronunciate da quel pulpito. L'esortazione questa volta è indirizzata “alle comunità parrocchiali, agli istituti religiosi, alle realtà del mondo cattolico e alle famiglie che possiedono diverse unita’ abitative disponibili, perché si offrano a condividere almeno parte delle rispettive proprietà, dandole in locazione a prezzi accessibili”.
Certo, non si può accettare, soprattutto non dovrebbe accettarlo uno Stato laico, che le politiche sociali siano affidate alla filantropia della Chiesa cattolica, peraltro finanziata in larga parte con denaro pubblico (8 x mille), sta di fatto che i destinatari dell'esortazione doverebbero essere scossi nella loro timidezza (noi la chiameremmo ipocrisia) e dunque far seguire alle parole i fatti.
Non sappiamo se l'esortazione del cardinale Tettamanzi possa avere ad Asti lo stesso senso che ha a Milano. Non ci dispiacerebbe se comunità parrocchiali, istituti religiosi e la stessa curia ci togliessero definitivamente questa curiosità, visto che ad Asti il bisogno abitativo è negato in inesauribili graduatorie atc e in situazioni di emergenza abitative risolte spesso a danno delle persone e delle famiglie.
Ci sembra però che l'esortazione andrebbe più precisamente rivolta ai cittadini ricchi, che si associano in immobiliari e che concorrono, con la complicità delle amministrazioni pubbliche, a determinare il problema di cui stiamo parlando. Costoro, che non esiterebbero a riconoscersi in qualche comunità parrocchiale, aprono sempre nuovi cantieri al mercato speculativo della rendita urbana, offrono locazioni a canoni irraggiungibili, gonfiano il mercato finanziario fino agli scenari di immoralità civile che sono in questi giorni sotto gli occhi di tutti.
Il rimedio per ridurre “il senso di smarrimento e di solitudine delle persone” ci sarebbe e presumiamo che il nostro vescovo convenga con noi. Basterebbe che le amministrazioni e i governi delegassero meno alla Chiesa il rispetto dei diritti sociali (e costituzionali) dei cittadini e approntassero vere politiche della casa. Basterebbe investire risorse in progetti si costruzione, autocostruzione e recupero, basterebbe tutelare gli affittuari con provvedimenti meno miseri di quelli correnti, basterebbe fermare le immobiliari limitando, per esempio, la “capacità insediativa” del PRG. Basterebbe ................ meno ipocrisia.
Carlo Sottile

IL PROBLEMA DELLA CASA


Il Coordinamento Asti-Est è una associazione di volontariato che si occupa del problema della casa da 14 anni. In questi 14 anni il problema è diventato “sociale” perché è subito da centinaia di migliaia di famiglie e perché intreccia altri problemi sociali, per primi quello del reddito e quello dell'accesso al mercato immobiliare. Le istruttorie su questo problema non si contano più, agenzie pubbliche e private, associazioni e sindacati hanno fornito valanghe di dati, una infinità di analisi, insomma il problema è sociale, esiste davvero ed è gravissimo.
Ci troviamo di fronte ad un primo paradosso, alla denuncia non seguono mai fatti coerenti e i fatti che accadono vanno sempre in una sola direzione: consegnare il bisogno abitativo al mercato immobiliare. Questa consegna ha una lunga storia che passa attraverso provvedimenti legislativi di governi e amministrazioni pubbliche di diverso colore politico. Prima l'azzeramento del contributo gescal tra il 96 e il 98, poi l'abolizione dell'equo canone nel 98, poi la vendita del patrimonio edilizio pubblico e adesso ancora vendite di case popolari e regali alle immobiliari affinché mettano sul mercato abitazioni a “canone sociale”.
I risultati quali sono: 600 mila famiglie sul territorio nazionale che attendono un alloggio popolare, 600 ad asti in inesauribili graduatorie dell'atc, avendo alle spalle e in prospettiva un 7 % di domande accolte. Nel biennio 2004/2006 le domande accolte ad Asti non hanno raggiunto il 5 % del totale delle domande in graduatoria.
Per quanto riguarda il totale delle famiglie in affitto, che ad Asti sono il 23 % del totale delle famiglie residenti, la situazione non è certo migliore. La principale tutela di legge, il “contributo alla locazione”, non ha mai coperto più del 30 % del costo annuo della locazione, con risultati spesso miserabili. Ad Asti ci sono famiglie che hanno ricevuto il 3 % del costo annuo della locazione. Gli sfratti per morosità hanno superato di gran lunga gli sfratti per finita locazione. Nell'imminente sblocco degli sfratti saranno coinvolte più di 100 famiglie che già si trovavano in condizioni di bisogno estreme (redditi precari, anziani, handicap). Insomma c'è un bisogno abitativo insoddisfatto in continua crescita.
Un altro paradosso che ci troviamo di fronte è un mercato immobiliare in continua espansione, basta fare un giro nelle periferie per vedere che i pecli spuntano come funghi. Un mercato che risulta sempre più inaccessibile alle famiglie con redditi modesti o precari. Negli ultimi anni i canoni di locazione sono aumentati dell'85 o del 100 e più % e le agenzie immobiliari chiedono per la firma di un contratto di locazione, un contratto di lavoro a tempo indeterminato e 4 mensilità di canone anticipate. Insomma un mercato immobiliare escludente per migliaia di famiglie, speculativo e divoratore di territorio.
Un terzo paradosso è la scarsa consapevolezza del problema da parte delle stesse famiglie che ne subiscono le peggiori conseguneze, o peggio una percezione assolutamente alterata del problema. E' un esito che produce passività sociale o l'affannosa ricerca del santo in paradiso, tutto il contrario di un conflitto organizzato, di una azione collettiva che non sia di semplice difesa. E' lo stesso assessorato che asseconda questo esito con interventi filantropici o di clientela e con l'idea che se uno è povero è colpa sua, quindi deve innanzi tutto arrangiarsi.
Un assessorato che non rende pubblica nessuna seria inchiesta sul bisogno abitativo; che ha abolito l'unica occasione pubblica, il tavolo delle emergenze, dove enti e associazioni potevano almeno farsi le idee più chiare, promuovere la partecipazione e la responsabilità dei cittadini; che ha iniziato a sfrattare dalle case popolari confondendo l'impunità con il disagio sociale, che ha la passione per la proprietà assai più che per il diritto .
Che fare ? L'associazione è impegnata in due compiti. Fare tutto ciò che è necessario affinché cresca tra i cittadini, in primo luogo quelli che si affacciano al suo sportello, la consapevolezza del problema. Il secondo compito, quello più difficile perché si tratta di mettere in gioco anche i corpi, è il contrasto degli sfratti che si ritengono una ingiustizia e l'organizzazione di azioni pubbliche, come l'occupazione di alloggi sfitti delle immobiliari, che siano una risposta vera al problema oltre che la rottura di un indecente discorso fatto solo di parole.
Asti 3 ottobre 2008 Coordinamento Asti-Est

sabato 4 ottobre 2008

DITO MEDIO IN SU'


Il nostro assessore ai Servizi Sociali confonde l'impunità con il disagio sociale estremo ed immagina un uso parcheggio degli alloggi popolari come se le pessime condizioni economico-sociali degli assegnatari e degli aspiranti assegnatari fossero transitorie.
Il risultato di questa visione distorta dei fatti, sorretta dall'idea che se uno è povero è colpa sua, è un peggioramento del danno che già subiscono persone e famiglie costrette ad affrontare le asprezze di una condizione economica modesta se non precaria.
Le tutele di legge (Contributo affitto, Fondo Sociale), non finanziate, risultano inefficaci, in più questo assessore le considera un azzardo morale da elargire solo se il richiedente mostra di aver rinunciato al diritto di una dignitosa sopravvivenza e al dovere di ribellarsi se si considera vittima di una ingiustizia.
La mobilitazione dei costruttori, dei mobiliaristi, dei proprietari delle aree urbane, delle fondazioni affinché con uno slancio di moralismo civico (o di investimento etico) rinunciassero provvisoriamente a canoni di locazione speculativi e offrissero qualche abitazione a canone sociale, annunciata dall'assessore al momento dell'insediamento si è rivelata un totale bluff. A conferma di una situazione nazionale dove il 75% delle 4,3 milioni di famiglie che si rivolgono al mercato dell'affitto, vive con meno di 20 mila l'euro l'anno (ISTAT 2005), dove gli affitti sono aumentati negli ultimi anni dell 85% (anci cresme 2006), nell'unico paese dell'Ue insieme alla Grecia che non ha nessuna forma di reddito minimo garantito e dove la media del patrimonio abitativo pubblico rispetto al totale del patrimonio abitativo è del 4%, essendo del 20 % la media europea.
Invece la persecuzione, al limite della denuncia, degli inquilini dell'atc morosi si è fatta pesantissima con procedure di sgombero avviate ed usate come ricatto per ottenere, comunque e in qualunque circostanza, il rientro dalla morosità. Vengono imposti “piani di rientro” insostenibili da cui molti escono facendo altri debiti con amici, parenti o banche. Ormai le tutele di legge (iscrizione al fondo sociale e dichiarazione di morosità non colpevole) vengono date non in relazione al bisogno dell'inquilino ma in relazione alle risorse economiche dell'assessorato (sempre più scarse e proporzionalmente sempre maggiore la discrezionalità dell'assessore).
Così le famiglie in reale difficoltà economica, rischiano di essere sgombrate da una casa popolare, senza avere una alternativa abitativa.

Sospendere le procedure di sfratto degli inquilini delle case popolari
Fare “piani di rientro” sostenibili
Requisire gli alloggi sfitti delle immobiliari

lunedì 26 maggio 2008

CORPO A CORPO CON L'ASSESSORE


Se avevamo dei dubbi sulla rozza sociologia e sull'arroganza dell'assessore ai Servizi Sociali, questa mattina lui stesso ce li ha sciolti del tutto. E' venuto di persona ad eseguire uno “sfratto” e a confermarne le ragioni, al di là di ogni possibile dubbio.

E' la sua missione, semplificare, ridurre, definire e decidere perentoriamente. Insomma, tutto quello che di solito non si fa quando si vuole confermare una persona, e dunque richiamarne doveri e responsabilità, oppure riconoscere una situazione reale e dunque coglierne la complessità e le determinazioni.

Essere trascinati via come dei sacchi di patate dalla forza pubblica sotto i suoi occhi è stata una vera umiliazione, oltre che il segno dell'inefficacia della nostra azione di contrasto.

Sulle modalità di queste nostre azioni dovremo tornarci sopra, certo non possiamo farle in tre, questa mattina ci fronteggiavano (si fa per dire) forze soverchianti, 4 PS e 4 vigili urbani, e possiamo farle solo se fortemente motivati e addestrati a non accettare provocazioni (si chiamano gruppi di affinità).

Ma torniamo alla scena dello sfratto. Al centro c'era una famiglia problematica, come sono molte delle famiglie che si affacciano al nostro “sportello”. C'è chi sceglie una vita spericolata, c'è chi la subisce suo malgrado e si trova a percorrere i confini tra il lecito e l'illecito. Il caso nostro era questo. Però, mentre noi sappiamo che quei confini sono mobili, tracciati anche da noi, come persone singole e come comunità di persone, per l'assessore sono già tracciati una volta per tutte e lui è uno di quelli messi lì a guardia.

Insomma eravamo lì ad opporre la nostra antropologia alla loro. Immaginate un corpo a corpo. Noi volontari con l'intenzione di aprire un dialogo che non sottraesse nulla ai sentimenti, alle idee e alle storie reali delle persone in carne ed ossa, gli altri con una idea dell'umanità già confezionata, portata sotto braccio, in cartelle più o meno voluminose, di verbali, istruttorie, norme e leggi, oppure, ridotta all'osso, sui lustrini di una divisa.

La nostra richiesta era che si procedesse ad un ulteriore rinvio per avere il tempo di esaminare la situazione reale della famiglia. Non c'è stato verso, la richiesta dell'assessore di procedere allo sgombero dell'alloggio da tutte le persone presenti è stata prontamente soddisfatta.

Quali considerazioni fare dopo ?

Il “non posso” di cittadini e famiglie è descritto dalla parte dell'assessorato come una debolezza morale, una sorta di patologia sociale. Trattandosi in genere di un bisogno (di abitare, di mangiare, di relazioni umane) la risposta è la filantropia e il paterno ammonimento, ma avendo sempre presente il rischio di azzardo morale (sic) di concessioni troppo generose e soprattutto ripetute.

Insomma, per l'assessore e i suoi funzionari, chi è povero è colpa sua e se pretende di opporsi a questo becero e arrogante paternalismo, reclamando un diritto, abbozzando una azione collettiva oppure rendendo pubblica la circostanza attraverso la stampa, non si merita nulla, nemmeno la filantropia dell'assessorato.

L'esercizio burocratico di far valere una norma a prescindere dallo spirito della legge che la comprende sembra essere un'altra missione di questo assessorato. In questo modo anche una legge con finalità solidaristiche e di accompagnamento sociale, come è la legge regionale 46/95, può essere usata come una legge con finalità censorie e d'ordine. Non a caso il nostro assessore dichiara ad ogni piè sospinto la sua intenzione di di voler “moralizzare” le relazioni tra assegnatari e enti, Comune e Atc.

Affrontare in questo modo un problema sociale, peraltro riconosciuto come tale da enti pubblici e privati, da governi di diverso colore politico ed esemplificato in inesauribili graduatorie che lasciano non soddisfatte il 93 % delle richieste di alloggio popolare, significa negarlo.

Affrontare in questo modo questo problema sociale, significa opporre, oltre ogni ragionevole dubbio, il diritto di proprietà ad ogni altro diritto, significa confermare gli effetti peggiori della scelta di affidare al mercato il bisogno abitativo.

E' possibile dialogare con questo assessore e i suoi funzionari ? No, può valere solo il corpo a corpo.

Asti 20/05/08



sabato 15 marzo 2008

PER AVERE IL SENSO DELLE PROPORZIONI


Nota a margine per avere il senso delle proporzioni.

Il DL n°159 su citato, assegna alla regione Piemonte 47 milioni di euro, che consentiranno , a giudizio dell'assessore regionale Conti, di “...incrementare l’offerta di alloggi in affitto in edilizia sovvenzionata di circa 1600 unità”.

Cosa rappresenta questa cifra ?

la Regione Piemonte ha approvato un “Programma Casa” in 6 anni (2007/2012), per la costruzione di 4.000 alloggi di edilizia agevolata (costruita dalle imprese e accessibile attraverso mutui agevolati e canoni calmierati) e di 6.000 alloggi di edilizia popolare (quella a totale carico dello Stato, costruita e gestita dalle ATC); 300 di questi ultimi (110 nel biennio 2007/8) saranno finanziati per la provincia di Asti.

Una indagine dell'anci-cresme per il 2002 fornisce le seguenti cifre, per i Comuni ad alta tensione abitativa (82 su tutto il territorio nazionale): n° di domande presentate 126.671, numero di domande soddisfatte 10.156, incidenza 8 %.

Il trend delle domande presentate ai bandi del Comune di Torino è di 8.000

Le domande presentate al bando di Asti del 2004 sono state circa 800, le assegnazioni per il biennio di validità del bando sono state 36.

Ed ora confrontiamo i 47 milioni di euro con qualcosa d'altro.

La nuova portaerei Cavour, che dovrebbe entrare in servizio proprio il prossimo anno, è costata 1.390 milioni di euro. L'Eurofighter, un programma per lo sviluppo di velivoli per la difesa area, il cui completamento è previsto nel 2015, ha costi di oltre 18 miliardi di euro; la Corte dei Conti è intervenuta più volte su questo progetto per denunciare sia il continuo lievitare dei costi. E poi c'è il Joint Strike Fighter, un cacciabombardiere, in grado di portare anche bombe atomiche, che verrà costruito in collaborazione con gli Usa e con altri 6 Paesi. Si tratta del programma più dispendioso della storia della difesa degli Stati Uniti, il cui costo complessivo dovrebbe aggirarsi intorno ai 275 miliardi di dollari per 2.700 veivoli. L'Italia, che vuole acquistare 131 esemplari, per il momento spenderà 158 milioni di dollari entro il 2011, ed altri 745 milioni di dollari dal 2012 al 2046, ma si parla di un costo globale di oltre 20 miliardi di euro.

LETTERA AGLI AVVOCATI

(lettera agli avvocati)

PER COMPORRE UNA CONTRORELAZIONE A QUELLA DEI SERVIZI DA INVIARE AL GIUDICE DEI MINORI CHE DEVE DECIDERE SULLE SORTI DEL PICCOLO MATTEO.

Asti 18 dicembre 2007



Cari Roberto e Alina

Ovviamente tutto ciò che dicono gli osservatori esterni, assistenti sociali e psicologhe comprese, è opinabile, soprattutto se confrontato con le descrizioni della madre di Matteo, signora Gisella Atzeni.

Ti trascrivo le sue osservazioni alle relazioni della Bertolotti e delle operatrici della Comunità; lei ovviamente avrebbe scritto tutto in maniera diversa perché giudica falsa la posizione dei “controllori” (tutti, dai giudici agli operatori dei Servizi e della Comunità). Io sono d'accordo con lei.

  • i contratti di lavoro sono stati sottoscritti a luglio del 2007 quello del pomeriggio (dalle 17 alle 19) e a ottobre 2007 quello del mattino (dalle 5,30 alle 11) e comprendono l'eventuale richiesta di straordinari. Fino a ottobre del 2007 (precisamente fino al 20) la signora ha sempre dormito in comunità. Si comprende perché dopo il 20 ottobre si siano complicate le relazioni della signora con la Comunità e dunque con gli operatori dei Servizi.

    La signora ha dovuto graduare le sue visite al figlio Matteo in relazione al tempo disponibile (dalle 12 alle 16 circa scontando i tempi di spostamento) e in relazione alle modestissime opportunità del trasporto pubblico tra Asti e Moncalvo, con tempi assai più lunghi di quelli necessari per gli spostamenti in auto privata. Infatti la signora Atzeni ha sempre dovuto affidarsi alle gentilezze delle amiche per essere trasportata o avere in prestito un auto.

    In ogni caso se le era impedita la visita al figlio non mancava di telefonargli per rassicurarlo che l'avrebbe visto al più presto. Le telefonate sono state anche una pena perché Matteo faceva le domande ovvie per un bambino della sua età e così attaccato alla madre e qualche volta piangeva. Questa circostanza non è annotata in nessuna relazione.

  • tutto ciò che Matteo ha imparato, evidentemente il linguaggio, i comportamenti, l'emotività, l'ha imparato dalla madre, con la quale ha sempre avuto un rapporto intensissimo. Possiamo confermarlo come volontari del Coordinamento per aver seguito la famiglia durante i tre mesi dell'occupazione dell'alloggio. Matteo dormiva con la madre e seguiva la madre spesso anche sul lavoro (quello del pensionato dei gatti). Tutto ciò non poteva certamente corrispondere con la “vita di comunità” e nessuno poteva decidere se era meglio o peggio per il bambino. Tant'è sappiamo come è andata.

    La signora ha pertanto giudicato fin troppo ovvie alcune osservazioni (Matteo ha sempre avuto paura del buio), alcune le ha considerate completamente sbagliate, per esempio Matteo non ha paura dell'acqua (si recava in piscina con la madre; ha esibito una fotografia che teneva in tasca) invece ha paura della doccia (le operatrici erano state avvertite). Quando ha letto che Matteo ha rinunciato ad avere il latte con il ciucciotto la sera e la mattina il suo commento amarissimo è stato “gli hanno tolto la madre e adesso gli tolgono anche il ciucciotto”. La signora ha fatto osservare che una relazione su Matteo molto più vera, a suo giudizio, di quella scritta dalle operatrici della Comunità, è quella che è stata scritta e destinata ai Servizi dalla signora Stennardo Santina a conclusione dell'affido provvisorio di Matteo (14 agosto, 21 settembre 2007). Quella relazione è sparita e non viene citata mai.

  • il giorno 8 novembre la signora Atzeni, dopo aver appreso che sarebbe stata dimessa dalla Comunità contro la sua volontà (chiedeva di vedere Matteo compatibilmente con i suoi orari di lavoro e le sue possibilità di spostamento) ha comunicato all'assistente sociale Bertolotti che da quel momento le sue relazioni con i Servizi sarebbero state mediate dal suo avvocato, e così ha fatto (raccontata così anche lo sbattere della porta ha un altro suono). In quanto all'appuntamento del giorno 29 novembre la signora ha detto che non c'è mai stato e non abbiamo ragione di dubitarne visto cosa si racconta dall'altra parte.



Entro le 11 ti porto le fotocopie di stato di famiglia, contratto di affitto e contratti di lavoro.



Ciao Carlo

INTERVENTI AMMAZZAFAMIGLIE

1) AMERGENZA ABITATIVA LEKBIR

(lettera inviata all'assessorato Servizi Sociali)

La famiglia del signor Elbahry Lekbir si è affacciata allo sportello della nostra associazione nel mese di aprile del 2005 con una procedura di sfratto per morosità e senza alternative abitative. La procedura1,15cm ha fatto il suo corso e dopo numerosi rinvii, decisi dall'Ufficiale Giudiziario, confermati dall'avvocato della proprietà e diversamente motivati, lo sfratto è stato infine eseguito nel mese di ottobre del 2005 alla condizione che l'Ufficio Minori del Comune di Asti prendesse in carico l'intera famiglia e disponesse per la stessa di un domicilio provvisorio.

Come è noto, tale condizione è stata soddisfatta con un accordo tra il Comune di Asti e la Cooperativa Alce di Cavagnolo. Il termine di tre mesi previsto da quell'accordo non era certamente perentorio perché era chiaro fin dall'inizio che la soluzione definitiva del problema non poteva dipendere solo dalla volontà dei membri della famiglia ma dovevano concorrervi l'assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Asti, in primo luogo, nonché la stessa cooperativa Alce, pena il venir meno al loro ruolo. Va rilevato che la famiglia Lekbir è tuttora residente ad Asti ed è inserita nell'elenco delle “emergenze abitative” di questo Comune.

La famiglia, su cui hanno pesato la nascita di una bambina, nel mese di maggio del 2005 e poi lo stato di disoccupazione del capo famiglia nel novembre del 2005, nonché un domicilio troppo lontano dalla sede di lavoro del signor Lekbir e troppo esterno alla normale rete di relazioni della famiglia, è stata di fatto abbandonata e dimenticata dall'Ufficio Minori di Asti e malamente accompagnata dai responsabili della cooperativa Alce.

Questo è ovviamente il giudizio dei volontari della associazione che hanno accompagnato la famiglia per tutto questo tempo, attraverso le situazioni che di seguito brevemente riassumiamo.

La moglie del signor Lekbir, quando la famiglia si è affacciata allo sportello dell'associazione, era già incinta ed aveva subito un aborto nel mese di settembre del 2004. Le pessime condizioni igienico/sanitarie dell'alloggio non avevano certo tutelato la salute della signora. Un verbale dell'ASL locale ne aveva accertata la insostenibilità; la non conformità ai disposti dei D.M. 5/7/75 e del locale Regolamento di Igiene.

Il signor Lekbir aveva percepito nel 2003 un reddito di 6161 euro; e percepiva all'avvio della procedura di sfratto un reddito da busta paga attorno ai 900 euro/mese, ma con un contratto di bracciante agricolo che gli veniva rinnovato ogni due mesi. Questa circostanza unita al fatto che il posto di lavoro era itinerante e lontano centinaia di chilometri dal suo domicilio astigiano (i cantieri delle Olimpiadi attorno al Sestrère) configurava un rapporto di lavoro assai precario e difficile da sostenere.

Il signor Lekbir aveva sottoscritto nel dicembre del 2002 un contratto di locazione (“liberamente”, secondo l'avvocato della proprietà), che scadeva a novembre del 2006, con un canone di 280 euro/mese, per un alloggio di 41 mq; una topaia. Fino al mese di dicembre del 2004 il signor Lekbir aveva regolarmente soddisfatto il contratto di locazione, poi sono venute le sue difficoltà economiche. Ma si potrebbe dire che fino a quella data aveva pagato un pedaggio salato per l'uso di una topaia ad un proprietario che non aveva mai nascosto l'intenzione di liberarsi dei suoi inquilini per vendere lo stabile di sua proprietà.

Nel maggio del 2006 la Cooperativa Alce ha avviato presso il tribunale di Torino una procedura di sgombero, senza che nessuno richiamasse le responsabilità della stessa cooperativa e ancor più la responsabilità dell'assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Asti. Tale procedura si è conclusa il giorno 18/1/2007 ai danni della famiglia del signor Lekbir; la famiglia si è trovata letteralmente sulla strada. Lo stesso giorno, accompagnata dai volontari della nostra associazione ad un incontro con il Sindaco della nostra città, ha trovato ospitalità nei centri di accoglienza del Comune; la signora e la figlia in via Testa, il signor Lekbir in via Caducci.

Nel momento in cui scriviamo la famiglia in questione non ha ancora risolto il suo problema abitativo e subisce una divisione sempre più insostenibile; un risarcimento davvero singolare per le brutture di tutta la storia.

A nostro giudizio, si dovrebbe aggiornare il punteggio del signor Lekbir nella graduatoria delle emergenze abitative (attualmente 17° con 6 punti) e, perdurando lo stato di disoccupazione del signor Lekbir, si dovrebbe trovare una soluzione del problema nell'ambito della edilizia residenziale pubblica.


2) EMERGENZA ABITATIVA ATZENI

(relazione inviata alla corte d'appello dio Torino, Sezione minori)


La nostra associazione “accompagna” da molti anni persone e famiglie che hanno problemi abitativi e subiscono le asprezze del mercato delle locazioni. Vantiamo, se così si può dire, una fortissima esperienza di relazioni con l'atc e gli assessorati, in particolare, per ovvie ragioni, quello dei Servizi Sociali.

Possiamo dire a ragion veduta di conoscere i termini generali del problema, così come lo riconoscono, gravissimo, agenzie nazionali, sindacati, l'associazione dei Comuni (che lo segnala come una delle sue prime emergenze).

Le risposte al problema sono, come è noto, modestissime. C'è una offerta di alloggi a canone sociale (case popolari ed altro di simile) lontanissima dalla domanda, che invece cresce per l'effetto combinato della precarietà di moltissimi redditi e del costo relativamente altissimo delle locazioni.

Oggi in qualunque agenzia immobiliare non si sottoscrivono contratti di locazione se il richiedente non fornisce le seguenti garanzie: un contratto di lavoro a tempo indeterminato, una fideiussione bancaria, ed un avvio alla locazione onerosissimo (il canone d'affitto corrente, più due canoni di anticipo, più un canone per l'agenzia che favorisce il contratto).

La signora Atzeni, che noi seguiamo dall'inizio di questa sgradevole vicenda, non ha mai potuto, suo malgrado, fornire queste garanzie, pur disponendo di redditi per pagare un canone di 300, 350 euro/mese. In alcune Agenzie, accompagnata dai volontari dell'associazione, i titolari le hanno negato un contratto appena hanno appreso che l'avvio alla locazione sarebbe stato pagato dall'Assessorato dei Servizi Sociali. Questo contributo “pubblico” viene evidentemente considerato in quelle sedi come l'annuncio di incertezze insostenibili. In assessorato ne sono al corrente.

Le cose poi sono complicate, anzi complicatissime, perché la signora non è sola; con tre figli minori, due in età scolare, è una famiglia.

In casi come questo c'è un contesto denso di relazioni, che condizionano il problema, di cui si deve tenere conto se si vuole, come si dice, ridurre il danno. Una buona norma in generale, se non ci sono maltrattamenti, rifiuti o conflitti insostenibili, suggerisce di tutelare queste relazioni.

Anticipiamo allora il nostro giudizio, prima ancora di precisare il nostro ruolo in alcuni passaggi di questa bruttissima vicenda.

L'intervento dell'Assessorato ai Servizi Sociali, dalle assistenti sociali ai responsabili delle emergenze abitative, non ha fatto altro che accrescere il danno, trasformando implacabilmente un problema abitativo in un problema di relazione.

Vediamo come:

  1. la signora Atzeni ha segnalato la sua presenza in città ai Servizi Sociali nel mese di ottobre del 2006, non aveva ancora un problema abitativo e ha richiesto: un contributo alla locazione (negato), l'iscrizione del figlio più piccolo alla scuola materna (rimandato per mancanza di posti), il buono mensa (gli è stato concesso nel mese di marzo del 2007);

  2. il tre di marzo 2007 la signora Atzeni occupa abusivamente un alloggio vuoto dell'atc e si rivolge alla nostra associazione;

  3. qualche giorno dopo la nostra associazione agisce due azioni di routine: a) segnala il fatto all'atc chiedendo che non si avvii subito una procedura di sgombero per avere il tempo di costruire una soluzione al problema; b) presenta in assessorato un richiesta di inserimento della famiglia nella graduatoria delle emergenze abitative;

  4. per tutti i mesi di marzo e di aprile nessun operatore del comune ha sentito il bisogno di fare una visita alla famiglia della signora Atzeni che, peraltro, ha condotto in quell'alloggio una vita assolutamente normale. La figlia Irene ha potuto frequentare l'Istituto Alberghiero di Agliano, il figlio Stefano ha potuto frequentare l'Istituo d'Arte in città, la signora poteva fare il suo lavoro nelle ore in cui i figli più grandi erano a casa a badare al più piccolo;

  5. nei primissimi giorni di maggio la famiglia viene sgomberata (sono presenti un funzionario dell'atc e due poliziotti) non oppone resistenza e si rifugia nella cantina dello stesso stabile. Scatta una rete di solidarietà, qualche amico, una parente, non tutti dormono in cantina. Il figlio più piccolo però è attaccatissimo alla madre e la molla solo se sono presenti i figli più grandi;

  6. lo stesso giorno o il giorno dopo i volontari dell'associazione, con la signora Atzeni, si presentano alla responsabile del centro di accoglienza di via Testa, accertano la possibilità di un inserimento della signora e del piccolo, prendono contatti per telefono con i dirigenti del centro e con il vicesindaco; nessuno smentisce quella possibilità ma tutti dicono che se manca un progetto di inserimento la signora e il piccolo non possono stare li;

  7. il “tavolo delle emergenze” si riunisce e respinge la richiesta di inserimento della signora Atzeni nella graduatoria delle emergenze. Le motivazioni sono: a) la signora è residente in città da meno di un anno; b) la signora dispone di un alloggio a Villadeati. I volontari dell'associazione chiariscono che il requisito di un anno non è chiesto dal regolamento in modo perentorio ma può andare in deroga su richiesta delle assistenti sociali, inoltre, gli stessi volontari documentano con un servizio fotografico inoppugnabile che l'alloggio di Villadeati può essere abitato solo dopo un massiccio intervento di manutenzione sull'edificio, sugli impianti di illuminazione e di riscaldamento.

  8. la signora Atzeni ha segnalato la sua presenza in città ai Servizi Sociali nel mese di ottobre del 2006, non aveva ancora un problema abitativo e ha richiesto: un contributo alla locazione (negato), l'iscrizione del figlio più piccolo alla scuola materna (rimandato per mancanza di posti), il buono mensa (gli è stato concesso nel mese di marzo del 2007);

  9. il tre di marzo 2007 la signora Atzeni occupa abusivamente un alloggio vuoto dell'atc e si rivolge alla nostra associazione;

  10. qualche giorno dopo la nostra associazione agisce due azioni di routine: a) segnala il fatto all'atc chiedendo che non si avvii subito una procedura di sgombero per avere il tempo di costruire una soluzione al problema; b) presenta in assessorato un richiesta di inserimento della famiglia nella graduatoria delle emergenze abitative;

  11. per tutti i mesi di marzo e di aprile nessun operatore del comune ha sentito il bisogno di fare una visita alla famiglia della signora Atzeni che, peraltro, ha condotto in quell'alloggio una vita assolutamente normale. La figlia Irene ha potuto frequentare l'Istituto Alberghiero di Agliano, il figlio Stefano ha potuto frequentare l'Istituo d'Arte in città, la signora poteva fare il suo lavoro nelle ore in cui i figli più grandi erano a casa a badare al più piccolo;

  12. nei primissimi giorni di maggio la famiglia viene sgomberata (sono presenti un funzionario dell'atc e due poliziotti) non oppone resistenza e si rifugia nella cantina dello stesso stabile. Scatta una rete di solidarietà, qualche amico, una parente, non tutti dormono in cantina. Il figlio più piccolo però è attaccatissimo alla madre e la molla solo se sono presenti i figli più grandi;

  13. lo stesso giorno o il giorno dopo i volontari dell'associazione, con la signora Atzeni, si presentano alla responsabile del centro di accoglienza di via Testa, accertano la possibilità di un inserimento della signora e del piccolo, prendono contatti per telefono con i dirigenti del centro e con il vicesindaco; nessuno smentisce quella possibilità ma tutti dicono che se manca un progetto di inserimento la signora e il piccolo non possono stare li;

  14. il “tavolo delle emergenze” si riunisce e respinge la richiesta di inserimento della signora Atzeni nella graduatoria delle emergenze. Le motivazioni sono: a) la signora è residente in città da meno di un anno; b) la signora dispone di un alloggio a Villadeati. I volontari dell'associazione chiariscono che il requisito di un anno non è chiesto dal regolamento in modo perentorio ma può andare in deroga su richiesta delle assistenti sociali, inoltre, gli stessi volontari documentano con un servizio fotografico inoppugnabile che l'alloggio di Villadeati può essere abitato solo dopo un massiccio intervento di manutenzione sull'edificio, sugli impianti di illuminazione e di riscaldamento.

  15. da quel momento in poi è stato chiaro, almeno a noi, che un problema abitativo era stato trasformato in un problema di relazione e che tutte le proposte fatte dal servizio minori muovevano dal timore di una accusa di omissione di atti in ufficio. Una riduzione inaccettabile del problema, fatta prevalentemente a tavolino. C'è una madre che per volontà sua mantiene la famiglia in condizioni di emergenza abitativa, c'è un minore esposto a conseguenze gravi, dunque si chieda l'intervento del giudice tutelare. Un vero e proprio pregiudizio.

  16. la richiesta di intervento del tribunale, che noi abbiamo potuto visionare presso l'ufficio dell'avvocato, è stata composta con questo pregiudizio; contiene gravi inesattezze, copre una straordinaria superficialità, non fa nemmeno cenno ad alcune pesanti difficoltà obiettive. Totalmente priva di una seria inchiesta sul campo, questa richiesta di intervento del tribunale ignora che la densità dei rapporti familiari può essere tutelata anche in una cantina, come di fatto è avvenuto nella vicenda di cui stiamo parlando.



In conclusione, noi non abbiamo idea di come possa essere fermata la macchina messa in moto con tanta irresponsabilità, confidiamo di poter trovare un domicilio dignitoso per la famiglia entro breve termine, attivando la nostra rete di solidarietà oltre i limiti previsti dallo Statuo della nostra Associazione e ci auguriamo infine che il nostro impegno possa contribuire ad un esito positivo della vicenda.



Con molto rispetto



Il Presidente dell'associazione Coordinamento Asti-Est


3) EMERGENZA ABITATIVA LLESHI ARTIN AABARI


Le due famiglie sono così composte:


  1. LLESHI ARTIN con moglie casalinga e tre minori di un anno e mezzo, residente in abitazione privata in C. Casale 132; in graduatoria ATC con 4 punti; regolare contratto di locazione sottoscritto nel 2002 e sempre soddisfatto fino a novembre del 2006 (550 euro/mese, canone+spese); capo famiglia con contratti a tempo determinato (l'ultimo chiuso il 21/12/2007 e non ancora rinnovato) alternati con pause di disoccupazione o mobilità; salario di circa 1800 euro/mese

  2. AABARI TAARABTE con moglie casalinga e due minori uno di sei mesi e l'altro di tredici anni, residente in corso alla Vittoria 50; domanda di accesso al bando ATC respinta per mancanza di requisiti; regolare contratto di locazione sottoscritto a dicembre del 2005 e sempre soddisfatto fino ad aprile del 2007 (380 euro/mese + spese); capo famiglia attualmente disoccupato e alla ricerca di un lavoro.


Le due famiglie, di cui descriveremo per sommi capi le condizioni abitative e le vicende che le hanno condotte a quelle condizioni, rappresentano per la nostra associazione due casi tipici della presente situazione sociale. Entrambe subiscono un procedimento di sfratto per morosità, per una (famiglia del signor AABARI) il procedimento è già in fase esecutiva (la data fissata per l'esecuzione è il 18 gennaio 2008), in entrambe c'è la presenza di minori, sono famiglie di migranti con un percorso di “normale” integrazione, per entrambe le famiglie le difficoltà sono sopravvenute allorché la precarietà dei redditi si è fatta insostenibile. Per una famiglia (famiglia del signor LLESHI) si è trattato di una impennata delle spese per una particolare ricerca di una maternità e conseguente parto trigemino nonché di una spropositata (per i redditi dell'inquilino) richiesta di aumento delle spese per la locazione, per l'altra famiglia (famiglia del signor AABARI) si è trattato di un fallimento dell'impresa (una carrozzeria d'auto) in cui il componente principale era impegnato.

Noi ovviamente chiediamo che per le due famiglie sia riconosciuta la condizione di “emergenza abitativa” (quindi i loro casi siano esaminati al tavolo delle emergenze), chiediamo che siano “accompagnate” in un percorso di rientro nella normalità con l'utilizzo di tutti gli strumenti disponibili per garantire il presente domicilio o un passaggio “da casa a casa” (assegnazione di alloggio popolare o di un alloggio a canone sociale, contributo di avvio alla locazione, contributo straordinario per facilitare il rinvio dello sfratto o per un piano di rientro dal debito) e se necessario anche con lo strumento straordinario della requisizione di alloggi sfitti di proprietà delle immobiliari.

Chiediamo ovviamente che sia rispettata e tutelata l'unità della famiglia.

Poiché ci rendiamo conto della complessità dei problemi posti, per evitare che al danno si aggiunga altro danno e che alla fine si facciano valere approcci esclusivamente normativi, vorremmo che fossero chiare due circostanze.

  1. La prima è la precarietà dei redditi imposta dal sistema sociale da cui sono al riparo solo le famiglie ricche mentre le famiglie di cui si parla possono, per eventi imprevisti, essere poste di fronte a problemi di sopravvivenza (pagare l'affitto o pagare alimentari e medicine).

  2. La seconda è il problema di residenzialità dell'intera famiglia, non di uno o due dei suoi componenti, che caratterizza prioritariamente la condizione di emergenza abitativa.



Entrambe le circostanze sono già state negate dagli operatori dei Servizi Sociali ad altre famiglie. E' in particolare la negazione della seconda circostanza da parte dell'Ufficio minori che può condurre a risultati assai discutibili, di rottura delle relazioni familiari al limite della denuncia, di totale ignoranza che “alla sfera dei beni primari collegati alla personalità, deve essere compreso il diritto all'abitazione in quanto l'esigenza di un alloggio rientra fra i bisogni primari della persona” (i giudici della Corte di Cassazione).

Ad una delle famiglie di cui parliamo (quella del signor AABARI) l'assessorato ai Servizi Sociali ha già proposto una ospitalità, solo per la madre e i minori, presso il centro di accoglienza di via Testa. L'ospitalità, avviata e poi giustamente interrotta dalla madre dei minori, è avvenuta in queste condizioni: coabitazione in una sola stanza di quattro persone, la madre e i minori nonché una signora già ospitata in precedenza; comprensibili e prevedibili problemi di relazione tra la madre di un minore (di sei mesi) che si sveglia di notte e piange e la signora che lavora di giorno, di notte vorrebbe dormire e al crepuscolo fumarsi anche una sigaretta con la finestra aperta (tutto questo è avvenuto).

Il nostro giudizio assolutamente negativo è scontato ed è di grande allarme perché questo modo di procedere ha già fatto delle vittime (la famiglia della signora Atzeni è il caso più recente); il nostro atteggiamento è come sempre collaborativo ma ci consideriamo ovviamente liberi di esercitare tutte azioni pubbliche e private che ritenessimo necessarie, sia per tutelare il diritto all'abitazione delle famiglie di cui parliamo, sia per denunciare pubblicamente la drammaticità di un problema sociale ancora troppo malamente affrontato.

La nostra associazione chiede inoltre che siano convocate le associazioni e gli enti che compongono il “tavolo delle emergenze” per una disamina della recente legislazione nazionale e regionale in materia di diritto alla casa (in particolare il “Programma straordinario di edilizia residenziale pubblica di cui all'art.21 del DL 10/10/2007 n°159 convertito con modificazioni dalla legge 29/11/2007 n°222. Individuazione degli interventi prioritari e immediatamente realizzabili e riparto della disponibilità finanziaria”)

CONTROTESI

1) RIGORE E APPROSSIMAZIONE


Nell'ultima intervista concessa alla NP venerdì 19 ottobre, l'assessore esprime con assoluta chiarezza il suo punto di vista sulla questione abitativa in città; lo fa con riferimento alle emergenze e alle competenze del suo assessorato quindi con uno sguardo limitato, ma anche così dà un tono all'intera questione, in armonia, dobbiamo presumere, con il punto di vista dell'intera giunta.

Dopo aver stigmatizzato la nota sentenza della corte di cassazione (occupare o requisire per superare uno stato di necessità, non è reato), dopo aver dichiarato che farà solo assegnazioni “in graduatoria”, dopo aver sospettato di “furbizia” tutti quei cittadini che si sono affacciati allo sportello del 350, ha acutamente osservato che, parole sue: “si è instaurato un meccanismo tale per cui nella scala di priorità di molte famiglie, sia che vivono in alloggi Atc e privati, pagare l'affitto non è più al primo posto. Vorremmo introdurre comportamenti più rigorosi per invertire questo fenomeno”.

Dunque, commentiamo noi, c'è nell'aria una sorta di disaffezione all'affitto che probabilmente nasce nel mondo dei Ricucci, dei promotori finanziari e immobiliari, dei vip e politici con case sontuose, dei professionisti del set cittadino, assessori compresi. Loro che non pagano affitti o pagano affitti che sono la centesima parte dei redditi di cui dispongono, questa disaffezione se la possono permettere. E' per pura collocazione di classe o per piccineria, che non riescono nemmeno ad immaginare che la stessa disaffezione possano coltivarla quelli che non pagano l'affitto per la modestia dei loro redditi oppure lo pagano rinunciando alla cena al ristorante, al viaggio a Roma, al giornale e alla briose, e tirando il possibile sulle spese quotidiane.

Tutti i dettagli dello sfratto da noi contrastato, in presenza di un neonato, ci parlano di un bisogno abitativo sostanzialmente negato:

  1. La presenza delle forze dell'ordine, peraltro non imbalsamate nel loro ruolo e dialoganti, l'avvocato, l'ufficiale giudiziario, tutti a guardia della proprietà.

  2. La gestione per telefono dell'emergenza tra operatori del 350, due assessori (compreso quello ai SS), i volontari presenti allo sfratto e l'avvocato della proprietà, quando la presenza di una assistente sociale avrebbe dato l'idea di una qualche azione di prevenzione, che invece non c'è stata.

  3. La soluzione trovata in modo fortunoso, l'ospitalità per la madre e il piccolo nel centro di accoglienza di via Testa, senza che la coordinatrice del centro fosse avvertita dal suo responsabile.



Il contesto di quello sfratto, che ne spiega in gran parte le cause e sul quale pochissimi si soffermano, meno di tutti l'assessore, qual'è ?



  1. La riduzione della casa a merce, a prescindere dal suo valore d'uso, condizione necessaria per consegnare il bisogno abitativo al mercato.

  2. Il formalismo delle regole a prescindere dal loro oggetto, fatto esercizio dagli operatori pubblici per l'ennesima conferma del loro ruolo.

  3. I Servizi indirizzati al “povero meritevole” con una patente di moralità manipolabile fin che si vuole.

  4. In ultimo, e per noi che vogliamo fare promozione sociale, uno degli ostacoli maggiori, l'atteggiamento spesso opportunista (nel pieno significato del termine e senza connotazione morale, come in un gioco d'azzardo) di chi subisce questa negazione di un diritto, cioè gli stessi inquilini, che così subiscono anche l'egemonia dei loro antagonisti sociali (i fautori del neoliberismo, con annessi valori organici, l'opportunismo appunto in primo luogo).



Di fronte a tutto questo noi non possiamo fare altro che far valere, come possiamo, la nostra descrizione dei fatti, accompagnandola, nella misura del possibile, con atteggiamenti, soprattutto pubblici, coerenti (ci hanno provato con qualche successo gli attivisti dei Comitati per la casa a Roma, con la redazione della famosa Delibera).

Ci sono degli indicatori che sono solo formalmente pubblici perché che in realtà nessuno in città li prende in seria considerazione; elenchiamoli:



  1. Le graduatorie biennali dell'Atc, accessibili e fonte di raffinate elaborazioni annuali della Regione (Quaderni sull'ERP) e di Federcasa (la federazione nazionale delle atc).

  2. Gli accessi al cosiddetto “contributo per l'affitto” (Art.11 LN 431/98).

  3. Con riferimento all'ERP, gli accessi al Fondo Sociale (art.21 della LR 46/95)

  4. I dati sul finanziamento di questi strumenti di “prevenzione”.

  5. Le richieste di inserimento nella graduatoria delle emergenze.



Questi indicatori permettono di fare una prima, necessaria (soprattutto se si pensa ad un ventaglio di risposte) differenziazione del bisogno, sua quantificazione e una collocazione nel tempo. Giusto per fare un esempio, dalle graduatore Atc si possono spillare le coabitazioni, i sovraffollamenti, i nuclei familiari atipici (donne con minori).

A proposito di emergenze c'è da far rilevare che tutti i comuni ad alta tensione abitativa si sono dotati di un “tavolo delle emergenze” e di relativa graduatoria e li hanno intesi come strumenti per rendere trasparenti e partecipate le tutte le procedure di assegnazione, in particolare degli alloggi messi a “riserva” (art.13 della LR 46/95). Sono strumenti che non risolvono certo il problema dell'emergenza e tanto meno il problema della casa, se non vengono usati insieme ad una maggiore offerta di alloggi popolari o a canone calmierato, ma possono allontanare la minaccia degli sfratti, favorire la ricerca di soluzioni e responsabilizzare tutti gli attori della vicenda.

L'assessore agisce come se il “tavolo delle emergenze” fosse stato abolito e in questo modo sceglie implicitamente e implacabilmente il clientelismo. Osserviamo che può abolire il “tavolo” perché la legge regionale pur autorizzando i Comuni ad alta tensione abitativa a ricorrere alle “riserve”, fino al 70 % degli alloggi disponibili su base annua, non prevede alcun controllo della procedura di queste assegnazioni.

Le raffinate elaborazioni di cui si è detto, sono ancora più ignorate degli stessi indicatori. La migliore sottomano è quella fatta ogni anno dalla Regione Piemonte e trascritta in un “Rapporto sull'edilizia residenziale pubblica in Piemonte”. Da questa apprendiamo che:



  1. E' previsto un premio (un maggiore contributo) regionale per i comuni che co-finanziano il fondo nazionale della legge per il “contributo affitto”. Ebbene nella provincia di Asti un solo comune ha co-finanziato e non è quello di Asti, nonostante siano in costante aumento le domande di accesso accolte.

  2. Per quanto riguarda la “morosità incolpevole” e quindi l'accesso al “fondo sociale”, le elaborazioni evidenziano un generalizzato trend in costante ascesa e, nonostante l'aumento del finanziamento del fondo (da un milione di euro del 1994, a 1,5 milioni di euro nel periodo 1995-1997 a 3 milioni del 2004), la copertura della morosità, per Asti, non è andata oltre il 40 %.



Ma tutto quanto detto sopra acquista pieno senso politico, ovviamente negativo, se si hanno presenti le modalità e i tempi di ”consegna al mercato” del bisogno abitativo. Riassumiamo in successione, ma ogni evento richiederebbe una lunga disamina:



  1. La soppressione della Gescal (la storica fonte di finanziamento dell'ERP).

  2. La soppressione dell'equo canone (equo in rapporto al reddito dell'inquilino).

  3. Le privatizzazioni (soprattutto del patrimonio edilizio pubblico, quello imponente degli enti in primo luogo; da ricordare come da manuale di scelte e comportamenti degli operatori pubblici cittadini, la occupazione di alcuni alloggi inpdap, dei 110 inseriti nelle cartolarizzazioni).



Una successione di eventi, attribuibili ad entrambi gli schieramenti politici, dagli esiti socialmente pesantissimi. Gli stessi che hanno fatto dire all'anci che l'emergenza abitativa è una delle principali emergenze dei Comuni, gli stessi che hanno fatto dire a enti e associazioni responsabili che il problema della casa è ormai un problema “sociale” e come tale deve essere affrontato.

Ma è un problema sociale che mette in discussione il modello di relazioni oggi dominante, cioè quello mercantile ed è per questo che si fanno tante parole, tante analisi, tutte o quasi tutte estranee al concreto manifestarsi del bisogno. Ed è per questa ragione, l'esclusione dal mercato altamente speculativo delle locazioni e delle case (abbiamo anche noi i nostri piccoli Ricucci), di una parte sempre più grande di cittadini, che gli assessorati “interpretano” con la politica del “povero meritevole” l'azzeramento del diritto e l'esiguità delle risorse (tagli su tagli alla spesa pubblica).

La politica della casa ridotta a filantropia, si potrebbe riassumere in uno slogan; clientelismo con fini elettorali. L'approccio è questo: se sei povero è innanzi tutto colpa tua, se ti sei ridotto a comparire davanti ai nostri sportelli vuol dire che non ce l'hai messa tutta per competere con i tuoi vicini, il tuo individualismo è debole, il tuo orgoglio proprietario è troppo basso, il tuo conformismo è incerto, noi benevolmente ti avvertiamo e per una volta ti diamo una mano e se proprio ci piaci e ci intenerisci con il tuo atteggiamento umile e discreto, ti risolviamo l'intero problema in una sola volta.

Vediamo cosa altro è successo, un po' più da vicino ma nel contesto più sopra delineato e con alcune necessarie puntualizzazioni. C'è una legge regionale con un testo che ha subito delle significative revisioni, in particolare due (i requisiti di accesso e le cosiddette “riserve”, cioè il numero di alloggi assegnabili “fuori graduatoria”) revisioni apportate in strettissima relazione con il tasso di assegnazioni possibile. Ad Asti nel biennio 2001/2003 sono state fatte 54 assegnazioni (29+25 in riserva); nel biennio 2003/2005 sono state fatte 64 assegnazioni (22+42 in riserva), nello stesso biennio, con una graduatoria di aspiranti assegnatari di 830 persone/famiglie, il tasso di assegnazioni è stato del 7,7 %; ancora più basso se si considera che un certo numero di assegnazioni con “riserva” è stato fatto a favore di persone/famiglie non in graduatoria.



  1. La revisione dei requisiti di accesso (Art. 2 LR 46/95) ha attribuito agli extracomunitari requisiti di accesso molto selettivi (almeno tre anni di residenza e tre anni di lavoro “a libretto”). Il ragionamento del legislatore politico è stato: se ci sono troppe richieste di accesso in relazione a quanto noi possiamo offrire, riduciamo le richieste di accesso alla parte di popolazione più esposta al ricatto abitativo.

  2. La revisione delle “riserve”(Art. 13 LR 46/95) , ha aumentato a dismisura rispetto al testo originario la % di alloggi assegnabili “fuori graduatoria” (si è passati nel corso degli anni, in Regione, da 25 a 50 fino al 70 % nei capoluoghi di provincia, in certe Regioni si è arrivati fino al 100 % !!). Stesso ragionamento opportunistico e “realistico” in cui si danno per scontate due circostanze: la casa non è un diritto, la disponibilità di alloggi popolari è di gran lunga inferiore alla domanda.



Intanto però, meraviglie del mercato, sono cresciuti a dismisura l'offerta di alloggi privati e il numero degli alloggi privati sfitti. A questo proposito, la famosa delibera di Roma includeva una indagine, come premessa di alcuni interventi possibili per accrescere l'offerta di alloggi a canone calmierato, senza escludere la requisizione temporanea con indennizzo. Purtroppo qui da noi, nonostante le nostre richieste, disponiamo solo del dato approssimato degli alloggi privati sfitti, più di mille.

Anche il cosiddetto “fondo sociale”, previsto dalla legge regionale ma regolato da apposite delibere di “regolamento”, è stato de potenziato dall'indirizzo “mercantile” in corso da anni. La legge regionale prevede che l'assegnatario, moroso per disoccupazione o grave malattia, con redditi così modesti da non poter pagare il dovuto senza compromettere le normali condizioni di sopravvivenza della famiglia, possa iscriversi al “fondo” ed ottenere da questo il pagamento all'atc di canoni e spese.

Ma i finanziamenti di questo “fondo” , come già detto e rilevato dalle elaborazioni regionali, non hanno seguito l'aumento delle richieste di iscrizione; per decisione politica si è scelto di non vedere il nesso tra l' aumento vertiginoso degli sfratti per morosità nel mercato privato delle locazioni e l'aumento delle richieste di accesso al fondo sociale dell'ERP. Per la stessa decisione politica si è scelto di rendere più selettivo l'accesso, aumentando il tasso di colpevolezza degli assegnatari. In questo modo si è passati, in 20 anni dalla iscrizione al fondo di famiglie con reddito certo e garantito alle attuali 150 richieste di revoca dell'assegnazione per morosità colpevole.

Per “garantire”, si fa per dire, questo risultato, una recente (2001) revisione della legge Regionale attribuisce ai Comuni l'onere delle “morosità non colpevoli” non coperte dal “fondo” (come già detto il tasso di copertura nel 2004 è stato del 37,9 %), con il risultato che la “colpevolezza” cresce e il numero di accessi al fondo diminuisce in relazione alla disponibilità finanziarie di Comune e Regione. E così il cerchio si chiude implacabilmente sulle spalle degli inquilini.

Ci sono in conclusione tutte le ragioni per rendere conto al Comune e all'ATC di tutte queste richieste di revoca delle assegnazioni.



2) COMMENTI SULLA RIUNIONE DEL “TAVOLO”

L'assessore ai Servizi Sociali ha convocato il “tavolo” delle emergenze abitative il giorno 26 novembre 2007; la prima volta dopo il suo insediamento. Il tavolo era stato convocato l'ultima volta, dalla precedente amministrazione, nel mese di maggio. Le ragioni di questo ritardo già si intuivano dalla lettura delle dichiarazioni dell'assessore rilasciate nel frattempo alla stampa cittadina. Che fretta c'era se si ritiene che “tutte le assegnazioni di alloggi popolari devono passare attraverso la graduatoria dell'ATC essendo quella di emergenza solo una opportunità offerta ai furbi, a quelli che fanno carte false pur di passare davanti agli altri”.

Alla riunione erano presenti tutti i componenti il “tavolo” (atc, prefetto, asl, piccoli proprietari, sindacati, associazioni, assessorato). L'assessore ha argomentato il suo orientamento in materia di politica abitativa.

  1. Per quanto riguarda il “tavolo delle emergenze”, l'intenzione è di modificarne radicalmente la funzione. Da organismo che conferma e rende pubblico un lavoro di istruttoria sul disagio abitativo di persone e famiglie, ed accredita o meno una situazione di emergenza attraverso l'inclusione o esclusione da una graduatoria, ad organismo di consultazione dell'assessorato sulle scelte e i programmi in materia di politiche abitative. I diretti collaboratori dell'assessore hanno confermato (è meglio citarli perché erano tutti presenti, Bianco e Ferraris, Sorrentino e Lisa).

  2. Per quanto riguarda le “emergenze” l'intenzione è di considerare come tali solo le situazioni personali e familiari che normalmente vengono “prese in carico” dall'Ufficio Minori e dagli uffici dell'assessorato che si occupano di handicap, vale a dire bisogni abitativi definibili in relazione ad altri bisogni e in un progetto di reinserimento sociale. In ogni caso la residenzialità pubblica dovrebbe essere offerta a tempo (6-18 mesi), in alloggi “parcheggio”, e con contratti “amministrativi”, cioè fuori dalle leggi 46/95 e 431/98.

  3. Per quanto riguarda i “bisogni abitativi” in senso lato, vale a dire quelli normalmente definiti nel corso dei bandi biennali dell'atc, l'intenzione e quella di approntare strumenti che favoriscano l'incontro tra domanda di residenzialità e offerta del mercato privato delle locazioni, nonché gli strumenti che possano sostenere la locazione e promuoverla.

L'intenzione di mutare radicalmente la funzione del “tavolo” non ha trovato consensi, soprattutto il giudizio sul lavoro passato è risultato irricevibile alla nostra associazione, all'atc, al prefetto. Quest'ultimo in particolare (Agresta) ha fatto osservare che una funzione di consultazione e di osservatorio sui problemi attinenti la condizione abitativa potrebbe essere assunta da un organismo in capo alla prefettura e agli enti locali già previsto in una recente legge nazionale.

Non ha trovato consensi neppure l'intenzione di usare contratti “fuori legge”, impugnabili da un punto di vista giuridico e praticamente inefficaci perché danno per scontata una “mobilità sociale” delle persone e delle famiglie che nella realtà non esiste.

Insomma, non solo a giudizio della nostra associazione l'attuale gestione dell'emergenza va confermata, modificando il regolamento se necessario, rendendola ancora più trasparente e responsabilizzante sia per i cittadini che per gli operatori pubblici.

Per quanto riguarda invece l'intenzione di usare tutti gli strumenti disponibili per favorire l'incontro tra la domanda di residenzialità e l'offerta del mercato privato delle locazioni, che ha già mosso alcune azioni dell'assessorato (incontri con le federazioni delle cooperative, incontri con la piccola proprietà edilizia), il confronto può farsi assai concreto, purché non si dimentichi che questi strumenti, già operanti altrove, incontrano solo una parte della domanda di residenzialità e precisamente quella meno gravata da condizioni di precarietà economica e di relazione.

Quando si parla di interventi a sostegno della locazione, per esempio, il contributo erogato dal “Fondo Nazionale” (istituito con la 431/98), in relazione a soglie di reddito e di canone, non si può ignorare che il finanziamento di questo Fondo, fin dal primo momento della sua esistenza, è stato a diminuire (-41 % dal 2002 al 2006) cosicché ne è risultata compromessa l'efficacia in modo grave (l'incidenza del canone sul reddito non è mai scesa al di sotto del 50 %, dovendo essere del 14 % per i redditi più bassi e del 24 % per gli altri). Non solo si sono ridotti i finanziamenti, ma si sono modificati i requisiti d'accesso rendendoli più selettivi. Tutto questo mentre nello stesso periodo i canoni salivano mediamente del 5,3 % all'anno.

Ad Asti (dati 2005) il contributo ha coperto non più del 30 % del valore dei canoni con un canone medio di 350 euro/mese. Analogamente per ciò che riguarda il Fondo Sociale previsto dalla legge regionale 46/95, la perdita di efficacia è facilmente documentabile. Sono in continuo aumento, per esempio, le cosiddette morosità “incolpevoli” in una tendenza a crescere del totale delle morosità nonché l'aumento delle richieste di revoca delle assegnazioni.

Questo incontro tra domanda di residenzialità e offerta del mercato privato non può essere affidato alla spontaneità del mercato o delle parti. C'è intanto da tenere presente un dato fornito dal Secit (il servizio ispettivo delle Entrate), vale a dire che la metà circa dei contratti di locazione risultano irregolari (anche la nostra associazione ne ha avuto la prova in un caso di sfratto recentemente trattato). Inoltre, tutte le Agenzie delle Entrate segnalano che i contratti di locazione “convenzionati” a norma dell'art.2 della 431/98 sono una percentuale bassissima (attorno al 3 %) del totale dei contratti, sono pertanto in percentuale bassissima le parti, inquilini e proprietari, che apprezzano i vantaggi (canone calmierato e riduzioni fiscali) di quel tipo di contratto.

Ci sono infine anche i dati sul patrimonio sfitto che dimostrano come il mercato insegua rendite e profitti assai più che dei bisogni dei cittadini. Dall'ultimo censimento Istat risulta che in Piemonte a quella data (2001) c'erano 430 mila circa alloggi sfitti. Ad Asti fonti più recenti indicano in più di mille gli alloggi sfitti. Risulta evidente da questi dati che se si vuole quell'incontro è necessario avere un minor rispetto della proprietà e si devono usare soprattutto strumenti urbanistici; richiesta che la nostra associazione rivolge da anni alle giunte comunali di ogni colore politico.

In questo contesto risulta più che giustificata la richiesta della nostra associazione di procedere a requisizioni, nella forma già sperimentata con successo altrove, di alloggi sfitti da anni di proprietà delle immobiliari.

Altrove, non ad Asti, in sede di Piani Esecutivi, quindi in regime convenzionato più generale, le proprietà sono state impegnate a cedere in acquisto da parte del Comune, una quota di appartamenti di nuova costruzione in alternativa la stessa quota è stata resa disponibile alla locazione ma solo a canoni calmierati a norma di art.2 della 431/98. Ad Asti l'unico strumento urbanistico attivato per rispondere al bisogno abitativo non soddisfatto dal mercato è la variante che impegna Il Comune a versare ad un fondo straordinario “per la casa” il 20 % del ricavato delle vendite di immobili di sua proprietà. Peraltro questo “fondo” appare agli osservatori esterni totalmente “oscuro” (a quanto ammonta, che uso se ne fa, quali vendite l'hanno incrementato, previsioni future).

Altri strumenti sono previsti e finanziati, attraverso progetti messi a bando, dal recente “piano casa” della Regione Piemonte. C'è già l'interesse dell'assessorato per alcuni di questi, in particolare “l'agenzia per la locazione”, che assume a modello l'esperienza dell'agenzia “Locare” di Torino, nonché progetti di nuova costruzione o recupero di edifici fatiscenti affidati alle capacità imprenditoriali di cooperative che agiscono con forti finalità sociali.

L'osservazione che viene fatta in generale, da agenzie pubbliche e private, in sede di inchiesta sulla condizione abitativa è che questi strumenti, anche quando funzionano in modo positivo, non risolvono il problema sociale e non riescono a coprire il divario che tende ad aumentare tra domanda e offerta di residenzialità, convenzionata o sovvenzionata che sia. Ci sono alcuni indicatori assolutamente significativi: la dinamica del n° delle domande presentate ai bandi biennali, l'incidenza del n° delle domande soddisfatte sul totale delle domande, la dinamica delle domande ai bandi per il “contributo affitto”, l'incidenza delle domande soddisfatte, sul totale delle domande. Per quanto riguarda il “contributo affitto” si è già detto, per quanto riguarda i bandi per le assegnazioni di alloggi popolari (elaborazioni della Regione, della Federcasa e dei Sindacati), nei comuni ad alta tensione abitativa, l'incidenza delle domande soddisfatte è sempre al di sotto del 8 % del totale delle domande. Ma bisognerebbe anche mettere in evidenza anche il modo escludente in cui agiscono le caratteristiche edilizie degli alloggi disponibili e gli stessi requisiti dei bandi. Le famiglie con un alto numero di componenti risultano le più penalizzate e all'interno di queste la maggioranza sono famiglie di extracomunitari.

La riunione ha messo in evidenza che l'analisi del contesto sociale del problema, della sua complessità e rilevanza, non ha alcuna tradizione nell'assessorato, dove gli operatori indulgono fin troppo spesso in considerazioni moralistiche o di facciata. Valgano a questo proposito alcuni giudizi e osservazioni contenute in una relazione recentissima (giugno 2007) della Corte dei Conti, da cui risulta tra l'altro che Asti non costituisce una eccezione negativa. In generale (nell'insieme delle Regioni) mancano “dati certi ed attendibili che diano l'esatta misura sia della consistenza del patrimonio (residenziale) che dell'estensione e delle caratteristiche della domanda sociale” e “l'indagine ha messo in evidenza la generale mancata individuazione da parte delle Regioni di criteri e procedure specifiche di rilevazione del fabbisogno (abitativo)”.

La sopravvalutazione delle situazioni di irresponsabilità sociale, che pure esistono e vanno rimosse non solo con interventi autoritari e repressivi, rischia di negare o sottostimare il problema sociale, gravissimo, vale a dire un problema imposto a persone e famiglie dal modello sociale dominante.

Questo problema è ormai connotato così, con gli inevitabili riferimenti alle asprezze del mercato dl lavoro e del mercato delle locazioni, da agenzie private e pubbliche di ogni ordine e grado, dai partiti, dall'anci e da Federcasa. Questo problema può essere affrontato con qualche successo da una politica per la casa in grado di dare risposte differenziate, comprese quelle di sostegno alle locazioni, e soprattutto in grado di far crescere rapidamente l'offerta di residenzialità.

Dunque il problema sociale esiste ma alcune propedeutiche dovrebbero ormai risultare chiare e indispensabili. Proviamo ad elencarle, come abbiamo fatto più volte, in richieste e confronti con assessorati di giunte di diverso colore politico:



  1. L'analisi del fabbisogno abitativo in primo luogo. Non basta dire che il bisogno è differenziato e per gruppi sociali diversi segue dinamiche completamente diverse (per esempio la composizione dei nuclei familiari); è necessario documentarlo con strumenti di inchiesta e di monitoraggio adeguati.

  2. L'analisi delle disponibilità residenziali in secondo luogo, di edilizia pubblica e privata, delle dinamiche in corso soprattutto di quest'ultima (quanti pecli in programma, quanti alloggi sfitti, le ragioni sociali in capo alla proprietà).

  3. L'analisi dell'efficacia degli strumenti già approntati e funzionanti messa a confronto con l'andamento del mercato del lavoro e immobiliare e l'andamento delle vecchie e nuove povertà.

  4. La capacità di mettere in rete enti e associazioni che si occupano del problema per un approccio partecipato, trasparente e responsabilizzante per tutti.

  FONDO DI RESISTENZA   con i pregiudicati della ex Mutua SOMMA VERSATA A TUTT'OGGI     7300 e...