sabato 15 marzo 2008

CONTROTESI

1) RIGORE E APPROSSIMAZIONE


Nell'ultima intervista concessa alla NP venerdì 19 ottobre, l'assessore esprime con assoluta chiarezza il suo punto di vista sulla questione abitativa in città; lo fa con riferimento alle emergenze e alle competenze del suo assessorato quindi con uno sguardo limitato, ma anche così dà un tono all'intera questione, in armonia, dobbiamo presumere, con il punto di vista dell'intera giunta.

Dopo aver stigmatizzato la nota sentenza della corte di cassazione (occupare o requisire per superare uno stato di necessità, non è reato), dopo aver dichiarato che farà solo assegnazioni “in graduatoria”, dopo aver sospettato di “furbizia” tutti quei cittadini che si sono affacciati allo sportello del 350, ha acutamente osservato che, parole sue: “si è instaurato un meccanismo tale per cui nella scala di priorità di molte famiglie, sia che vivono in alloggi Atc e privati, pagare l'affitto non è più al primo posto. Vorremmo introdurre comportamenti più rigorosi per invertire questo fenomeno”.

Dunque, commentiamo noi, c'è nell'aria una sorta di disaffezione all'affitto che probabilmente nasce nel mondo dei Ricucci, dei promotori finanziari e immobiliari, dei vip e politici con case sontuose, dei professionisti del set cittadino, assessori compresi. Loro che non pagano affitti o pagano affitti che sono la centesima parte dei redditi di cui dispongono, questa disaffezione se la possono permettere. E' per pura collocazione di classe o per piccineria, che non riescono nemmeno ad immaginare che la stessa disaffezione possano coltivarla quelli che non pagano l'affitto per la modestia dei loro redditi oppure lo pagano rinunciando alla cena al ristorante, al viaggio a Roma, al giornale e alla briose, e tirando il possibile sulle spese quotidiane.

Tutti i dettagli dello sfratto da noi contrastato, in presenza di un neonato, ci parlano di un bisogno abitativo sostanzialmente negato:

  1. La presenza delle forze dell'ordine, peraltro non imbalsamate nel loro ruolo e dialoganti, l'avvocato, l'ufficiale giudiziario, tutti a guardia della proprietà.

  2. La gestione per telefono dell'emergenza tra operatori del 350, due assessori (compreso quello ai SS), i volontari presenti allo sfratto e l'avvocato della proprietà, quando la presenza di una assistente sociale avrebbe dato l'idea di una qualche azione di prevenzione, che invece non c'è stata.

  3. La soluzione trovata in modo fortunoso, l'ospitalità per la madre e il piccolo nel centro di accoglienza di via Testa, senza che la coordinatrice del centro fosse avvertita dal suo responsabile.



Il contesto di quello sfratto, che ne spiega in gran parte le cause e sul quale pochissimi si soffermano, meno di tutti l'assessore, qual'è ?



  1. La riduzione della casa a merce, a prescindere dal suo valore d'uso, condizione necessaria per consegnare il bisogno abitativo al mercato.

  2. Il formalismo delle regole a prescindere dal loro oggetto, fatto esercizio dagli operatori pubblici per l'ennesima conferma del loro ruolo.

  3. I Servizi indirizzati al “povero meritevole” con una patente di moralità manipolabile fin che si vuole.

  4. In ultimo, e per noi che vogliamo fare promozione sociale, uno degli ostacoli maggiori, l'atteggiamento spesso opportunista (nel pieno significato del termine e senza connotazione morale, come in un gioco d'azzardo) di chi subisce questa negazione di un diritto, cioè gli stessi inquilini, che così subiscono anche l'egemonia dei loro antagonisti sociali (i fautori del neoliberismo, con annessi valori organici, l'opportunismo appunto in primo luogo).



Di fronte a tutto questo noi non possiamo fare altro che far valere, come possiamo, la nostra descrizione dei fatti, accompagnandola, nella misura del possibile, con atteggiamenti, soprattutto pubblici, coerenti (ci hanno provato con qualche successo gli attivisti dei Comitati per la casa a Roma, con la redazione della famosa Delibera).

Ci sono degli indicatori che sono solo formalmente pubblici perché che in realtà nessuno in città li prende in seria considerazione; elenchiamoli:



  1. Le graduatorie biennali dell'Atc, accessibili e fonte di raffinate elaborazioni annuali della Regione (Quaderni sull'ERP) e di Federcasa (la federazione nazionale delle atc).

  2. Gli accessi al cosiddetto “contributo per l'affitto” (Art.11 LN 431/98).

  3. Con riferimento all'ERP, gli accessi al Fondo Sociale (art.21 della LR 46/95)

  4. I dati sul finanziamento di questi strumenti di “prevenzione”.

  5. Le richieste di inserimento nella graduatoria delle emergenze.



Questi indicatori permettono di fare una prima, necessaria (soprattutto se si pensa ad un ventaglio di risposte) differenziazione del bisogno, sua quantificazione e una collocazione nel tempo. Giusto per fare un esempio, dalle graduatore Atc si possono spillare le coabitazioni, i sovraffollamenti, i nuclei familiari atipici (donne con minori).

A proposito di emergenze c'è da far rilevare che tutti i comuni ad alta tensione abitativa si sono dotati di un “tavolo delle emergenze” e di relativa graduatoria e li hanno intesi come strumenti per rendere trasparenti e partecipate le tutte le procedure di assegnazione, in particolare degli alloggi messi a “riserva” (art.13 della LR 46/95). Sono strumenti che non risolvono certo il problema dell'emergenza e tanto meno il problema della casa, se non vengono usati insieme ad una maggiore offerta di alloggi popolari o a canone calmierato, ma possono allontanare la minaccia degli sfratti, favorire la ricerca di soluzioni e responsabilizzare tutti gli attori della vicenda.

L'assessore agisce come se il “tavolo delle emergenze” fosse stato abolito e in questo modo sceglie implicitamente e implacabilmente il clientelismo. Osserviamo che può abolire il “tavolo” perché la legge regionale pur autorizzando i Comuni ad alta tensione abitativa a ricorrere alle “riserve”, fino al 70 % degli alloggi disponibili su base annua, non prevede alcun controllo della procedura di queste assegnazioni.

Le raffinate elaborazioni di cui si è detto, sono ancora più ignorate degli stessi indicatori. La migliore sottomano è quella fatta ogni anno dalla Regione Piemonte e trascritta in un “Rapporto sull'edilizia residenziale pubblica in Piemonte”. Da questa apprendiamo che:



  1. E' previsto un premio (un maggiore contributo) regionale per i comuni che co-finanziano il fondo nazionale della legge per il “contributo affitto”. Ebbene nella provincia di Asti un solo comune ha co-finanziato e non è quello di Asti, nonostante siano in costante aumento le domande di accesso accolte.

  2. Per quanto riguarda la “morosità incolpevole” e quindi l'accesso al “fondo sociale”, le elaborazioni evidenziano un generalizzato trend in costante ascesa e, nonostante l'aumento del finanziamento del fondo (da un milione di euro del 1994, a 1,5 milioni di euro nel periodo 1995-1997 a 3 milioni del 2004), la copertura della morosità, per Asti, non è andata oltre il 40 %.



Ma tutto quanto detto sopra acquista pieno senso politico, ovviamente negativo, se si hanno presenti le modalità e i tempi di ”consegna al mercato” del bisogno abitativo. Riassumiamo in successione, ma ogni evento richiederebbe una lunga disamina:



  1. La soppressione della Gescal (la storica fonte di finanziamento dell'ERP).

  2. La soppressione dell'equo canone (equo in rapporto al reddito dell'inquilino).

  3. Le privatizzazioni (soprattutto del patrimonio edilizio pubblico, quello imponente degli enti in primo luogo; da ricordare come da manuale di scelte e comportamenti degli operatori pubblici cittadini, la occupazione di alcuni alloggi inpdap, dei 110 inseriti nelle cartolarizzazioni).



Una successione di eventi, attribuibili ad entrambi gli schieramenti politici, dagli esiti socialmente pesantissimi. Gli stessi che hanno fatto dire all'anci che l'emergenza abitativa è una delle principali emergenze dei Comuni, gli stessi che hanno fatto dire a enti e associazioni responsabili che il problema della casa è ormai un problema “sociale” e come tale deve essere affrontato.

Ma è un problema sociale che mette in discussione il modello di relazioni oggi dominante, cioè quello mercantile ed è per questo che si fanno tante parole, tante analisi, tutte o quasi tutte estranee al concreto manifestarsi del bisogno. Ed è per questa ragione, l'esclusione dal mercato altamente speculativo delle locazioni e delle case (abbiamo anche noi i nostri piccoli Ricucci), di una parte sempre più grande di cittadini, che gli assessorati “interpretano” con la politica del “povero meritevole” l'azzeramento del diritto e l'esiguità delle risorse (tagli su tagli alla spesa pubblica).

La politica della casa ridotta a filantropia, si potrebbe riassumere in uno slogan; clientelismo con fini elettorali. L'approccio è questo: se sei povero è innanzi tutto colpa tua, se ti sei ridotto a comparire davanti ai nostri sportelli vuol dire che non ce l'hai messa tutta per competere con i tuoi vicini, il tuo individualismo è debole, il tuo orgoglio proprietario è troppo basso, il tuo conformismo è incerto, noi benevolmente ti avvertiamo e per una volta ti diamo una mano e se proprio ci piaci e ci intenerisci con il tuo atteggiamento umile e discreto, ti risolviamo l'intero problema in una sola volta.

Vediamo cosa altro è successo, un po' più da vicino ma nel contesto più sopra delineato e con alcune necessarie puntualizzazioni. C'è una legge regionale con un testo che ha subito delle significative revisioni, in particolare due (i requisiti di accesso e le cosiddette “riserve”, cioè il numero di alloggi assegnabili “fuori graduatoria”) revisioni apportate in strettissima relazione con il tasso di assegnazioni possibile. Ad Asti nel biennio 2001/2003 sono state fatte 54 assegnazioni (29+25 in riserva); nel biennio 2003/2005 sono state fatte 64 assegnazioni (22+42 in riserva), nello stesso biennio, con una graduatoria di aspiranti assegnatari di 830 persone/famiglie, il tasso di assegnazioni è stato del 7,7 %; ancora più basso se si considera che un certo numero di assegnazioni con “riserva” è stato fatto a favore di persone/famiglie non in graduatoria.



  1. La revisione dei requisiti di accesso (Art. 2 LR 46/95) ha attribuito agli extracomunitari requisiti di accesso molto selettivi (almeno tre anni di residenza e tre anni di lavoro “a libretto”). Il ragionamento del legislatore politico è stato: se ci sono troppe richieste di accesso in relazione a quanto noi possiamo offrire, riduciamo le richieste di accesso alla parte di popolazione più esposta al ricatto abitativo.

  2. La revisione delle “riserve”(Art. 13 LR 46/95) , ha aumentato a dismisura rispetto al testo originario la % di alloggi assegnabili “fuori graduatoria” (si è passati nel corso degli anni, in Regione, da 25 a 50 fino al 70 % nei capoluoghi di provincia, in certe Regioni si è arrivati fino al 100 % !!). Stesso ragionamento opportunistico e “realistico” in cui si danno per scontate due circostanze: la casa non è un diritto, la disponibilità di alloggi popolari è di gran lunga inferiore alla domanda.



Intanto però, meraviglie del mercato, sono cresciuti a dismisura l'offerta di alloggi privati e il numero degli alloggi privati sfitti. A questo proposito, la famosa delibera di Roma includeva una indagine, come premessa di alcuni interventi possibili per accrescere l'offerta di alloggi a canone calmierato, senza escludere la requisizione temporanea con indennizzo. Purtroppo qui da noi, nonostante le nostre richieste, disponiamo solo del dato approssimato degli alloggi privati sfitti, più di mille.

Anche il cosiddetto “fondo sociale”, previsto dalla legge regionale ma regolato da apposite delibere di “regolamento”, è stato de potenziato dall'indirizzo “mercantile” in corso da anni. La legge regionale prevede che l'assegnatario, moroso per disoccupazione o grave malattia, con redditi così modesti da non poter pagare il dovuto senza compromettere le normali condizioni di sopravvivenza della famiglia, possa iscriversi al “fondo” ed ottenere da questo il pagamento all'atc di canoni e spese.

Ma i finanziamenti di questo “fondo” , come già detto e rilevato dalle elaborazioni regionali, non hanno seguito l'aumento delle richieste di iscrizione; per decisione politica si è scelto di non vedere il nesso tra l' aumento vertiginoso degli sfratti per morosità nel mercato privato delle locazioni e l'aumento delle richieste di accesso al fondo sociale dell'ERP. Per la stessa decisione politica si è scelto di rendere più selettivo l'accesso, aumentando il tasso di colpevolezza degli assegnatari. In questo modo si è passati, in 20 anni dalla iscrizione al fondo di famiglie con reddito certo e garantito alle attuali 150 richieste di revoca dell'assegnazione per morosità colpevole.

Per “garantire”, si fa per dire, questo risultato, una recente (2001) revisione della legge Regionale attribuisce ai Comuni l'onere delle “morosità non colpevoli” non coperte dal “fondo” (come già detto il tasso di copertura nel 2004 è stato del 37,9 %), con il risultato che la “colpevolezza” cresce e il numero di accessi al fondo diminuisce in relazione alla disponibilità finanziarie di Comune e Regione. E così il cerchio si chiude implacabilmente sulle spalle degli inquilini.

Ci sono in conclusione tutte le ragioni per rendere conto al Comune e all'ATC di tutte queste richieste di revoca delle assegnazioni.



2) COMMENTI SULLA RIUNIONE DEL “TAVOLO”

L'assessore ai Servizi Sociali ha convocato il “tavolo” delle emergenze abitative il giorno 26 novembre 2007; la prima volta dopo il suo insediamento. Il tavolo era stato convocato l'ultima volta, dalla precedente amministrazione, nel mese di maggio. Le ragioni di questo ritardo già si intuivano dalla lettura delle dichiarazioni dell'assessore rilasciate nel frattempo alla stampa cittadina. Che fretta c'era se si ritiene che “tutte le assegnazioni di alloggi popolari devono passare attraverso la graduatoria dell'ATC essendo quella di emergenza solo una opportunità offerta ai furbi, a quelli che fanno carte false pur di passare davanti agli altri”.

Alla riunione erano presenti tutti i componenti il “tavolo” (atc, prefetto, asl, piccoli proprietari, sindacati, associazioni, assessorato). L'assessore ha argomentato il suo orientamento in materia di politica abitativa.

  1. Per quanto riguarda il “tavolo delle emergenze”, l'intenzione è di modificarne radicalmente la funzione. Da organismo che conferma e rende pubblico un lavoro di istruttoria sul disagio abitativo di persone e famiglie, ed accredita o meno una situazione di emergenza attraverso l'inclusione o esclusione da una graduatoria, ad organismo di consultazione dell'assessorato sulle scelte e i programmi in materia di politiche abitative. I diretti collaboratori dell'assessore hanno confermato (è meglio citarli perché erano tutti presenti, Bianco e Ferraris, Sorrentino e Lisa).

  2. Per quanto riguarda le “emergenze” l'intenzione è di considerare come tali solo le situazioni personali e familiari che normalmente vengono “prese in carico” dall'Ufficio Minori e dagli uffici dell'assessorato che si occupano di handicap, vale a dire bisogni abitativi definibili in relazione ad altri bisogni e in un progetto di reinserimento sociale. In ogni caso la residenzialità pubblica dovrebbe essere offerta a tempo (6-18 mesi), in alloggi “parcheggio”, e con contratti “amministrativi”, cioè fuori dalle leggi 46/95 e 431/98.

  3. Per quanto riguarda i “bisogni abitativi” in senso lato, vale a dire quelli normalmente definiti nel corso dei bandi biennali dell'atc, l'intenzione e quella di approntare strumenti che favoriscano l'incontro tra domanda di residenzialità e offerta del mercato privato delle locazioni, nonché gli strumenti che possano sostenere la locazione e promuoverla.

L'intenzione di mutare radicalmente la funzione del “tavolo” non ha trovato consensi, soprattutto il giudizio sul lavoro passato è risultato irricevibile alla nostra associazione, all'atc, al prefetto. Quest'ultimo in particolare (Agresta) ha fatto osservare che una funzione di consultazione e di osservatorio sui problemi attinenti la condizione abitativa potrebbe essere assunta da un organismo in capo alla prefettura e agli enti locali già previsto in una recente legge nazionale.

Non ha trovato consensi neppure l'intenzione di usare contratti “fuori legge”, impugnabili da un punto di vista giuridico e praticamente inefficaci perché danno per scontata una “mobilità sociale” delle persone e delle famiglie che nella realtà non esiste.

Insomma, non solo a giudizio della nostra associazione l'attuale gestione dell'emergenza va confermata, modificando il regolamento se necessario, rendendola ancora più trasparente e responsabilizzante sia per i cittadini che per gli operatori pubblici.

Per quanto riguarda invece l'intenzione di usare tutti gli strumenti disponibili per favorire l'incontro tra la domanda di residenzialità e l'offerta del mercato privato delle locazioni, che ha già mosso alcune azioni dell'assessorato (incontri con le federazioni delle cooperative, incontri con la piccola proprietà edilizia), il confronto può farsi assai concreto, purché non si dimentichi che questi strumenti, già operanti altrove, incontrano solo una parte della domanda di residenzialità e precisamente quella meno gravata da condizioni di precarietà economica e di relazione.

Quando si parla di interventi a sostegno della locazione, per esempio, il contributo erogato dal “Fondo Nazionale” (istituito con la 431/98), in relazione a soglie di reddito e di canone, non si può ignorare che il finanziamento di questo Fondo, fin dal primo momento della sua esistenza, è stato a diminuire (-41 % dal 2002 al 2006) cosicché ne è risultata compromessa l'efficacia in modo grave (l'incidenza del canone sul reddito non è mai scesa al di sotto del 50 %, dovendo essere del 14 % per i redditi più bassi e del 24 % per gli altri). Non solo si sono ridotti i finanziamenti, ma si sono modificati i requisiti d'accesso rendendoli più selettivi. Tutto questo mentre nello stesso periodo i canoni salivano mediamente del 5,3 % all'anno.

Ad Asti (dati 2005) il contributo ha coperto non più del 30 % del valore dei canoni con un canone medio di 350 euro/mese. Analogamente per ciò che riguarda il Fondo Sociale previsto dalla legge regionale 46/95, la perdita di efficacia è facilmente documentabile. Sono in continuo aumento, per esempio, le cosiddette morosità “incolpevoli” in una tendenza a crescere del totale delle morosità nonché l'aumento delle richieste di revoca delle assegnazioni.

Questo incontro tra domanda di residenzialità e offerta del mercato privato non può essere affidato alla spontaneità del mercato o delle parti. C'è intanto da tenere presente un dato fornito dal Secit (il servizio ispettivo delle Entrate), vale a dire che la metà circa dei contratti di locazione risultano irregolari (anche la nostra associazione ne ha avuto la prova in un caso di sfratto recentemente trattato). Inoltre, tutte le Agenzie delle Entrate segnalano che i contratti di locazione “convenzionati” a norma dell'art.2 della 431/98 sono una percentuale bassissima (attorno al 3 %) del totale dei contratti, sono pertanto in percentuale bassissima le parti, inquilini e proprietari, che apprezzano i vantaggi (canone calmierato e riduzioni fiscali) di quel tipo di contratto.

Ci sono infine anche i dati sul patrimonio sfitto che dimostrano come il mercato insegua rendite e profitti assai più che dei bisogni dei cittadini. Dall'ultimo censimento Istat risulta che in Piemonte a quella data (2001) c'erano 430 mila circa alloggi sfitti. Ad Asti fonti più recenti indicano in più di mille gli alloggi sfitti. Risulta evidente da questi dati che se si vuole quell'incontro è necessario avere un minor rispetto della proprietà e si devono usare soprattutto strumenti urbanistici; richiesta che la nostra associazione rivolge da anni alle giunte comunali di ogni colore politico.

In questo contesto risulta più che giustificata la richiesta della nostra associazione di procedere a requisizioni, nella forma già sperimentata con successo altrove, di alloggi sfitti da anni di proprietà delle immobiliari.

Altrove, non ad Asti, in sede di Piani Esecutivi, quindi in regime convenzionato più generale, le proprietà sono state impegnate a cedere in acquisto da parte del Comune, una quota di appartamenti di nuova costruzione in alternativa la stessa quota è stata resa disponibile alla locazione ma solo a canoni calmierati a norma di art.2 della 431/98. Ad Asti l'unico strumento urbanistico attivato per rispondere al bisogno abitativo non soddisfatto dal mercato è la variante che impegna Il Comune a versare ad un fondo straordinario “per la casa” il 20 % del ricavato delle vendite di immobili di sua proprietà. Peraltro questo “fondo” appare agli osservatori esterni totalmente “oscuro” (a quanto ammonta, che uso se ne fa, quali vendite l'hanno incrementato, previsioni future).

Altri strumenti sono previsti e finanziati, attraverso progetti messi a bando, dal recente “piano casa” della Regione Piemonte. C'è già l'interesse dell'assessorato per alcuni di questi, in particolare “l'agenzia per la locazione”, che assume a modello l'esperienza dell'agenzia “Locare” di Torino, nonché progetti di nuova costruzione o recupero di edifici fatiscenti affidati alle capacità imprenditoriali di cooperative che agiscono con forti finalità sociali.

L'osservazione che viene fatta in generale, da agenzie pubbliche e private, in sede di inchiesta sulla condizione abitativa è che questi strumenti, anche quando funzionano in modo positivo, non risolvono il problema sociale e non riescono a coprire il divario che tende ad aumentare tra domanda e offerta di residenzialità, convenzionata o sovvenzionata che sia. Ci sono alcuni indicatori assolutamente significativi: la dinamica del n° delle domande presentate ai bandi biennali, l'incidenza del n° delle domande soddisfatte sul totale delle domande, la dinamica delle domande ai bandi per il “contributo affitto”, l'incidenza delle domande soddisfatte, sul totale delle domande. Per quanto riguarda il “contributo affitto” si è già detto, per quanto riguarda i bandi per le assegnazioni di alloggi popolari (elaborazioni della Regione, della Federcasa e dei Sindacati), nei comuni ad alta tensione abitativa, l'incidenza delle domande soddisfatte è sempre al di sotto del 8 % del totale delle domande. Ma bisognerebbe anche mettere in evidenza anche il modo escludente in cui agiscono le caratteristiche edilizie degli alloggi disponibili e gli stessi requisiti dei bandi. Le famiglie con un alto numero di componenti risultano le più penalizzate e all'interno di queste la maggioranza sono famiglie di extracomunitari.

La riunione ha messo in evidenza che l'analisi del contesto sociale del problema, della sua complessità e rilevanza, non ha alcuna tradizione nell'assessorato, dove gli operatori indulgono fin troppo spesso in considerazioni moralistiche o di facciata. Valgano a questo proposito alcuni giudizi e osservazioni contenute in una relazione recentissima (giugno 2007) della Corte dei Conti, da cui risulta tra l'altro che Asti non costituisce una eccezione negativa. In generale (nell'insieme delle Regioni) mancano “dati certi ed attendibili che diano l'esatta misura sia della consistenza del patrimonio (residenziale) che dell'estensione e delle caratteristiche della domanda sociale” e “l'indagine ha messo in evidenza la generale mancata individuazione da parte delle Regioni di criteri e procedure specifiche di rilevazione del fabbisogno (abitativo)”.

La sopravvalutazione delle situazioni di irresponsabilità sociale, che pure esistono e vanno rimosse non solo con interventi autoritari e repressivi, rischia di negare o sottostimare il problema sociale, gravissimo, vale a dire un problema imposto a persone e famiglie dal modello sociale dominante.

Questo problema è ormai connotato così, con gli inevitabili riferimenti alle asprezze del mercato dl lavoro e del mercato delle locazioni, da agenzie private e pubbliche di ogni ordine e grado, dai partiti, dall'anci e da Federcasa. Questo problema può essere affrontato con qualche successo da una politica per la casa in grado di dare risposte differenziate, comprese quelle di sostegno alle locazioni, e soprattutto in grado di far crescere rapidamente l'offerta di residenzialità.

Dunque il problema sociale esiste ma alcune propedeutiche dovrebbero ormai risultare chiare e indispensabili. Proviamo ad elencarle, come abbiamo fatto più volte, in richieste e confronti con assessorati di giunte di diverso colore politico:



  1. L'analisi del fabbisogno abitativo in primo luogo. Non basta dire che il bisogno è differenziato e per gruppi sociali diversi segue dinamiche completamente diverse (per esempio la composizione dei nuclei familiari); è necessario documentarlo con strumenti di inchiesta e di monitoraggio adeguati.

  2. L'analisi delle disponibilità residenziali in secondo luogo, di edilizia pubblica e privata, delle dinamiche in corso soprattutto di quest'ultima (quanti pecli in programma, quanti alloggi sfitti, le ragioni sociali in capo alla proprietà).

  3. L'analisi dell'efficacia degli strumenti già approntati e funzionanti messa a confronto con l'andamento del mercato del lavoro e immobiliare e l'andamento delle vecchie e nuove povertà.

  4. La capacità di mettere in rete enti e associazioni che si occupano del problema per un approccio partecipato, trasparente e responsabilizzante per tutti.

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