La frequentazione dei tavoli attivati per fronteggiare l'emergenza abitativa non è stata finora molto incoraggiante. Intanto tre tavoli sono davvero troppi e segnalano una difficoltà di rapporti tra le istituzioni che andrebbe superata. Per cogliere tutta la gravità del problema sociale e per rappresentarne meglio i nessi con i contesti più ampi di quelli del comune capoluogo, sarebbe meglio averne uno, in capo al Prefetto.
Poi c'è la modestia
del risultato che smentisce l'intenzione di muovere la
partecipazione e la responsabilità di tutti gli attori dei tavoli;
tra i quali non mancano quelli accreditati di una buona esperienza.
Siamo ancora alla formazione di una lista delle emergenze abitative
perché non c'è chiarezza sui criteri con cui comporla e perché
non si sa ancora quale uso ne verrà fatto. Ci sono evidentemente
delle resistenze ad uscire da una situazione fortemente condizionata
dai trascorsi della giunta e in particolare dell'assessorato ai
Servizi Sociali. Quest'ultimo brilla per l'approssimazione degli
approcci, un modo per non definire gli indirizzi da molti auspicati,
la nostra associazione compresa.
Tali resistenze
devono cadere al più presto. Questa è la condizione per
confermare la presenza della nostra Associazione ai tavoli. La nostra
associazione non viene da una discussione accademica e non ha compiti
filantropici. Come è noto la nostra ultima campagna di difesa del
diritto all'abitare ha avuto inizio nel giugno del 2009, con decine
di contrasti degli sfratti e due occupazioni e le nostre azioni
non sono mai state prive di argomenti o improvvisate anzi, la nostra
pedagogia, essendo quella della responsabilità, della
consapevolezza e della partecipazione, ha lasciato sempre aperta
la porta del dialogo, con tutto quello che impone il dialogo quando è
reale, cioè alla pari e senza pretese egemoniche.
Le
nostre considerazioni cadono in una situazione tutt'altro che
pacificata, con un bisogno abitativo sempre più insoddisfatto
(sfratti, affollamento delle graduatorie atc), con una disponibilità
di alloggi a canone sociale o popolari ancora residuale
(la sequenza delle consegne di nuovi alloggi popolari al Comune è lì
a dimostrarlo:
15 nel 2005, 0 nel 2006, 0 nel 2007, 18 nel 2008, 0 nel 2009, 0 nel
2010, siamo ad agosto del 2011 e i 108 annunciati si devono ancora
vedere e non saranno disponibili tutti in
una volta), e con degli interlocutori istituzionali che continuano a
declinare il diritto alla casa come il dividendo futuro della
pazienza odierna di centinaia di aspiranti assegnatari (molti più
volte iscritti nelle graduatorie atc) e di centinaia di famiglie in
difficoltà economica, tutti cittadini che si arrangiano come
possono, tra filantropia, solidarietà familiare e amicale e
condizioni abitative spesso insostenibili (coabitazioni,
sovraffollamenti, abitazioni con parametri igienico/sanitari fuori
norma). Quella pazienza non fa
parte della nostra pedagogia, è bene dirlo, perché è il
segno di una falsa coscienza della situazione sociale, una
inconsapevolezza che fa il gioco di chi continua a speculare sul
diritto alla casa.
In
quanto agli strumenti pubblici e privati di prevenzione degli
sfratti o di accompagnamento sociale ad una abitazione vorremmo
che se ne facesse subito un bilancio, con la disponibilità di dati e
di tendenze, perché è evidente, almeno a noi, l'utilità di poter
disporre di più strumenti di contenimento dell'emergenza abitativa.
Anche su questo tema ai tavoli siamo agli annunci e alle
approssimazioni. Il centro di accoglienza provvisorio (c'è una
convenzione tra Maina e Comune della durata di 6 mesi) ancora in
allestimento, se non funziona come supporto di un progetto abitativo
da casa a casa, serve solo per sbarazzarsi in modo “leggero” del
problema. Dunque su questi tavoli c'è ancora troppo poco.
Sintetizziamo di seguito il nostro punto di vista, in relazione a
quello che ci dovrebbe essere, a nostro avviso, per fare un passo
avanti.
Cominciamo dalle
occupazioni. Persino un giudice ha riconosciuto “lo stato di
necessità” delle famiglie che le hanno agite. Noi le chiamiamo
“progetti di autogestione di un bene pubblico”, secondo la
pedagogia di cui abbiamo detto più sopra e con il chiaro proposito
di sottrarre quegli edifici alla speculazione immobiliare. Ci
aspettiamo finalmente un atteggiamento positivo, vale a dire la
rinuncia ad ogni atteggiamento punitivo (prerogativa dei soli
giudici) verso le famiglie occupanti e proposte di uso sociale degli
edifici. Noi le nostre proposte le abbiamo già fatte e per quanto
riguarda le famiglie di via orfanotrofio ci aspettiamo, per ovvie
ragioni, che sia riconosciuta la loro residenza lì (dopo nove
mesi di occupazione e come è stato giustamente fatto in via Allende)
e che si trovi una soluzione meno onerosa della presente di
allacciamento delle utenze. Ci aspettiamo inoltre che sia
confermato l'utile inserimento in graduatoria atc delle famiglie
occupanti che hanno già avuto l'accesso al bando (ci è giunta
la notizia aberrante della cancellazione dalla presente graduatoria
atc di una famiglia perché “occupante” in via Orfanotrofio, ci
auguriamo che non sia vera).
Per quanto riguarda la
gestione delle emergenze, il loro censimento, le eventuali
assegnazioni “fuori graduatoria” ci aspettiamo l'approvazione
di una delibera fotocopia di quella votata recentemente nel comune di
Biella. Vale a dire il riconoscimento puro e semplice di tutte le
azioni di contenimento dell'emergenza che sono previste dalla nuova
legge regionale, compreso il rispetto del principio di uguaglianza.
Ci sembra assolutamente evidente che queste azioni
di contenimento perdono
tutto il loro valore
e diventano l'ennesimo capitolo di una guerra tra poveri (che è già
in atto) se non sono accompagnate da un
aumento della disponibilità di nuovi alloggi.
Senza questa disponibilità in tempi brevi, lo spirito solidaristico
della legge sarebbe evidentemente tradito. Per questo insistiamo su
un uso sociale degli edifici occupati.
A proposito di
disponibilità di alloggi a canone sociale, non spetterebbe a noi
indicare possibili utili provvedimenti nei confronti di chi
(immobiliari e enti pubblici) possiede immobili vuoti da anni
e di chi (immobiliari, banche, assicurazioni) continua ad
edificare in città. L'elenco del vuoto andrebbe fatto, di quello
pubblico e di quello privato. Noi abbiamo provato a farlo indicando
alcuni edifici da manuale (ferrotel, via Bistolfi, strada al Fortino,
via Allende, via Orfanotrofio).
Noi siamo una
associazione di volontariato, iscritta all'albo regionale, che tutela
“interessi diffusi”, null'altro. Abbiamo però gli occhi per
vedere e la cultura per intendere. Il nostro suggerimento è che si
smetta di trasformare le case in attività patrimoniali e in acqua
per il mulino della finanza. Le convenzioni edilizie ed
urbanistiche se si fanno, possono contenere clausole sociali.
A meno che non si sposi la causa del “partito del mattone”, è
davvero difficile non vedere quei monumenti all'ingiustizia e alla
speculazione immobiliare che sono i grattacieli in costruzione
alla ex saffa, con alloggi ad esclusivo appannaggio dei ceti
medio/alti della città, e quello annunciato dalla trasformazione
della torre dell'acquedotto in edificio residenziale di 13 piani
(singolare che si parli di destinazione ad edilizia residenziale
prima ancora di aver approvato la necessaria variante).
Coordinamento Asti-Est
Asti 07/09/11
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