Premessa
Abbiamo
deciso di precisare il nostro punto di vista su alcune questioni già
discusse o che si discuteranno il 28 e oltre, pensando di fare cosa
gradita ai nostri interlocutori, che sappiamo interessati ad un serio
confronto.
Il
carattere sociale dell'emergenza abitativa.
Se
non si coglie questo carattere, come purtroppo accade spesso nel
corso di questa discussione, si cade fatalmente in misure che forse
riducono provvisoriamente il danno ma allontanano la soluzione del
problema e contribuiscono a scaricare sulle vittime la responsabilità
e i costi della presente crisi.
L'emergenza
c'è perché a suo tempo qualcuno ha pensato di affidare al mercato
la tutela del diritto all'abitare. A distanza di un po' di anni il
risultato è sotto i nostri occhi: non ci sono case popolari, o se
ci sono lo sono in misura residuale, gli alloggi a canone calmierato
sono offerti ad una fascia di bisogno abitativo che non si sovrappone
a quella censita agli sportelli dell'assessorato e delle
associazioni, le locazioni sul libero mercato sono inaccessibili per
persone famiglie con redditi modesti o intermittenti.
Ma
c'è un altro aspetto di quella scelta, che dovrebbe muovere
l'indignazione insieme alla necessità di prendere provvedimenti
fuori dell'ordinario. All'emergenza abitativa e sociale di una parte
della popolazione corrisponde, con l'ovvia mediazione del mercato, la
ricchezza e l'opulenza di una altra parte della popolazione, quella
sicuramente frequentata dalle corporazioni del mattone, della finanza
creativa, ecc.
Chi
non vede tutto ciò, questa ormai insopportabile disuguaglianza,
solleva scandalo per la “occupazione” di un edificio residenziale
di proprietà pubblica, abbandonato all'incuria e ai vandalismi in
attesa di “valorizzazione” (via Allende) e non commenta con una
sola parola i veri monumenti alla disuguaglianza che si stanno
costruendo sull'area ex saffa, i due grattacieli, mirabilia di
moderne e risparmiose tecnologie costruttive, per appartamenti da 4
mila euro a mq e ancora più costosi superattici, già tutti venduti
(notizia riportata dalla Nuova Provincia)
E'
vero che la presente crisi sociale non si risolve ai nostri tavoli
(del Prefetto e dell'Assessore), ma ai nostri tavoli dovremmo avere
almeno la consapevolezza di questo limite, dovremmo allontanare
l'idea che l'emergenza abitativa possa ridursi a questione
psicologica o di azzardo morale e dovremmo più propriamente parlare
non di generiche famiglie ma di “famiglie fuori mercato” (o di
“naufraghi dello sviluppo”), vale a dire famiglie che loro
malgrado vivono situazioni di emergenza abitativa. C'è già
abbastanza violenza in queste situazioni. Basterebbe ragionare un
attimo sul dramma che nasce quando sono minacciate relazioni e
affetti familiari, quando la residenzialità si dissolve e dissolve
le relazioni sociali più ampie, per rendersene conto.
Con
questa consapevolezza noi giudichiamo aberrante l'idea di rendere la
vita scomoda alle famiglie facendone ruotare il domicilio in alloggi
avuti dai privati o approntati dall'ente pubblico, per un uso
limitato nel tempo. Le famiglie non sono valigie, non solo cavie per
gli esperimenti di improvvisati psicologi con il culo al caldo e
tutte le sicurezze di questo mondo garantite. Si può, si deve,
sottoscrivere con i proprietari la clausola della restituzione in
disponibilità degli alloggi, ma non si può far sottoscrivere alle
famiglie la clausola della migrazione in emergenza. E l'ente pubblico
non può distribuire chance truccate (la foresteria al Maina) alle
famiglie che il problema hanno tentato di risolverlo da sole,
occupando edifici pubblici dismessi o in attesa di “valorizzazione”.
L'unica migrazione accettabile, fatti salvi tutti i requisiti
socio/economici richiamati dalle legge sull'edilizia residenziale
pubblica, è quella da casa a casa, dove per casa si intende un luogo
in cui si possa ricostruire una residenzialità. Se questa condizione
non è possibile, significa che il problema sociale resta aperto ed
ognuno deve assumersi le proprie responsabilità.
Che
fare ? Certo bisogna rimuovere la pigrizia mentale e avere coraggio,
lo stesso coraggio che hanno le famiglie che per difendere il loro
diritto e la loro dignità violano consapevolmente una legalità
ingiusta e subiscono processi e condanne. La città e piena di
edifici vuoti. Il gigantesco convento di clausura della Isnardine
ospita tre suore, perché non può ospitare delle famiglie ? Gli
edifici residenziali vuoti da anni, mai abitati, di via Bistolfi
perché non requisirli ? L'edificio residenziale di via Allende, di
proprietà pubblica, inchiodato alla sua primitiva inutile funzione
(in città non ci sono caserme o distaccamenti militari), perché non
fa muovere nei palazzi ministeriali l'opposizione politica di Asti ?
Tira
davvero una brutta aria e sembra proprio che qualcuno tenti di usare
l'emergenza per approssimare nuovi strumenti di controllo del
conflitto sociale. L'idea di una emergenza continua in cui affogare
lentamente le famiglie e il loro malessere non permetteremo che si
faccia strada.
L'accompagnamento
sociale
Quanto
detto sopra non toglie nulla alla necessità di un “accompagnamento
sociale” delle famiglie in emergenza abitativa, sul quale però
bisogna intendersi. L'associazione lo agisce (presume di agirlo) con
le famiglie che “occupano” in via Orfanotrofio e in via Allende e
il fatto che lo agisca in una situazione di “illegalità” non ne
muta il senso e le finalità. Si tratta essenzialmente di sollecitare
la responsabilità delle persone/famiglie in ordine al problema in se
e in ordine al contesto sociale. Il che significa renderle
protagoniste della loro storia, con/dividere progetti e soluzioni
individuali e collettive, dotarle di strumenti per frequentare i vari
mercati, delle locazioni e del lavoro, con il massimo di conoscenza e
dunque di efficacia, compatibilmente con la situazione di crisi
sociale presente. L'associazione definisce i risultati di un tale
accompagnamento come “presa di coscienza” e non esclude, perché
sono implicite nelle modalità su esposte, forme di controllo e di
autocontrollo delle singole situazioni.
La
questione delle riserve
*
NL=Nuova legge, VL=Vecchia Legge
La
questione delle “riserve” (art. 10 della NL, art. 13 della VL),
vale a dire degli alloggi disponibili per far fronte alle emergenze
abitative, già discussa nelle precedenti riunioni, merita qualche
approfondimento.
Intanto
va chiarita qual'è la normativa di riferimento perché, come è
noto, la NL regionale ( n° 3 del 17/02/2010) non si è subito
sovrapposta, sostituendola, alla VL regionale quella (n° 46 del 1995
e s.a.) ma si è data dei regolamenti attuativi (11 regolamenti) che,
fino alla loro approvazione, lasciano la validità delle norme alla
VL. C'è insomma un trapasso non ancora concluso, perché non tutti i
regolamenti sono stati approvati, regolato da due indirizzi attuativi
della regione Piemonte (Circolare della Presidente della
Giunta Regionale 22 marzo
2010, n. 4/PET; art. 14 della L.R. 14 del 1/6/2010 per
interpretazione autentica degli art. 54 e 58). Per quanto riguarda le
riserve, lo stato dell'arte è dunque il seguente:
- per quanto riguarda le % valgono quelle della NL che, all'art. 54 ne stabiliva il corso dal 1 gennaio 2011;
- per quanto riguarda la classificazione di “emergenza”, il regolamento già approvato la descrive come sotto.
Art.
6 del Regolamento
Sono
considerate situazioni di emergenza abitativa, ai fini
dell'applicazione dell'articolo 10 della l.r. 3/2010, quelle dei
nuclei che:
- sono assoggettati a procedure esecutive di sfratto o a decreto di trasferimento conseguente a procedura esecutiva immobiliare o a rilascio dell’abitazione coniugale a seguito di sentenza di assegnazione all’altro coniuge;
- devono forzatamente rilasciare l’alloggio in cui abitano a seguito di ordinanza di sgombero o in conseguenza di eventi calamitosi che lo rendano inutilizzabile;
- abitano un alloggio dichiarato, dalla competente azienda sanitaria locale, non idoneo all'abitazione, in relazione alle condizioni di salute di uno o più degli occupanti;
- si trovano nella condizione dl profughi o rifugiati;
- risultano ospiti da almeno tre mesi di dormitori pubblici o di altra struttura alloggiativa procurata a titolo temporaneo dagli organi preposti all'assistenza pubblica.
Dunque,
i
comuni “sono
autorizzati ad assegnare un'aliquota non eccedente il 25 per cento,
arrotondata all'unità superiore, degli alloggi che si rendono
disponibili
su base annua,
al di fuori delle graduatorie di cui all'articolo 5, per far fronte
alle situazioni di emergenza abitativa previste con il regolamento di
cui all'articolo 2, comma 5. I comuni ad alta tensione abitativa sono
autorizzati ad assegnare un'ulteriore aliquota non eccedente il 25
per cento degli alloggi che si rendono disponibili su base annua, di
cui almeno la metà per far fronte alla sistemazione di nuclei
familiari soggetti a sfratto esecutivo”.
La
sottolineatura è nostra: degli
alloggi che si rendono disponibili su base annua,
dunque tutti gli alloggi, quelli di risulta e quelli di nuova
costruzione, non solo quelli di risulta.
La
Giunta del Comune di Biella, in armonia con il dettato e lo spirito
della legge ha deliberato, a febbraio di quest'anno, di assegnare
alle emergenze l'intera quota di legge (50 %) degli alloggi
disponibili
su base annua. Crediamo
che sia da seguire questo orientamento. Quello proposto nella
discussione (assegnare alle emergenze abitative una quota o l'intero
degli alloggi di “risulta”) è assai meno limpido ed efficace,
perché presuppone un chimerico rispetto dell'ordine della
graduatoria, dunque una falsa giustizia distributiva.
La
istruttoria delle emergenze
Va
fatta subito, definendone modalità e criteri (intanto ci sono quelli
stabiliti dal Regolamento appena citato), escludendo dal relativo
elenco, le famiglie che occupano gli edifici di via Allende e via
Orfanotrofio, che invece devono essere incluse, quando utilmente
collocate in graduatoria, tra quelle alle quali, normalmente e
nell'ordine della graduatoria, si offrono le case popolari in
disponibilità.
In
particolare per quanto riguarda le famiglie di via Orfanotrofio,
facciamo notare che quelle utilmente collocate in graduatoria, da 2 a
sette punti, sono sette su undici. Qualunque esodo si possa
immaginare delle famiglie che occupano, fatti salvi i requisiti delle
leggi in materia di edilizia residenziale pubblica, non può che
essere da casa a casa.
Per
quanto riguarda via Allende in particolare, dove il regime
proprietario e l'originale funzione ammettono in alternativa
all'attuale uso sociale, solo la vendita o cartolarizzazione, ciò
che l'associazione e le famiglie si aspettano, ed è ciò su cui non
tralasceranno qualsiasi azione, è il mantenimento del carattere
pubblico dell'edificio, il passaggio di proprietà al Comune e la
gestione all'atc, la permanenza o l'esodo da casa a casa delle
famiglie.
Va
subito detto che Il carattere simbolico di tutta la vicenda della
occupazione/autogestione di via Allende è altissimo e mette in
discussione la credibilità di tutti quelli che dichiarano ai tavoli
e ai quattro venti di voler affrontare concretamente il problema
della mancanza di alloggi popolari o a canone sociale. Tanto per non
dimenticare c'è ad Asti il precedente degli alloggi inpdap, in gran
parte consegnati alle immobiliari, e il tentativo fallito delle
associazioni di mantenerli di proprietà pubblica. Il contesto era
diverso e tutti erano presi da entusiasmo per le politiche
finanziarie e le vendite del patrimonio pubblico.
Chi
mantiene ancora oggi lo stesso entusiasmo possiamo ben considerarlo
fuori di cervello. E chi si fa schermo della attuale legislazione fa
finta di non vedere che non tutto ciò che è legale è giusto.
Il
Ferrotel
Il
gioco dei ruoli nella riunione a cui l'associazione non è stata
chiamata e il trattamento giornalistico che ne è seguito, hanno
cancellato dei precedenti che vale per sommi capi ricordare. La
palazzina, anche quella abbandonata da anni all'incuria e ai
vandalismi, è stata occupata da un kollettivo giovanile (le Pecore
Nere) e trasformata in un dignitosissimo e socialmente utile centro
di libere attività ludiche e culturali. La palazzina è stata
sgombrata con un violentissimo intervento delle forze dell'ordine
(una compagnia di militari in armi opposta a cinque ragazzini che si
cullavano nel sonno), in quel caso indubitabilmente e simbolicamente
usate come cani da guardia della possidenza e della proprietà
immobiliare. Tornato in attesa di valorizzazione (con 52
mila m2
di aree “al servizio delle ferrovie” e circa
7000 m3
di edilizia residenziale variamente distribuita su quelle aree), e
nell'attesa murato è tornato d'attualità nel novembre del 2009 sul
tavolo di una riunione sollecitata dalle Associazioni (Coordinamento
Asti-Est, Associazione Amal, Varie&Eventuali, AISAP, Collettivo
Sherwood, Associazione A Sinistra, Cobas Asti.). alla riunione
tenutasi presso l'assessorato all'urbanistica hanno partecipato:
Assessore Urbanistica, Assessore Servizi Sociali, Direttore Atc,
Funzionario ferrovie, Funzionario finanziaria ferrovie, Funzionario
Fondazione, Associazioni Coordinamento e A Sinistra.
L'ipotesi
caldeggiata, soprattutto dal funzionario delle ferrovie, è stata la
seguente: Comune
e Ferrovie avrebbero convenuto sul valore mercantile delle aree in
questione, successivamente uno cambio di destinazione d'uso di una
parte delle aree avrebbe compensato la vendita del restante al
Comune. Restava da stabilire come e da chi verrebbe finanziato sulle
aree di proprietà del Comune il centro di accoglienza o altra opera
di interesse pubblico. L'atc ha dichiarato di non avere risorse
economiche, i funzionari del Comune idem, la Fondazione ha dichiarato
una disponibilità vincolata ad un progetto di social housing; si è
ipotizzata qualche risorsa dal piano casa regionale. Questa ipotesi è
stata trasferita in una sorta di protocollo, sottoscritto dai
presenti, di cui si è persa la traccia.
Nel
corso della stessa discussione, sempre in una ipotesi “di
convenienza reciproca”, si è valutata l'eventuale utilizzazione di
tutti o di parte (quelli dei caselli non ancora demoliti) dei m3
disponibili. Con un trasferimento di volumetria sul ferrotel, e
con un intervento di ristrutturazione e ampliamento si sarebbero
potuti ottenere 30 alloggi di erp.
Sarebbe
in ogni caso interessante sapere che fine ha fatto quel protocollo e
che sul nuovo, dato per certo dai giornali, l'esame/confronto fosse
esteso alla associazioni, la nostra compresa, Stop al consumo di
territorio compresa.
Assegnazioni
fuori graduatoria con convenzioni a tempo
Anche
in questo caso va chiarita la normativa di riferimento. La NL (art.
10 comma 3) prevede il ricorso alla convenzione a tempo come una
eccezione del generale regime di convenzionamento,
infatti riserva la provvisorietà della sistemazione abitativa alle
“situazioni
di particolare urgenza”
e anche in deroga dei requisiti di cui all'art. 3. A rimarcare
l'eccezione, le
convenzioni a tempo non possono essere prorogate o rinnovate.
Prevedere
sistemazioni provvisorie per tutte le assegnazioni fuori graduatoria
è un orientamento che tradisce
in pieno lo spirito della legge
inoltre postula una mobilità delle famiglie completamente fuori
contesto.
Nel
presente contesto di crisi sociale dire “emergenza abitativa” è
assolutamente fuorviante, bisognerebbe dire, con un linguaggio molto
più aderente alla realtà “fuori mercato”. Oggi, il 90 % delle
emergenze abitative è rappresentato da famiglie in cui si lavora
senza diritti, dunque con redditi nulli, modesti e intermittenti, che
impediscono di varcare la soglia di accesso al mercato delle
locazioni.
Da
questo punto di vista, tutte
le assegnazioni con convenzione a tempo al momento scadute,
dovrebbero essere trasformate in convenzioni a tempo indeterminate.
Fatti
salvi ovviamente i requisiti di accesso di cui all'art. 3.
La
graduatoria in vigore
Un
esame della graduatoria oggi in vigore, delle assegnazioni fatte e
delle rinunce, mostra che il rispetto dell'ordine della graduatoria è
stato una chimera e ha premiato le famiglie meno numerose e senza
anziani o handicap. La tipologia delle famiglie in graduatoria è
infatti assai varia e a questa varietà, ancor più nelle
ristrettezze presenti, non corrisponde affatto una varietà di
alloggi disponibili. Il risultato è che restano penalizzate e senza
assegnazione le famiglie numerose o che comprendono anziani o
handicap, perché gli alloggi che si rendono disponibili sono di
piccola superficie o hanno barriere architettoniche.
La
scelta fatta dall'assessore di far firmare alle famiglie interessate
una liberatoria delle norme del “Regolamento delle procedure di
assegnazione degli alloggi di edilizia sociale, in attuazione
dell'art.2, comma 5, della LR 17 febbraio 2010, n°3” e assai
discutibile. Bisognerebbe invece procedere (non lo si è mai fatto)
con un programma di cambi forzosi, come prevede anche la NL, per
eliminare le situazioni di sottoutilizzazione degli alloggi (che sono
certamente più di cento) nonché con interventi di eliminazione
delle barriere architettoniche.
Art.
10. del Regolamento
(Modalità
di rinuncia all’alloggio)
- I concorrenti utilmente collocati in graduatoria non possono rinunciare all’alloggio ad essi assegnato, salvo nel caso in cui questo non risulti adeguato alla composizione del loro nucleo in riferimento ai parametri stabiliti nell’allegato B.
- I concorrenti utilmente collocati in graduatoria possono, inoltre, rinunciare all’alloggio ad assi assegnato, qualora presenti barriere architettoniche incompatibili con la situazione di invalidità di uno o più dei componenti il nucleo o non risulti idoneo in relazione alla presenza nel nucleo di documentate gravi situazioni dl salute.
- In caso di rinuncia ad alloggio inadeguato ai sensi dei commi 1 e 2. il concorrente non perde il diritto a future assegnazioni di alloggi e mantiene la propria posizione nella graduatoria, per il periodo di validità della stessa.
La
liberatoria annunciata può mettere una toppa ma serve soprattutto a
nasconder problemi che in seguito potrebbero aggravarsi. Sarebbe
intanto necessario che le rinunce fossero documentate nel corso delle
successive riunioni.
L'osservatorio
Sarebbe
intanto necessario portare all'esame delle prossime riunioni i dati
da subito reperibili, ne elenchiamo alcuni:
L'andamento
degli sfratti esecutivi in città (Prefettura)
Il
numero degli alloggi sottoutilizzati (atc)
Il
numero e le motivazioni delle rinunce degli alloggi (Comune)
Il
numero delle assegnazioni provvisorie (art.26 NL) (Comune)
Il
numero delle decadenze in atto (art.27 NL) (Comune)
Il
numero dei contratti di locazione sottoscritti tramite l'agenzia CASA
Il
numero delle emergenze abitative variamente censite dalle
associazioni, dal Comune
Dati
sulle tutele attivate dalla Caritas
Asti
25/06/11
per
il Coordinamento Asti-Est, Egle Piccinini, Luca Squilia, Mario
Malandrone, Samuele Gullino, Oreste Borra
Nessun commento:
Posta un commento