mercoledì 6 luglio 2011

Brecht ne ha tessuto le lodi della dialettica


Brecht ne ha tessuto le lodi. La dialettica non è la chiacchiera, è uno strumento del pensiero per indagare la realtà nei suoi processi e nelle sue contraddizioni, nelle sue dinamiche e nei suoi annunci. Dovremmo farne un uso migliore, perché la realtà non è mai uguale a se stessa. 

Tutta la nostra azione non è conforme ai valori e agli assetti sociali dominanti. La particolarità sta nel fatto che le classi sociali dominanti non sono più tanto sicure di se stesse, i loro valori vacillano, traballano gli assetti sociali in cui si cristallizza il loro potere e la loro visione del mondo. L'altra particolarità sta nel fatto che le classi subalterne, alla fine di un ciclo storico che le ha viste prima protagoniste e poi sconfitte, non hanno ancora elaborato una alternativa, all'altezza delle presenti contraddizioni sociali. Insomma anche nel nostro campo le incertezze non sono poche.
La circostanza la chiamiamo sbrigativamente crisi.
Ogni crisi ha le sue caratteristiche, su queste dovremmo chiarirci meglio. Ci serve il seminario di cui abbiamo parlato. In ogni caso non ci muoviamo nel vuoto ma configgendo in varie forme e sperimentando. Sono le nostre pratiche sociali che ci orientano. Il giudizio che diamo sui nostri interlocutori istituzionali o su quelli più legati al recente quadro istituzionale, lo misuriamo su quel che ci rimandano, in comportamenti e pensieri, quando ci relazioniamo con loro. Non possiamo ignorare gli effetti spiazzanti della crisi su questi interlocutori, dobbiamo lavorarci su ed è quello che stiamo facendo e sbagliamo quando non apprezziamo questo nostro lavoro. I cliché non ci servono, ogni tanto nei nostri discorsi ne appare qualcuno.
Tra questi interlocutori ci sono quelli che hanno il monopolio della forza ma non abbiamo nessun interesse a precipitare in confronti sulla forza tutto quello che costruiamo in confronti sulle idee, i progetti, le visioni del mondo. Neppure loro hanno questo interesse, non solo per lo spiazzamento di cui dicevo prima, ma perché il loro ruolo si esercita con strumenti di controllo, molto meno con strumenti brutalmente repressivi (i sociologi ci hanno avvertito da un pezzo che siamo passati dalla società del comando a quella del controllo). Questo non significa esorcizzare il confronto sulla forza ma prepararlo meglio. Cominciamo a parlarne in pubblico, della resistenza passiva, della necessità di disobbedire a leggi ingiuste. Mai come adesso vale l'adagio, che anche l'ultimo dei giudici conosce, “non tutto ciò che è legale è giusto”. In questo senso le nostre azioni sono “azioni fuori controllo” e la nostra necessità è la “necessità di rompere lo spettacolo”. Ci sono settori del movimento che descrivono questa fase come una una fase costituente. Che vuol dire costituente ? In parole povere, saper risalire la china che ci trova spossessati della nostra rappresentanza e della nostra sovranità e farlo senza voltarci troppo indietro, sperimentando nella pratica sociale idee e risultati. Ci stiamo misurando con il potere, è una cosa seria che non ammette nessun compiacimento.
E poi ci sono gli altri interlocutori, quelli che per collocazione di classe non sono organicamente in conflitto con noi. E' la differenza tra un immobiliarista e un professore di università, tra un imprenditore e un precario oppure tra il presidente della confindustria locale, il presidente della caritas o il segretario del sindacato confederale. Sono gli interlocutori che vogliamo considerare nostri potenziali alleati o compagni di strada e con i quali, complice la gravita della crisi sociale, abbiamo aperto un dialogo. Un dialogo si fa in due, con pari dignità. Certo bisogna condurlo senza cancellare alcuna differenza, senza compromissioni. Anche in questa questione non dobbiamo dimenticare elementi di analisi che pure di tanto in tanto pronunciamo. La democrazia è stata così prosciugata dei suoi elementi essenziali, vale a dire il confronto tra alternative sociali, gli spazi di compromesso, non compromissioni, che il suo esercizio si risolve troppo spesso in riti che non alterano minimamente il potere della possidenza. In altre parole quando mettiamo una questione sociale alla prova della democrazia partecipata ci accorgiamo di doverla porre subito in tutto il suo valore politico, la concretezza di un bisogno o un diritto che deve essere soddisfatto o negato.
In questo contesto anche la questione della coscientizzazione (della consapevolezza, della coscienza politica) si pone in modo inedito e risulta estenuata ogni passata schematizzazione/metodologia. Anche il più modesto agitatore sociale o persona “che sente il dolore del mondo” è spinto a lavorare sul senso di quel che fa e sulle metodologie per aggiungere quel senso alle ragioni più dirette di chi si ribella alle ingiustizie e alle oppressioni di questa società globalizzata.
Il populismo ha già dato le sue prove peggiori, forse da noi sta tramontando, ma il rischio è sempre presente e non lo esorcizziamo immaginando che questa battaglia di senso sia già vinta e i vittoriosi siano quelli che si rivoltano. Tra l'altro, anche in questo campo ci aspettiamo uno scambio, non siamo così presuntuosi dal credere che le altre culture passino vicino a noi lasciandoci indifferenti. Si chiamava egemonia, il prevalere nelle relazioni sociali di una visione del mondo piuttosto che di un'altra. Altra parola che incontreremo nel nostro seminario.
Gli obiettivi delle nostre azioni più prossime sono due e li indichiamo continuamente nelle nostre parole e nei nostri testi. Lo facciamo con riferimento a situazioni concrete, alla nostra pratica sociale concreta. Anche questa modalità ci caratterizza, ci permette di argomentare i nostri progetti e i nostri obiettivi senza troppe astrazioni (la società dello spettacolo è fatta di astrazioni). In particolare per via Allende, adesso che la proprietà si è fatta viva e ha chiesto al giudice di “rientrare in possesso del suo bene” (quindi si approssima la minaccia delle sgombero violento) i nostri obiettivi sono due e li abbiamo già esplicitati nelle regole di autogestione di quell'edificio, vale a dire mantenere il carattere pubblico dell'edificio, precisamente un edificio di erp, e inserire le famiglie che “occupano” nel regime normativo della erp. Si tratta come è evidente di un percorso che continua e che ha una tappa importantissima nel processo del 21. Quel processo non possiamo subirlo, considerarlo un affare degli occupanti di via Allende. Dobbiamo farne un momento importante di rilancio della nostra interlocuzione con la città, con le associazioni sindacati compresi. Dobbiamo mettere sul piano del giudizio della nostra opinione pubblica in primo luogo, del procuratore e del giudice in secondo luogo, una proposta che risulti convincente senza essere compromissoria.
Alcune premesse devono essere chiare da subito, insieme alla nostra proposta. Le famiglie di via Allende non sono in emergenza abitativa. Grazie all'occupazione adesso conducono una vita “normale”. Gli alloggi di via Allende non sono sottratti al patrimonio pubblico ma aggiunti. Sono le premesse che corrispondono al reale esercizio del diritto all'abitare di quelle sei famiglie e corrispondono alla reale, realissima, necessità di rimuovere una parte delle cause sociali che negano quei diritti (lo stato attuale delle politiche abitative e dell'uso del territorio).
La proposta è il comodato d'uso, di tre anni, inteso come passaggio transitorio e preparatorio dell'esito finale, vale a dire la consegna dell'edificio al Comune (o all'atc) e il diritto all'abitare delle sei famiglie tutelato. Un comodato d'uso con risarcimento, la conferma di quello già in atto, nella cura dell'edificio e delle sue pertinenze, nell'inserimento della sua residenzialità nel tessuto urbano cittadino, nonché il pagamento di un canone di affitto mensile in proporzione al reddito a complemento di un minimo. Un regolamento del comodato d'uso che anticipi, nei tre anni, il passaggio dall'autogestione alla gestione atc. Vale a dire, l'inserimento in graduatoria delle famiglie e l'inserimento degli alloggi nella disponibilità di alloggi popolari a disposizione degli aspiranti assegnatari utilmente inseriti nella graduatoria. La proposta è semplice e rigorosa, ha ovviamente il sostegno degli avvocati, ha bisogno di altre associazioni che la sottoscrivano e la sostengano. Su questa proposta dobbiamo misurare tuta la nostra capacità comunicativa. Propongo di passare prima del 14 da alcune associazioni e dai sindacati, dividiamoci i compiti, senza tralasciare l'opposizione politica e il suo deputato.
Le variabili che sconsigliano la quarta occupazione subito, compatibilmente con i bisogni abitativi delle famiglie. L'esito del tavolo del 14, l'esito del processo del 21.
Possiamo solo fare delle ipotesi e delle previsioni. Possiamo ammettere con una buona approssimazione che il livello di compromissione (nel senso di evitare che il problema sociale sia trattato come problema di ordine pubblico) della Prefettura e della Questura nonché della Procura della Repubblica ha probabilmente raggiunto il limite. Quando si dice che la magistratura è indipendente non si dice che è chiusa nei suoi riti, cieca e sorda su quanto avviene nella società. Invece vede e ascolta. Una cosa è certa, è costretta ad ascoltare i soggetti del circolo istituzionale piuttosto che i soggetti sociali. Vogliamo correre il rischio di essere oggetto di provvedimenti restrittivi della libertà di movimento oppure accusati di associazione a delinquere ? Io penso di no, perché limiterebbe troppo la nostra libertà d'azione. Questo significa semplicemente avere presente il problema e comportarci di conseguenza. Usare un principio di precauzione significa rimandare la quarta occupazione a dopo il processo e lasciare che ad “invadere l'edificio” siano le famiglie. Si può ragionevolmente presumere che aumentino le pressioni istituzionali sulla Procura in presenza di una nuova occupazione. Ma sarebbe meglio che questo avvenisse dopo il processo. Ripeto, compatibilmente con i bisogni abitativi delle famiglie.
Per quanto riguarda il tavolo del 14, non credo che possa influire negativamente la quarta occupazione, anzi potrebbe mettere più a nudo la linea dell'assessore e del sindaco che è quella di gestire l'emergenza, una sorta di emergenza continua, senza mai una attenzione alle cause della emergenza in primis la mancanza di alloggi popolari o a canone sociale. Tra l'altro siamo già ufficialmente convocati, mi è giunta l'email di convocazione che vi giro.
Sullo stato generale delle cose, il movimento in regione e sul territorio nazionale, dobbiamo ammettere di non avere una analisi seria. I nostri coordinamenti regionali sono cessati e non si sa perché. I nostri collegamenti in rete sono affidati al discernimento di ciascuno di noi, ciascuno di noi in solitudine. L'abbozzo di analisi che proponeva ieri Pina è troppo approssimato.


PS. non credo in complotti c'è piuttosto un becerume che supera ogni limite. Il CSV, per chi non lo sapesse, non ci stampa i volantini quando includono esplicite critiche all'assessore o al sindaco. Il gruppo che dirige il Centro è fortemente influenzato dalla Cdl. Questo chiarisce l'idea di far scegliere il CSV. Cucu Merlu !!!! In quanto alla nostra passionaria, è evidente che si tratta di una persona ingombrante, ego-maniaca, donna, ecc ecc ma da qui a pensarla una infiltrata ce ne corre. Certo ha dei pregiudizi, si è esposta alle lusinghe, altro becerume, del sindaco e dell'assessore, ma tutto sommato mi è apparsa sincera e una certa leadership la esercita sul gruppo delle famiglie che vogliono occupare. In ogni caso il problema può risolversi solo con il dialogo con lei.

Nessun commento:

Posta un commento

  FONDO DI RESISTENZA   con i pregiudicati della ex Mutua SOMMA VERSATA A TUTT'OGGI     7300 e...