La solidarietà, insieme alla partecipazione, sono i comportamenti sollecitati e caratterizzanti di queste azioni di “occupazione”. Nessuna concessione alla spontaneità che non sia quella che necessariamente segue queste azioni, le porta a compimento. Prima c'è la riflessione, l'analisi, il senso che va esplicitato, in stretta relazione con il bisogno sociale che vuole essere soddisfatto.
Quando si dice buona azione civica oppure scelta di cittadinanza attiva, si vuole sottolineare la presa di coscienza e l'assunzione di responsabilità individuale verso il contesto, verso il noi come collettivo di libere persone singole, verso la società come insieme contraddittorio di relazioni.
Una cena è un modo di raccogliere e sollecitare la solidarietà ed è insieme una modalità di conoscenza che privilegia il rapporto diretto tra persone, corregge valutazioni troppo affrettate, allontana schematismi e definizioni troppo semplificatorie.
Questo è un momento storico molto particolare in cui la parola crisi è usata troppo spesso per eludere la durezza dei rapporti di potere e di proprietà e soprattutto le responsabilità che maturano in questi rapporti. Dovrebbe invece essere usata per segnalare una frattura di quei rapporti, insieme alle mille domande che quella frattura pone.
Poiché proprio di questo si tratta, si può ammettere anche da questo punto di vista la validità delle buone azioni civiche e delle scelte di cittadinanza attiva come quelle che stiamo agendo qui e di cui stiamo parlando.
Finita la cena e apprezzata fino in fondo la convivialità dell'evento, i conti che si fanno non sono ovviamente questi, che restano sottintesi. L'incasso servirà per pagare le bollette oppure i servizi di chi trasporta i mobili regalati agli occupanti, oppure le mille piccole riparazioni o manutenzioni di questa pratica di auto-recupero dell'edificio di via Orfanotrofio.
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