Con
questa conferenza stampa e questo presidio abbiamo voluto dare il
senso della chiusura di una fase di lavoro della nostra
associazione. Questa fase è iniziata nella seconda metà del
2009 e si è caratterizzata con un progressivo aggravamento del
problema abitativo, con un divario sempre maggiore tra bisogni
abitativi e disponibilità di alloggi popolari, con una emergenza
che , in queste
ultime settimane, è diventata la normalità.
Abbiamo
attraversato questa fase con un crescendo di azioni di
contrasto degli sfratti, di cui le due occupazioni (via
Allende e via Orfanotrofio) sono
state, in mancanza di alternative lo
sbocco inevitabile, con un crescendo di iniziative pubbliche.
L'orientamento
di queste iniziative pubbliche è
stato quello di:
- aprire un confronto vero con gli enti pubblici, che alla fine non c'è mai stato;
- portare su un “tavolo”, che non si è mai veramente messo al lavoro, una mole di analisi e di progetti, che sono rimasti tutti senza risposta.
Al
punto in cui siamo non si tratta più di affrontare una emergenza
abitativa, ma un malessere sociale molto più ampio, che ha le
sue cause
- nella crisi sociale presente;
- nel modo in cui si è giunti a questa crisi;
- nel modo con cui i poteri pubblici, dal governo alla Amministrazione cittadina, la stanno affrontando.
In
questo contesto l'emergenza abitativa non ha più un carattere
transitorio. Ha un carattere permanente di sistematica distruzione
di un diritto, il sacrificio del diritto all'abitare agli spiriti
più animali del mercato immobiliare.
Concorre
a confermare tutto ciò, non a contrastare come viene detto,
l'offerta alle famiglie sfrattate di una dimora temporanea (15 giorni
e poi si da il cambio ad un'altra famiglia) nel “centro di
accoglienza” allestito in questi giorni al Maina (Casa di Riposo
città di Asti).
Tale
“centro” è funzionalmente inadeguato a tutelare i legami
sociali delle famiglie. Non solo per le rigidità imposte dal
contesto, i tempi e i modi delle attività della Casa di Riposo, per
la temporaneità del domicilio che offre, ma per l'organizzazione
interna degli spazi abitativi: cinque camere per cinque famiglie,
servizi igienici in comune come la cucina, il refettorio, gli spazi
di soggiorno. Insomma si tratta di una foresteria per il fine
settimana di una scolaresca.
Per
sottolineare questa chiusura di fase, ma anche per:
- richiamare responsabilità che vanno ben oltre quelle di una semplice associazione di volontariato;
- richiamare la necessità di una azione plurale, di molte associazioni insieme;
- chiedere l'attenzione di un soggetto politico (se c'è) capace di coniugare le parole con i fatti;
L'associazione
ha deciso di:
- chiudere per sei mesi lo sportello di segretariato sociale;
- concentrare il lavoro dei volontari e delle famiglie, che fino a questo momento si sono riconosciute nelle iniziative della Associazione (partecipandole con una comune assunzione di responsabilità), su un nodo di problemi in cui il diritto all'abitare contrasta con l'assetto della proprietà, pubblica o privata degli immobili.
E' il
caso degli immobili di via Allende e di via Orfanotrofio, di
proprietà pubblica, che devono restare di proprietà pubblica;
E' il
caso di quegli edifici di proprietà privata, come quelli di corso
volta, oggetto di vendite giudiziarie, che devono essere
acquistati o requisiti dall'autorità pubblica.
Per
avere la misura della crisi sociale in corso, bisogna essere
consapevoli che le famiglie, messe alle strette dalla perdita del
lavoro o dalla precarietà del reddito, non pagano l'affitto perché
è meno meno rischioso di saccheggiare un negozio o rapinare una
banca.
Il
mini-corteo seguito alla conferenza stampa, approdato alle
nuova sede dei Servizi Sociali in piazza Catena, ha voluto
sottolineare l'apertura di una nuova fase dell'attività
dell'associazione. Lo striscione affisso agli ingressi vale come una
dichiarazione programmatica.
Asti
20/10/11
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