Martedì 3 novembre le nove associazioni che da agosto animano le iniziative in difesa del diritto all'abitare, saranno ancora una volta in piazza San Secondo alle ore 18 davanti al Municipio. Il luogo non è stato scelto a caso. Formalmente, a norma di statuti, carte di principi, ecc, è il Sindaco (e per lui la sua giunta e il suo assessorato ai Servizi Sociali) che dovrebbe tutelare il diritto all'abitare di tutti i cittadini.
Dipendono infatti dalla politica urbanistica del Comune la disponibilità e il costo delle aree, due condizioni (insieme ai finanziamenti), necessarie all'atc per realizzare i programmi di nuove costruzioni di cui c'è bisogno. Spettano all'Assessorato ai Servizi Sociali tutti i provvedimenti necessari per contenere l'emergenza abitativa, tutelare la coesione delle famiglie, evitare insomma che le persone siano private della casa, private del luogo degli affetti, delle relazioni, dell'umano vivere e convivere.
Sono prerogative che il sindaco e i suoi subalterni non vogliono esercitare perché sono assai più interessati alle aspettative di rendita e di profitto dei ceti medio alti della città. Così, invece di affrontare l'emergenza abitativa che si abbatte su decine di famiglie, curano o annunciano progetti urbanistici più o meno faraonici da cui non ricavano nemmeno un alloggio popolare (sono almeno 2000 gli alloggi privati sfitti). Oppure, litigano furiosamente con l'Atc su un contenzioso di più di un milione di euro di cui sono corresponsabili. Per la precisione, sono complici di una norma di legge che sanziona le condizioni di debolezza sociale degli assegnatari più che la loro fraudolenza. Sono 250 le famiglie a cui è stato revocato il contratto di locazione e inflitto il raddoppio dell'equo canone).
Così agli effetti socialmente regressivi del mercato delle locazioni si aggiungono gli effetti totalmente negativi di una irresponsabile gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. Intanto le richieste di esecuzione di sfratto per morosità hanno avuto una impennata (203 nel 2007, 347 nel 2008, 174 primi 6 mesi 2009), del resto prevista, e la disponibilità di nuovi alloggi di edilizia popolare è rimandata alla seconda metà del 2011. In ogni caso, senza nuovi investimenti in edilizia popolare, anche oltre quella data il tasso di assegnazione non si schioderà dal 6 %, vale a dire su 100 famiglie che entrano in graduatoria per la casa popolare solo 6 la ottengono.
In una situazione che annuncia un ulteriore peggioramento delle condizioni sociali delle famiglie popolari, non serve la filantropia, il rattoppo, l'affannosa, inconcludente e spesso dannosa riposta all'emergenza (la separazione dei figli dai genitori, i primi in centri d'accoglienza a sperimentare una minaccia “pubblica” alla coesione familiare). Saranno circa 700 gli aspiranti assegnatari di casa popolare della prossima graduatoria atc, dunque in città una famiglia su 34 ha gravi problemi abitativi. Serve una progettualità, servono provvedimenti eccezionali e un minor rispetto per la proprietà assenteista. Servono le requisizioni e il possesso pubblico a fini sociali degli edifici dismessi dagli enti.
Il Coordinamento Asti-Est, insieme ad altre nove associazioni, ha promosso azioni pubbliche di denuncia e ha invitato Comune e atc alla discussione di un insieme ragionevole di richieste. E' esattamente da agosto che tutto questo avviene, senza esito alcuno. Certo le Associazioni non vogliono chiudere gli occhi sulle migliaia di alloggi privati sfitti, su decine di edifici dismessi, su graduatorie atc sempre più affollate, su interventi esclusivamente notarili dei funzionari degli enti, sull'uso improprio di norme di legge, cioè contrario allo spirito di tutela e solidarietà con cui sono state scritte.
Coordinamento Asti-Est, Associazione Amal, Varie&Eventuali, AISAP, Collettivo Sherwood, Associazione A Sinistra, Cobas Asti, Forum Sociale, Tempi di fraternità, Psichiatria Democratica
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