sabato 26 dicembre 2009

L'IMBOSCATA


Suona il telefonino. Chi mi cerca a quest'ora ? E' un periodo in cui mi vengono comunicate solo cattive notizie. Mi ero appena lavata la faccia e guardandomi allo specchio pensavo che avrei trascorso una mattinata tranquilla. Mi sbagliavo, il malessere sociale dilaga. Avevo un appuntamento di routine allo sportello dell'associazione. Simona doveva decidere se accettare o meno l'assegnazione di un alloggio popolare. Una camera e servizi per una famiglia di cinque persone di cui quattro minori. Mi porto il telefono all'orecchio e dico Carlo, perentorio. La chiamata è inopportuna e voglio intimorire gli eventuali scocciatori.
Sono Luciano, i carabinieri sono entrati nella casa di Gianni. Penso delle bestemmie. Indugio un po' e metto nel silenzio dell'altra parte un ok vengo subito. Mi dico adesso rilassati. Non c'è verso, resto nervosissimo. Il mio umore sta volgendo rapidamente al nero. Sta accadendo quello che temevo. Uno sgombero senza preavviso, senza possibilità di contrasto. Digito il messaggio, i carabinieri sono entrati nell'alloggio di Gianni, venite. Appunto sull'elenco i nomi di alcuni miei sodali e invio il messaggio. Penso che il peggio sia ormai avvenuto. Claudio mi avverte che non può muoversi, è a letto con la febbre. Riposati, ti dirò come è andata. Salgo in macchina e arriva la chiamata di Luca. E' la mia domenica, il mio giorno di riposo, sono in bicicletta in mezzo ad un bosco. Gli dico a malincuore di concludere la sua passeggiata. Accidenti, avrei diviso il mio nervosismo con lui. Temo di dover fare affrontare da solo i carabinieri. I miei rapporti con loro in circostanze simili sono stati sempre piuttosto ruvidi.
Lascio l'auto sulla strada ed entro nel cortile di via Malta. Il cortile è il solito parcheggio di auto ma è deserto di persone. Le due Giuliette con i contrassegni dell'arma non sono una presenza gradita. In alto qualcuno scosta le tendine delle finestre. L'ostilità e l'indifferenza si nascondono. Meglio non immischiarsi. Sulla porta di ingresso delle scale c'è un carabiniere in divisa. E' appoggiato allo stipite. Mi avvicino, chi comanda l'operazione. La voce mi esce incerta. Non so ancora bene cosa farò. La tensione mi irrigidisce. Come al solito prendo le cose troppo sul serio. Il carabiniere, che ha un volto radioso, si mostra cordiale, mi dice di essere lì per ordine del magistrato. Mi accredito. Sono il portavoce del Coordinamento...ecc. Ecc, ho seguito questa famiglia... Dice di conoscermi. Non è possibile interrompere la procedura ? Ci sono due minori. Gli suggerisco la risposta. Forse può interromperla l'atc. Non mi risponde a tono. Capisco che vuol trattenermi con le parole. Mi rassicura, ci stiamo prodigando per trovare una sistemazione alla famiglia. Sfoggia la sua umanità, anche i carabinieri hanno un cuore. Mi ammonisce, ci lasci fare, non chiami nessuno, non ci renda il compito più difficile. Il signor Gianni è gentile e collaborativo, lo sia anche lei. Questa frase mi spiazza più ancora della presenza di chi la pronuncia. Attribuisce a Gianni un comportamento che non ha e lo oppone al mio. Confonde subdolamente una costrizione con una scelta. Sono mesi che io e Gianni facciamo sodalizio.
Il volto radioso si prodiga in consigli, come rimettere la notizia ai giornali, come sollecitare il Comune. Sto al gioco ma penso che mi stia prendendo per il culo. Sembra sincero, penso che sia impossibile in quel ruolo. Cerco di spiegargli che il mio compito non è il suo. Sono qui per testimoniare una ingiustizia e renderla pubblica. Continuo ignorando il ruolo del mio interlocutore, ho già fatto esperienze come queste, nessuna si è conclusa senza danno per le famiglie. Le mie parole non mi rimandano nessuna eco di verità. Tronco la discussione e salgo le scale.
L'alloggio di Gianni è aperto, il fabbro ha iniziato il suo lavoro. E' in un angolo del corridoio, silenzioso. Aspetta che lo sgombero sia ultimato, deve mettere la nuova serratura. Nemmeno a farlo apposta è un extracomunitario. Sarà lui a prendersi gli insulti dei parenti ormai arrivati nel cortile. C'è Gianni, segue i suoi itinerari mentali in silenzio, deve raccogliere l'essenziale, solo lui sa dove trovarlo. Non è stato un accampamento quell'alloggio ma il luogo degli affetti di una intera famiglia. Gianni e Betty avevano sistemato l'arredo, accolto amici. Guardo la televisione che Gianni aveva sistemato per i due piccoli. Nei primi giorni l'aveva fatta funzionare con un generatore elettrico.
Sono bastati pochi minuti per stroncare quell'ordine delle cose e quell'equilibrio dei sentimenti. Chi viola la legge deve essere punito. Mi risuonano nelle orecchie le uniche parole spese dall'assessore in tre mesi. Ci sono anche due funzionari dell'atc. Non si scostano di un millimetro dal loro ruolo di esecutori di ordini altrui. Devono “rientrare in possesso” del loro alloggio. Solo lei mostra un lieve imbarazzo quando mi vede. Non mi salutano. Avrebbero preferito non incontrarmi. Lui, il geometra, fa finta di essere disinvolto, scambia battute con i carabinieri in borghese. Gianni è umiliatissimo, è ferito. Raccoglie le sue cose, chiede come potrà prendersi quelle che gli serviranno.
Ci sono anche tre carabinieri in borghese. Sono tutti giovani. Quello che ha il cappello come il mio scatta foto a destra e a manca. Mi attacco al telefono e chiedo consiglio a Maurizio. Il mio amico fa l'avvocato. No, non è possibile interrompere quella esecuzione, a meno che un funzionario dell'atc non parli con il magistrato che ha firmato il provvedimento. E' sicuro che quel miracolo non potrà mai accadere. Anch'io ne sono sicuro. Telefonare e rimanere lì a testimoniare sono le uniche cose che posso fare. O forse no. Penso che arriveranno i funzionari dei Servizi Sociali. Altre volte è andata così. Non arriveranno. Parlo all'indirizzo di Gianni, ad alta voce. Se vengono quelli dell'assessorato non accettare le loro proposte. Lo dico per confermare la mia presenza. Gianni non mi ascolta. Ha deciso di subire quella violenza e mi chiede in silenzio di assecondarlo. Quando deve decidere di se e della propria famiglia lo fa da solo, con dignità, senza farsi corrompere da nessuno, tanto meno da funzionari che sono lì per imporgli di andarsene, per negargli ogni alternativa.
I carabinieri in borghese, raccolgono la mia frase come una sfida. Diventano intolleranti. sono infastiditi dalla mia presenza. Mi avvertono come una presenza ostile. Mi dia il documento di riconoscimento. Faccio finta di niente, vado in cucina, non c'è nessuno. Mi siedo e mi attacco al telefono. Chiamo Gisella è senza voce, è a letto con la febbre, le do la notizia. Mi chiama Egle. Mi parla d'altro, evidentemente non ha letto il mio messaggio. Do anche a lei la notizia. Vado alla finestra per vedere se è arrivato qualcuno. In cortile ci sono i parenti di Gianni, nessun altro. Riesco finalmente a parlare con il direttore amministrativo dell'atc. Rifiuta ogni responsabilità, mi passa la segretaria del Presidente, è in riunione con il consiglio di amministrazione. Dico alla segretaria di lasciare un appunto. Il Presidente si guarda bene dal chiamarmi.
Intanto i carabinieri in borghese insistono, vogliono allontanarmi. Quello che scatta foto punta direttamente su di me. Lei se ne deve andare, questa non è casa sua. Gli do la patente e lo prego di calmarsi, di farmi fare una telefonata. Si allontana poi torna sempre più aggressivo. Venga con me, la porto in macchina in questura. Gli chiedo perché dovrei farlo. Perché lei sta facendo resistenza a pubblico ufficiale. La tentazione è di provocarlo chiedendogli un documento di riconoscimento. E' in borghese, porta un cappello simile al mio, ha una barba da mussulmano. Sto zitto ma la pressione mi sale. Lui alza la voce. Ripete di volermi portare via in macchina. A quel punto mi alzo e lo sfido. Intanto penso che dovrò chiamare il mio amico avvocato. Mi volete arrestare per resistenza, allora arrestatemi. Un suo sodale invita tutti alla alla calma, è un tipo rassicurante. Saprò poi da Gianni che il maresciallo se l'è presa a cuore. Mi accingo a lasciare l'alloggio. Quello aggressivo mi spinge da dietro. Mi tolga le mani di dosso. Ripete il gesto. Mi tolga le mani di dosso, sono un libero cittadino. Nello sforzo innaturale di frenare la reazione rabbiosa replico in modo patetico. L'energumeno affonda il dito nella piaga, e replica io sono libero di fare quello che sto facendo, lei sta scherzando con il fuoco. Di nuovo lo sfido, e lei sarebbe il fuoco ? La risata non mi viene, mi viene l'idea della risata ma non la faccio perché ho l'assoluta certezza che quello mi arresterebbe.
Mi fermo sul pianerottolo delle scale. Mi rilasso un poco e allora provo una umiliazione terribile. La notte seguente non dormirò fino alle tre. Quello continua a fotografarmi. Quell'imbecille pezzo di merda continua a fotografarmi. Ne avranno centinaia di mie foto. Quando scendo in cortile, vengo a sapere che i carabinieri e i funzionari dell'atc hanno trovato l'alloggio vuoto. Gianni e Betty non c'erano, erano stati chiamati entrambi in tribunale. Se ne erano appena andati, dopo aver lasciato i bambini a Salvatore, quando sono arrivati loro. Che tempismo !! Si sono evitati il rischio di dover fare il loro mestiere in presenza di Betty e i bambini. Gianni più tardi l'ha definita una imboscata. Difficile dargli torto. Devono aver fatto tutti un corso alla Bocconi. Tema: autorità e cittadini riottosi, come giocarsela sul piano delle relazioni. L'intelligenza consiste nel scegliersi il contesto giusto per far si che la vittima senta di essere privata di ogni alternativa. Insomma, uno sgombero come una amara medicina. Dunque, una divisa, una Giulietta, un comportamento ruvido con chi minaccia di protestare o di far valere un diritto, un comportamento dialogante e rassicurante con chi ubbidisce perché privato di ogni alternativa, di ogni possibilità di far parlare le proprie aspettative, le proprie speranze. La minaccia dell'arresto e la promessa che tutto finirà per il meglio. Il bastone e la carota. I due volti dello Stato. Le guerre umanitarie e così via. Mi auguro che Giano, custode delle soglie, annoti tutto per fargliela pagare.
Scendo in cortile. Gianni e Betty hanno le lacrime agli occhi, qualche parente impreca. Qualcuno urla contro la generosità di Gianni. Vedi come ricambiano, tu ci sei sempre, la devi smettere di aiutare gli altri. Nessuno è sceso in cortile. Molti non si sono accorti di nulla. In quel luogo dove il malessere sociale è a mille la presenza dei “tutori dell'ordine” è un fatto frequentissimo. Gianni non raccoglie questi inviti. Lui e Betty salgono su un auto dei carabinieri, devono ultimare il rito in tribunale. Resto lì a commentare. Non manca chi se la prende con gli extracomunitari. L'argomento è sempre lo stesso, ci portano via le case, ci portano via il lavoro. Oppongo la solita lezione di storia. Nei primi anni del 900, per sfuggire alla pellagra, alla mancanza di lavoro, mossi dalla speranza di una vita migliore, ecc. ecc.... Me ne vado pensando che questa coscienza di se e delle cose, queste mutilazioni, sono ancora più disperanti della violenza dello Stato. Vado al Coordinamento dove Simona mi aspetta da ore. E' indispettita. Le spiego il motivo del ritardo e le consiglio di prendere quell'alloggio. Al momento non c'è altro da fare. L'associazione proporrà al Comune e all'atc la gestione unica della mobilità e delle assegnazioni. E' il modo per risolvere il problema, insieme a quello di altre otto famiglie con punteggio elevato in graduatoria. Telefono ad Antonella, la segretaria dell'assessore, La signora Pani accetta quell'alloggio. Mi raggiungono Luca e Oreste, e poi Egle. Finalmente posso condividere la mia umiliazione e il mio senso di impotenza con qualcuno che mi rassomiglia. Ci ragioniamo su. Cosa fare adesso. Dobbiamo prendere atto della sconfitta. Come mettiamo questo evento imprevisto nei tempi del nostro programma di iniziative. Finalmente riprendo a considerare in modo positivo il corso sciagurato delle cose.
Rivedo Gianni e Betty il giorno dopo e poi l'altro ancora. Gianni dice che dormono malissimo, tutti e quattro in un letto. Li ospita Graziella che ha due figli minori. E' assegnataria atc di un alloggio di due camere e servizi, nello stesso cortile di via Malta. Dunque sono in sette in quell'alloggio. Gianni non si lamenta più di tanto. Ha preso in parola il maresciallo che sembra essersela presa a cuore. E' stato prodigo di assicurazioni. Ha telefonato al direttore amministrativo dell'atc strappandogli la promessa di un incontro, forse risolutivo del problema abitativo di Gianni. Gianni è straordinario anche in questa circostanza. Investe credito su tutti, anche su quelli che gli hanno fatto appena torto. Non colpevolizzo nessuno dice e annuncia quello che farà se la sua fiducia sarà smentita.
Voglio vedere com'è l'alloggio di Graziella. Saliamo le scale fino al quarto piano. E' l'ultimo. Ci siamo quasi tutti, manca solo Nunzio, lo trattiene ancora Salvatore. Ci sono due camere arredate da letto. Adesso in una dormono Graziella e i figli. Sono adolescenti. Uno di loro è in compagnia della fidanzata. La televisione è accesa. Sono seduti sul letto. Ad una parete c'è una bandiera nera con la cruna, c'è anche una maglietta con il volto di Mussolini. Impossibile non vedere. Gianni ha un cenno di imbarazzo. Brutte idee dico io e passo oltre. Penso che potrei tenere un corso di storia. Penso che ho sotto gli occhi la materia di molte inchieste sociali. Molte ore dopo commento con Egle bisognava esserci, fisicamente. Alludo all'abbandono dei quartieri popolari da parte della “sinistra”. Ma adesso queste categorie non servono. Tra la coscienza di questi adolescenti e quella storia non c'è alcun nesso.
C'è una stufa a bombola di gas. L'allacciamento alla rete non è stato fatto perchè c'è una morosità di ottomila euro. Una cifra irraggiungibile per Graziella che è iscritta al Fondo Sociale e si regge malamente in piedi. Le storie di malessere sociale si incrociano. Ripercorrendole si scopre amaramente che non ci sono mai veri momenti di assunzione di responsabilità. La filantropia degli assessorati è sempre la burocratica applicazione di una norma. Atti notarili che freddano l'interlocutore, lo privano di ogni protagonismo. Graziella dice che quel consumo lo ha avuto in eredità dall'ultimo inquilino dell'alloggio. Non ho ragione di dubitarne. Con lui ha improvvisato un cambio. Ha evitato di formalizzarlo con l'Atc perchè sa che non sarebbe stata autorizzata a farlo, per la morosità dei richiedenti. Un piccolo atto di opportunismo per necessità evitando per ignoranza o opportunismo la mediazione dell'atc. Ci sono tracce di “umidità non risolvibile” (con i normali interventi di manutenzione) in ogni stanza. Faccio fotografie. E' una vecchia storia, La legge regionale del Piemonte esclude le condizioni igienico/sanitarie dalla definizione di “alloggio scadente”. Un rilievo che abbiamo fatto, purtroppo senza esito, in più occasioni, l'ultima in sede di Commissione assegnazione alloggi, nel tentativo di inserire un di più di giurisprodenza nella interpretazione della legge.
Carlo credimi, sono a pezzi. Penso di aver deluso mia moglie e tutti quelli che mi stanno vicino. Non credevo che sarebbero riusciti a fregarmi in questo modo. Sono stato proprio uno stupido. Comunque ci tengo a dirti che sono veramente contento che a te non sia successo niente. Tengo molto alla tua amicizia. Ho molto rispetto per te. Ciao gianni.”
Da quello sciagurato venerdì sono passati ormai cinque giorni e nessuno dalla parte delle istituzioni si è fatto vivo. Le rassicurazioni del maresciallo si stanno rivelando, come temevo, il classico inganno del potere. E' un esercizio a cui veniamo abituati fin da piccoli, da una certa educazione. Promesse per indurti a fare quello che non faresti. Promesse che poi non vengono mantenute.

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