sabato 26 ottobre 2013

SOLLEVAZIONE !!


La manifestazione è stata esattamente come la volevamo, come l'abbiamo costruita sui territori, con i gruppi affidati alla responsabilità e all'autotutela dei singoli, con l'esplicita intenzione di evitare a Roma il replay del 18 ottobre dell'anno scorso e soprattutto con la consapevolezza di dover costruire un evento, inedito nella storia recente dei movimenti, che moltiplicasse nella forma della manifestazione nazionale, la forza degli argomenti e delle azioni che negli ultimi anni abbiamo dispiegato sui territori. Forza simbolica e mediatica, come si è visto subito, domenica mattina, con il luogo dell'assedio frequentatissimo da giornalisti e il martedì successivo con l'incontro ministeriale su tutte le reti e poi ancora lo spazio televisivo dato all'evento e alla parola dei militanti. 
 
La “sollevazione” di tutto ciò appunto, senza guide o strutture sovraordinate, senza capi e rappresentanti, come hanno sottolineato i militanti intervenuti nell'assemblea del 20 a porta Pia. Circostanza che da sola ha rivelato lo “spirito della cosa”, di natura ontologica direbbe il nostro Werther, e che alcuni commentatori hanno a loro volta sottolineato. Ma su questo punto il discorso andrà approfondito anche tra noi, che siamo razionali “in campo aperto”. Aperto ai sentimenti e alla creatività, ma “spontaneisti”, come si diceva una volta, non lo siamo mai e quando ci sforziamo di dare senso alle cose. Allora ci accorgiamo che alcuni di noi hanno più argomenti, o diversi, di altri e forse ne vien fuori l'immagine di intellettuali di “nuovo conio”, cioè fuori dall'accademia, dal conformismo, che dicono parole assolutamente organiche ai fatti di cui sono, insieme a tutti gli altri, protagonisti. Insomma, parliamone.
Ma tornando ai commentatori dei media nazionali, abbiamo osservato come alcuni abbiano dato il cessato allarme, dopo averlo suonato a tutta forza nelle settimane precedenti, mettendosi in sintonia con le dichiarazioni di Alfano di elogio della forza pubblica, mentre altri vi hanno insistito, pur con qualche se e ma per rendere il racconto un po meno lontano al vero. Un quadro dell'informazione mainstream alquanto desolante. La divisione in buoni e cattivi, il timore di un replay del 18 ottobre, il dubbio fino all'incredulità che un conflitto sociale si potesse manifestare in quella forma. Un sistematico lavoro di mistificazione portato avanti anche da settori di intellettualità, normalmente vicini ai movimenti, che hanno finito per confermare, più o meno involontariamente, la tesi che nessuna alternativa è possibile, che le contraddizioni che mostra questo modello sociale, volendo restare uguale se stesso, sono insuperabili, insomma una mano ai fautori delle politiche della austerità. Quel che si dice “dico una cosa e ne penso un'altra”.
La “sollevazione” ha spazzato via questa lettura dei fatti, almeno tra una opinione pubblica e una cittadinanza attiva non estranea alle ragioni e alle dinamiche di questo movimento. Ha mostrato una comunità che viene, nel senso che si annuncia in carne ed ossa e sentimenti, senza restrizioni. Un soggetto sociale multitudinario con i segni della città “moderna”, il confine tra ricchezza e povertà, tra ciò che è conforme e ciò che non lo è, tra un diritto della possidenza ormai esausto e un diritto alla città declinato nelle forme della riappropriazione del maltolto, essendo la creatività e l'umanità tutta da questa parte.
La “sollevazione” ha annunciato un soggetto politico senza gli orpelli e i fantasmi della cultura degli epigoni della terza internazionale, che appare tanto più ricco di potenzialità di quello evocato in diverse forme, da laboratori vari e da partitini senza nessun appeal. In questo contesto, le scaramucce con le forze dell'ordine, messe a guardia di palazzi vuoti, il simbolo di un potere senza volto e umane ragioni, hanno avuto il carattere dei fatti a margine, inevitabili. Ma anche quelle, agite con fuochi e botti d'artifizio da una parte e accenni di cariche dall'altra, hanno concorso nel seguito degli avvenimenti a rafforzare il senso vero della manifestazione del 19 ottobre.
La scarcerazione dei giovani arrestati ordinata dal gip e il racconto dei valsusini in televisione - come si fa sabotaggio con la tranquilla coscienza di chi fa la cosa giusta - sono serviti a smascherare l'ipocrisia, ormai grottesca, di chi piange una vetrina di banca rotta o una pala meccanica resa inefficiente, rimanendo indifferente alle violenze che questo sistema delle merci in crisi rovescia sulle persone, le famiglie e le comunità. Dalle vittime di un industrialismo seminatore di veleni, alle ferite inflitte in mille forme ai lavoratori privati dei diritti costituzionali, ai respingimenti che distillano la loro natura disumana in tragedie come quelle recenti di Lampedusa, insomma, tutto ciò che accade lasciando al “mercato” il compito di tracciare i margini della vita civile.

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