Sono Kaori,
vi parlo a nome di Altin, Ale, Tina, Luca ed altri che sono qui
presenti, e vi parlo a nome delle 40 famiglie che hanno occupato tre
palazzi ad Asti, in via Orfanotrofio, in via Allende, e in corso
Volta. Due palazzi di proprietà pubblica e uno delle banche.
Come
qualcuno di voi ha affermato nella assemblea dell'11, un palazzo
vuoto è morto; è senza spirito; suscita un sentimento di abbandono.
Si è allontanato da quel palazzo lo spirito dell'architetto che l'ha
disegnato, ma anche lo spirito delle persone che l'hanno abitato. Ma
se è vuoto da tanto tempo, si è allontanata da quel palazzo anche
una idea giusta della proprietà, quella dettata dall'art. 42
della nostra Costituzione
Art. 42.
La proprietà è pubblica o privata. I beni
economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.
(inserire
una lettura con altra voce) L'articolo appena letto afferma che la
proprietà legittima è quella che ha una funzione sociale.
Semplificando, le case sono fatte per viverci, non per essere
guardate, oppure per essere vendute solo quando il mercato lo impone.
Lo stabile
occupato di via Allende era vuoto e abbandonato da sette anni, quello
di via Orfanotrofio da 3 anni.
Di palazzi
vuoti in città ce ne sono anche troppi. C'è un elenco della
Prefettura più che esauriente. E di famiglie senza casa o in attesa
di una casa decente ce ne sono fin troppe. Si tratta semplicemente
di attribuire a quelle case vuote la loro funzione
sociale, destinandole alle famiglie.
Finora
nessuno lo ha fatto, ma il Comune può iniziare a farlo con un atto
di requisizione, sottraendole così ad una proprietà assenteista.
Noi lo
abbiamo fatto, occupandone tre. Saremo costretti ad occuparne un
quarto se il blocco degli sfratti che chiediamo qui e a Roma non sarà
accolto. Il 19 ottobre a Roma faremo una grande manifestazione
nazionale per rivendicare un diritto alla città che ci è stato
tolto.
Le nostre
occupazioni non devono essere fraintese. Sono necessitate. Non
vogliamo finire sotto i ponti, in un garage, in centri di accoglienza
dove si dividono le famiglie. Vogliamo far valere i diritti che la
Costituzione ci promette
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
(inserire la
lettura di un'altra voce). Le nostre occupazioni non sono bivacchi,
sono un prendersi cura di edifici altrimenti lasciati alle ingiurie
del tempo e degli uomini; sono un ricostruire una domiciliarità
altrimenti dispersa nel malessere sociale generale. Le nostre
occupazioni sono la condizione per rimettere in moto il saper fare di
donne e uomini, per ricomporre un legame sociale che altrimenti
andrebbe disperso.
In
conclusione, Se qualcuno tra voi mi ascolta mi stia a sentire. Gli
edifici che sono già di proprietà pubblica devono restare di
proprietà pubblica. Gli edifici della proprietà assenteista devono
essere requisiti. Un edificio occupato è già recuperato a nuova
vita, a nuova bellezza e se questo recupero deve essere completato si
valorizzi ciò che lo ha fatto rivivere, le famiglie e il loro saper
fare in primo luogo. Non metteteci nella situazione di dover dire che
il bene e il bello sono ad esclusivo appannaggio della possidenza.
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