martedì 1 ottobre 2013

LA FUNZIONE DELL'ABITARE - L'INTERVENTO DI KAORI, ILARIA, ALE.


Sono Kaori, vi parlo a nome di Altin, Ale, Tina, Luca ed altri che sono qui presenti, e vi parlo a nome delle 40 famiglie che hanno occupato tre palazzi ad Asti, in via Orfanotrofio, in via Allende, e in corso Volta. Due palazzi di proprietà pubblica e uno delle banche.
Come qualcuno di voi ha affermato nella assemblea dell'11, un palazzo vuoto è morto; è senza spirito; suscita un sentimento di abbandono. Si è allontanato da quel palazzo lo spirito dell'architetto che l'ha disegnato, ma anche lo spirito delle persone che l'hanno abitato. Ma se è vuoto da tanto tempo, si è allontanata da quel palazzo anche una idea giusta della proprietà, quella dettata dall'art. 42 della nostra Costituzione



 Art. 42.
La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale.
(inserire una lettura con altra voce) L'articolo appena letto afferma che la proprietà legittima è quella che ha una funzione sociale. Semplificando, le case sono fatte per viverci, non per essere guardate, oppure per essere vendute solo quando il mercato lo impone.
Lo stabile occupato di via Allende era vuoto e abbandonato da sette anni, quello di via Orfanotrofio da 3 anni.
Di palazzi vuoti in città ce ne sono anche troppi. C'è un elenco della Prefettura più che esauriente. E di famiglie senza casa o in attesa di una casa decente ce ne sono fin troppe. Si tratta semplicemente di attribuire a quelle case vuote la loro funzione sociale, destinandole alle famiglie.
Finora nessuno lo ha fatto, ma il Comune può iniziare a farlo con un atto di requisizione, sottraendole così ad una proprietà assenteista.
Noi lo abbiamo fatto, occupandone tre. Saremo costretti ad occuparne un quarto se il blocco degli sfratti che chiediamo qui e a Roma non sarà accolto. Il 19 ottobre a Roma faremo una grande manifestazione nazionale per rivendicare un diritto alla città che ci è stato tolto.
Le nostre occupazioni non devono essere fraintese. Sono necessitate. Non vogliamo finire sotto i ponti, in un garage, in centri di accoglienza dove si dividono le famiglie. Vogliamo far valere i diritti che la Costituzione ci promette

Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
(inserire la lettura di un'altra voce). Le nostre occupazioni non sono bivacchi, sono un prendersi cura di edifici altrimenti lasciati alle ingiurie del tempo e degli uomini; sono un ricostruire una domiciliarità altrimenti dispersa nel malessere sociale generale. Le nostre occupazioni sono la condizione per rimettere in moto il saper fare di donne e uomini, per ricomporre un legame sociale che altrimenti andrebbe disperso.
In conclusione, Se qualcuno tra voi mi ascolta mi stia a sentire. Gli edifici che sono già di proprietà pubblica devono restare di proprietà pubblica. Gli edifici della proprietà assenteista devono essere requisiti. Un edificio occupato è già recuperato a nuova vita, a nuova bellezza e se questo recupero deve essere completato si valorizzi ciò che lo ha fatto rivivere, le famiglie e il loro saper fare in primo luogo. Non metteteci nella situazione di dover dire che il bene e il bello sono ad esclusivo appannaggio della possidenza.

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