A
sentire il leader del Movimento 5 stelle, fascismo e antifascismo
sarebbero ormai questioni ideologiche superate, “domande senza
risposta” su cui non si dovrebbe più perder tempo, tanto che
persino Simone Di Stefano (candidato presidente del movimento
fascista Casa Pound) potrebbe, a detta dell’ex comico, entrare
senza problemi a far parte del MS5.
Il fascismo poi, come ricorda Roberta Lombardi (capogruppo del
movimento grillino alla Camera dei deputati) prima di “degenerare”
aveva molti aspetti positivi, tra cui la “tutela della famiglia”
e l’”alto senso dello stato”.
Queste
le dichiarazioni pubbliche di due dei più importanti esponenti di
quel movimento che in Italia è riuscito ad affermarsi intercettando
e dando forma politica a quel malessere sociale ormai sempre più
diffuso, assumendo – deformandoli e rendendoli fruttuosi da un
punto di vista elettorale– la sfiducia nei confronti della
politica, la consapevolezza dell’irriformabilità del sistema, la
tensione verso una maggiore equità nella distribuzione delle risorse
e l’attenzione per le tematiche ambientali.
Dichiarazioni
che se da un lato incarnano i soliti vecchi luoghi comuni di
un’Italia dalla memoria corta, dall’altro si inseriscono in un
contesto dai contorni sempre più preoccupanti, dove le
aggressioni fasciste non sono mai finite
(di pochi giorni fa la notizia dell’attacco, da parte di fascisti,
del campo rom di Via Dione Cassio a Milano) e dove una certa retorica
nazi-fascista
continua a dilagare, soprattutto a livello istituzionale, oggi con
più forza che mai. Un’Italia dove il
fascismo non è certo morto il 25 aprile del 1945,
e già alla fine dello stesso anno riprendeva le sue attività, in un
processo di rinascita che culminerà nel ‘46 con la formazione del
Movimento Sociale Italiano (msi). Movimento che fin dai primi
appuntamenti elettorali riuscì, unico esempio in Europa, a
conquistarsi una non trascurabile base elettorale. Tutto questo
accompagnato da una progressiva e continuativa delegittimazione
dell’esperienza resistenziale, in un momento storico tumultuoso –
quello di passaggio tra ventennio fascista e repubblica -
caratterizzato da una sostanziale “continuità dello Stato”, dove
l’apparato amministrativo resta praticamente immutato sia nei suoi
ruoli minori (piccoli funzionari, burocrati...), che nei gradi più
alti dell’amministrazione pubblica. Tanto che nel 1960 su 64
prefetti, ben 62 di loro avevano già prestato servizio sotto
Mussolini. Fatti che andarono ad alimentare quel malcontento
partigiano che in tutta Italia portò allo scoppio di agitazioni
partigiane. Prima fra tutte quella di Santa
libera
dell’agosto
del ‘46,
quando un gruppo di giovani partigiani di Asti, amareggiati da un
governo che rimetteva in libertà i fascisti e processava i
partigiani, riprese in mano le armi dando vita ad una vera e propria
insurrezione.
Certo
da allora i movimenti fascisti hanno cambiato notevolmente fisionomia
- e si presentano oggi come una realtà piuttosto magmatica e
frammentaria - ma non è certo diminuita la loro violenza
e capacità
di infiltrarsi nella società,
pienamente legittimata dalle politiche governative altrettanto
fasciste di questi ultimi anni, fatte di leggi
razziste, guerre in Afghanistan e lager per migranti
(CIE, centri di dentificazione ed espulsione nei quali, esattamente
come nei campi di concentramento nazisti, non ci si finisce per
qualcosa che si è fatto, ma per quello che si è: uomini e donne
nati nel posto sbagliato, colpevoli di essere sprovvisti di un pezzo
di carta).
Leggi
e provvedimenti consumatisi fra la generale indifferenza
di un paese dove l’estrema
destra da un
lato accentua
sempre più il proprio profilo sociale
- attraverso campagne sulla casa (ovviamente solo per gli italiani
“di razza”), nelle scuole (Blocco Studentesco) e contro il
carovita (pubblica elemosina di pane e pasta) - e dall’altro si
dimostra sempre meno timorosa nel riconoscersi ed identificarsi in
simboli, figure e modelli storici mutuati non solo più dal ventennio
fascista, ma direttamente dal nazismo
e dai movimenti europei che con esso collaborarono. Basti pensare
alla massiccia assunzione, da parte dei neofascisti,
di simbologie apertamente naziste quali rune, svastiche, denti di
lupo... e all’idealizzazione, compiuta da parte di movimenti come
Forza Nuova,
della Guardia di ferro rumena, presa come vero e proprio modello
politico.
Altrettanto
preoccupante la diffusione, ben oltre i circoli neofascisti, di
interpretazioni della crisi di matrice cospirazionista che molto
spesso finiscono, a volte inconsapevolmente, a riprodurre stereotipi
antisemiti e
giudaici, legati a teorie “mondialiste”, dove i responsabili
della crisi
non sono più identificati con le banche, i padroni, i governi, e più
in generale con quel sistema capitalistico che periodicamente la
produce, ma con non meglio identificate “lobbies ebraiche” e
massoniche che vorrebbero conquistare il mondo. Teorie che affondano
le loro radici in una cultura apertamente razzista ed autoritaria,
specificatamente confezionata allo scopo di imputare ad altri le
sventure della società, distogliendo così lo sguardo dai suoi veri
responsabili. Teorie divulgate e sostenute senza remore dai “fascisti
del terzo millennio”
che, nonostante una legalità che in linea teorica dovrebbe punirli
(se non altro per il reato di apologia di fascismo), nella realtà
vengono tollerati, se non direttamente sostenuti e finanziati, poiché
strumento
funzionale alle strategie di potere e di dominio delle classi
dominanti.
A
finire nel mirino della repressione
con maggior durezza, oggi come ieri, sempre gli stessi. Gli
antifascisti
che in ogni occasione e luogo si oppongono concretamente alle
provocazioni e agli attacchi fascisti. Un caso su tutti quello di
Cuneo
del febbraio 2011, quando l’inaugurazione del covo fascista di Casa
Pound in una
delle città che maggiormente
si distinse per l’attività partigiana, si concluse con duri
scontri
con i neofascisti armati e la polizia schierata a loro difesa. Un
episodio che ha avuto pesanti strascichi giudiziari, fatti di
perquisizioni, arresti e denunce per aggressione e resistenza ai
danni degli antifascisti, in un processo non ancora conclusosi.
Episodio
che dimostra - se ancora ce n’era bisogno - come il
fascismo,
lungi dall’essere una “faccenda superata”, sia una
minaccia sempre presente, un pericolo costante,
anche quando a questo venga a mancare un riscontro elettorale (Casa
Pound ha preso lo 0,1% nelle ultime elezioni, Forza Nuova lo 0,3%). E
questo sia nelle sue manifestazioni più dirette e brutali
(aggressioni, attacchi fisici e verbali...), sia nella sua
propagazione di idee razziste, nazionaliste ed autoritarie che, in un
periodo dove i
padroni cercano in ogni modo di alimentare la guerra dei poveri per
mezzo di
leggi
xenofobe, pacchetti sicurezza, identificazioni ed espulsioni,
rischiano di recuperare la loro forza attrattiva.
Una
minaccia che può essere scongiurata solo attraverso la solidarietà,
la lotta e la memoria. Solidarietà
attiva per
tutti coloro che vengono colpiti dalla repressione. Lotta
diretta
contro ogni forma di fascismo, sia esso istituzionale
o squadrista. E memoria che non sia semplice ricordo, fatto di vuote
parole e cerimonie, ma ricerca in grado di ristabilire connessioni
storiche utili all’agire, in grado di concretizzarsi e realizzarsi
in pratiche efficaci, nella consapevolezza che
il passato non è mai semplicemente passato e
che nella
nostra società ci troviamo di fronte agli stessi fenomeni che hanno
favorito ovunque il sorgere e l’affermarsi del fascismo.
COLLETTIVO
EX MUTUA OCCUPATA
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