giovedì 25 aprile 2013

POLITICAMENTE SCORRETTO


Il corteo di ieri si è discostato visibilmente, nel linguaggio e nelle forme della partecipazione, dai soliti cortei. Uno sciame di persone, non attraversato da principi d'ordine, soprattutto gioioso. Le tematiche esplicite, quelle rintracciabili nei volantini e negli striscioni, sono circolate senza uno specifico portatore, né individuale né collettivo. Certo i “rottamai” c'erano, c'erano i giovani precari, c'erano le famiglie, “occupanti e non”, ma nessuno di loro appariva con il targhet della categoria sociale di appartenenza.
Due volantini, fitti di argomenti, sono stati distribuiti in una sorta di occasionale passamano, come se quella fin troppo tradizionale forma di comunicazione costituisse un dettaglio trascurabile rispetto alla comunicazione dei sentimenti, delle colonne sonore dei sound-system, delle danze e delle performance dei gruppi in costume. Una bella manifestazione, hanno detto in molti, durante e dopo il corteo. Una bella festa. In molti si sono rammaricati di non avervi preso parte. 

Una situazione decisamente sfavorevole per chi sopravvaluta il potere della parola, per chi legge il presente con le lenti del passato. La rivendicazione del diritto al lavoro e alla casa è stata brevemente commentata, in due punti del lungo percorso, come se fosse serenamente implicita e scontata, come se la fiducia e la speranza in un mondo migliore non avessero bisogno di dichiarazioni di uguaglianza e di giustizia sociale, ma solo di azioni e sentimenti conseguenti. Rigorosamente conseguenti, come una occupazione, come una festa in una casa occupata o come un esproprio. Si esproprio, come quello deciso dal governo della Andalusia, nei confronti delle banche che hanno speculato con i mutui ipotecari.
Si è trattato di una lezione di politica con la P maiuscola. Come tale non poteva che essere tenuta nelle strade. Abbiamo visto l'approssimarsi di un “noi vivente”, che si oppone all'individualismo proprietario e riscopre la bellezza e la forza sociale della solidarietà e della cooperazione. Un “noi vivente”, non un astratto collettivo, che si assume la responsabilità di impedire che i diritti della persona (quelli che l'art.3 della Costituzione impone di tutelare), siano ulteriormente calpestati.
Una lezione di politica da opporre al “politicamente corretto” della solitudine, dei suicidi, delle azioni compassionevoli. Una lezione da moltiplicare perché il “politicamente corretto” ormai tracima da televisioni e gazzette varie, senza alternative, ad esclusivo beneficio dei responsabili, se/dicenti risolutori, della presente crisi sociale.

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