giovedì 6 dicembre 2012

GESTIONE DELL'EMERGENZA ABITATIVA


La gestione dell'emergenza (art.10 della LR 3/2010 e art.6 del Regolamento delle assegnazioni), rimanda ad un contesto sociale e normativo di cui bisogna tener conto. Diversamente, il rischio è quello di accreditare una idea falsa del problema che si vuole affrontare e di accrescere il danno di soluzioni che si riveleranno irrimediabilmente provvisorie.
La nuova LR, non a caso, innova proprio sul tema dell'emergenza. All'attenzione del legislatore non sono sfuggiti gli effetti della “crisi” (il moltiplicarsi degli sfratti esecutivi, il drastico rovesciamento del rapporto tra questi ultimi e quelli per finita locazione, la residualità dell'offerta di erp, un mercato immobiliare divenuto escludente per una fascia sempre più larga di cittadini).

Quello che il legislatore non ha potuto o voluto fare, con lo strumento che gli è proprio, è stato il rovesciamento del punto di vista della vecchia legge, ossia la presa d'atto di una emergenza che si è trasformata in normalità; la normalità di un problema sociale che nelle sue cause mette in evidenza un solido intreccio tra uso speculativo del territorio, abbattimento dei diritti, la scelta di affidare al mercato il bisogno abitativo.
Ne è risultato alla fine un drammatico divario tra bisogno abitativo e disponibilità di alloggi a canone sociale, tra redditi e mercato delle locazioni. Un divario che la gestione dell'emergenza non può, da sola, colmare. Ci vorrebbero forme di salario sociale diverse da quelle misere e intermittenti disponibili, così come sono, condizionate dalla mannaia delle cosiddette politiche di austerità. E' stato detto più volte, ma prenderne atto in modo notarile è condannarsi all'impotenza; auspicarle sperando che, a breve, arrivino con i crismi della legalità è coltivare una illusione.
Poiché, nella situazione data, dove la mancanza di alternative mostra quanto sia rigida la gabbia delle leggi a tutela della proprietà (non tutto ciò che è legale è giusto), la nostra associazione ha deciso di sperimentare, disobbedendo alle leggi, una inedita forma di salario sociale, l'occupazione e l'autogestione di edifici di nessuna utilità sociale (Rif. Art.41 e 42 della Costituzione). Con questa forma di salario sociale l'amministrazione comunale dovrà prima o poi confrontarsi, perché non è stata disegnata in astratto ma sciogliendo, insieme ad una quarantina di famiglie, l'immorale intreccio di cui più sopra.
Ci sono provvedimenti più rispettosi della proprietà di questo nostro. Ci sono le requisizioni e gli espropri, che trovano la loro vocazione costituente nell'art. 43 della Costituzione, c'è il ricorso alle banche e alle fondazioni, possibilmente depurato dall'ennesimo “foraggiamento” di queste ultime. Ma fino a questo momento nessuno di questi provvedimenti è stato preso, e la disponibilità di nuove abitazioni per le famiglie che vanno “fuori mercato” è ancora residuale. I provvedimenti presi dall'assessorato (borse lavoro, fondo antisfratti, annullamento delle decadenze in atc, assegnazioni in emergenza, i solleciti presso altri enti, ecc) sono tutti apprezzabili, perché riducono il danno per un certo numero di famiglie ma, per il loro effetto limitato, non possono, a nostro giudizio, arginare significativamente l'emergenza abitativa. Ci vogliono altri provvedimenti, fuori da questa ordinaria amministrazione.
Il Ferrotel, per esempio, un edificio murato da anni, la negazione di una “occupazione”; ex proprietà pubblica, adesso proprietà di una finanziaria di cui si sono perse le tracce, finito in qualche cartolarizzazione. Ecco la faccia della “legalità”, potremmo dire. Ecco la gabbia della legalità che dobbiamo rompere. Nell'insieme dei trenta edifici inutilizzati elencati dalla Prefettura è quello da cui si affaccia il potere più astratto e irriconoscibile, quello più estraneo all'interesse pubblico e alla percezione dei comuni mortali: il partito del mattone che di nuovo si affaccia nelle annunciate cartolarizzazioni degli edifici dell'asl. Perché non sottrarre subito quell'edificio alla sua presente inutilità sociale con un provvedimento di requisizione ?
Tutto questo preambolo per ripetere, argomentando, che attraverso la gestione dell'emergenza, vale a dire una serie di provvedimenti di ordinaria amministrazione, non si risolve il problema abitativo in città e provincia. Lo si può utilmente diluire, purché tale gestione presupponga una riserva del 50 % degli alloggi disponibili e realizzi i seguenti obiettivi:


  • il massimo di trasparenza delle procedure;
  • la riduzione al minimo della discrezionalità dell'assessorato;
  • la complementarietà della graduatoria dell'emergenza rispetto a quella generale;
  • una lettura trasparente del problema sociale che la gestione dell'emergenza sottende.


Sono obiettivi che giudichiamo importantissimi per responsabilizzare i cittadini, renderli partecipi, allontanarli da pratiche filantropiche o clientelari o assistenziali che dir si voglia.


La nuova LR innova anche sul tema della durata dei bandi e della gestione delle graduatorie (art.5 della LR e art.6 del Regolamento del bando). I bandi possono durare fino a 4 anni ma nel corso dei quattro anni, è facoltà del Comune riaprire le graduatorie almeno due volte all'anno (comma 3 dell'art.6 del Regolamento del bando) . Questa facoltà non è derogabile (come è stato detto nel corso dell'ultimo incontro) e rimanda a delle scelte da farsi a ragion veduta. L'art.6 del Regolamento del bando specifica in quali circostanze devono essere riaperte le graduatorie, precisamente quando ci sono nuove richieste di accesso al bando nonché richieste di aggiornamento dei punteggi. Anche questa innovazione, come quella dell'emergenza, rimanda all'attenzione del legislatore verso il generale peggioramento delle condizioni abitative di una fascia sempre più alta di popolazione.
Ora, in coerenza con quanto su osservato, volendo dare all'emergenza una misura, cioè attribuire un punteggio alle condizioni abitative, sociali e di reddito in cui l'emergenza si manifesta, si deve ottenere un risultato in cui le due graduatorie siano quanto più sovrapponibili, vale a dire la prima, quella dell'emergenza, deve risultare complementare alla seconda, poiché le persone e famiglie, colpite da sfratto, sgombero o altro, che la compongono, si possono ragionevolmente considerare le candidate più prossime alla prima riapertura della graduatoria generale. Diversamente la graduatoria dell'emergenza, nel contesto di cui si è detto e con le modalità proposte dall'assessorato, rischia di diventare la via più facile e meno trasparente per ottenere la casa popolare, oltre che motivo di polemica tra persone e famiglie già fin troppo coinvolte in una guerra tra poveri.
Prima di esaminare le modalità proposte dall'assessorato, riassumiamo qui per sommi capi la nostra proposta:


  1. Art. 10 e relativa normativa: delibera per il 50 % delle riserve da destinare all'emergenza abitativa;
  2. istruttoria ed esito della stessa: unificare moduli di richiesta inserimento, documenti da allegare per documentare condizione abitativa e soprattutto sociale, informazioni e loro pubblicità;
  3. attribuzione dei punteggi: in relazione alla condizione abitativa e sociale, con gli stessi criteri di formazione della graduatoria generale;
  4. riduzione della graduatoria dell'emergenza: nella graduatoria generale alla prima scadenza di revisione di quest'ultima.
Dunque abbiano detto che la gestione dell'emergenza dovrebbe garantire: il massimo di trasparenza delle procedure, la riduzione al minimo della discrezionalità dell'assessorato, la complementarietà della graduatoria dell'emergenza rispetto a quella generale e, insieme, una lettura trasparente del problema sociale che la gestione dell'emergenza sottende.
Con quella proposta l'assessorato tradisce l'intenzione (non nuova) di ridurre l'emergenza a numeri e di ridurre quelli filtrando le condizioni abitative definite dall'art.6 del Regolamento delle assegnazioni, con una serie di requisiti costruiti allo scopo, cioè estranei alla normativa generale della LR. Inoltre l'assessorato, con la graduatoria proposta e i relativi punteggi, mostra esplicitamente di voler “premiare”, tra le persone/famiglie utilmente collocate in graduatoria, quelle temporaneamente domiciliate nei centri di accoglienza del Comune.
Si tratta nell'insieme di un aumento della discrezionalità dell'assessorato a cui ovviamente concorre la scelta di non fissare il 50% delle riserve da destinare all'emergenza (nella proposta non c'è neanche un cenno a questa possibile scelta, che invece da senso alla nostra proposta).
Vediamo più in dettaglio la proposta dell'assessorato. Tutti i requisiti proposti non rispettano lo spirito della LR, oltre che ignorare le necessarie (data la situazione sociale cittadina e il suo volgere al peggio) riaperture della graduatoria generale. Quello che riguarda i rifugiati e i profughi, comprende una condizione, quella sul reddito, che nel bando generale è tradotta in punteggio mentre qui è escludente. Il requisito sulla morosità (il primo nella proposta) è una inedita e fantasiosa formulazione della “morosità incolpevole”, vale a dire quella che può scontare almeno 10 mesi di regolare pagamento del canone di locazione. Quello sullo sgombero (il secondo nella proposta) funziona come una estrazione del lotto perché è associato a circostanze che non dipendono per nulla dalla responsabilità dell'inquilino. Analogamente quello sull'alloggio “non idoneo all'abitazione”, che nella pratica, come è noto soprattutto ai funzionari dell'igiene pubblica, è accompagnato da una serie infinita di casi in cui l'inquilino soggiace al ricatto a cui è esposto, accettando condizioni abitative e contratti di locazione assolutamente fuori norma. Quello sulla sentenza di separazione è un pasticcio perché apre il sospetto ad una ipotesi di fraudolenza oppure da per scontata una lite tra i coniugi.
Esaminiamo ora la proposta di graduatoria. I punteggi e la cumulabilità degli stessi, oltre che cancellare qualsiasi complementarietà tra la graduatoria generale e quella dell'emergenza (alle stesse condizioni sociali si attribuiscono punteggi diversi), favoriscono senza ombra di dubbio le persone/famiglie ospitate nei centri di accoglienza del Comune; basta fare qualche calcolo.
Per la formazione della graduatoria generale la LR attribuisce punteggio ad un insieme di indicatori. Questi misurano, separatamente, la condizione abitativa, la condizione economica e la condizione sociale. Nella proposta del Comune viene attribuito un punteggio (il più alto) ad un solo indicatore tra quelli che misurano la condizione abitativa (tabelle D,E,F e G del Regolamento dei punteggi), vale a dire quello del domicilio in un centro di accoglienza del Comune . Per fare un esempio non molto lontano dalla realtà, chi è sgomberato ed è ospite di parenti, in condizioni di coabitazione e sovraffollamento, perde in un solo colpo 6 punti, i 4 del centro di accoglienza e i 2 della “rete parentale”. L'assenza di “rete parentale”, è un indicatore della condizione sociale inventato di sana pianta, fuorviante e interpretabile a gogò.
Per concludere, il nostro giudizio sulla proposta dell'assessorato è negativo. Chiediamo che quella proposta sia ridiscussa ad un tavolo più partecipato, in cui siano presenti l'atc, l'assessore all'urbanistica, altre associazioni di cittadinanza attiva impegnate direttamente o indirettamente a sciogliere l'intreccio tra uso speculativo del territorio, abbattimento dei diritti, la scelta di affidare al mercato il bisogno abitativo.


il Presidente del Coordinamento Asti-Est
Carlo Sottile








Nessun commento:

Posta un commento

  FONDO DI RESISTENZA   con i pregiudicati della ex Mutua SOMMA VERSATA A TUTT'OGGI     7300 e...