La gestione
dell'emergenza (art.10 della LR 3/2010 e art.6 del Regolamento delle
assegnazioni), rimanda ad un
contesto sociale e normativo di
cui bisogna tener conto. Diversamente, il rischio è quello di
accreditare una idea falsa del problema che si vuole affrontare e di
accrescere il danno di soluzioni che si riveleranno irrimediabilmente
provvisorie.
La
nuova LR, non a caso, innova proprio sul tema
dell'emergenza. All'attenzione del legislatore non sono sfuggiti
gli effetti della “crisi” (il moltiplicarsi degli sfratti
esecutivi, il drastico rovesciamento del rapporto tra questi ultimi e
quelli per finita locazione, la residualità dell'offerta di erp, un
mercato immobiliare divenuto escludente per una fascia sempre più
larga di cittadini).
Quello che il
legislatore non ha potuto o voluto fare, con lo strumento che gli è
proprio, è stato il rovesciamento del punto di vista della vecchia
legge, ossia la presa d'atto di una emergenza che si è
trasformata in normalità; la
normalità di un problema sociale che nelle sue cause mette in
evidenza un solido intreccio tra
uso speculativo del territorio, abbattimento dei diritti, la scelta
di affidare al mercato il bisogno abitativo.
Ne è risultato alla
fine un drammatico divario tra bisogno abitativo e disponibilità di
alloggi a canone sociale, tra redditi e mercato delle locazioni. Un
divario che la gestione dell'emergenza non può, da sola, colmare.
Ci vorrebbero forme di salario sociale diverse da quelle misere e
intermittenti disponibili, così come sono, condizionate dalla
mannaia delle cosiddette politiche di austerità. E' stato detto più
volte, ma prenderne atto in modo notarile è condannarsi
all'impotenza; auspicarle sperando che, a breve, arrivino con i
crismi della legalità è coltivare una illusione.
Poiché, nella
situazione data, dove la mancanza di alternative mostra quanto sia
rigida la gabbia delle leggi a tutela della proprietà (non tutto ciò
che è legale è giusto), la nostra associazione ha deciso di
sperimentare, disobbedendo alle leggi, una inedita forma di salario
sociale, l'occupazione e l'autogestione di edifici di nessuna
utilità sociale (Rif. Art.41 e 42 della Costituzione). Con
questa forma di salario sociale l'amministrazione comunale dovrà
prima o poi confrontarsi, perché non è stata disegnata in astratto
ma sciogliendo, insieme ad una quarantina di famiglie, l'immorale
intreccio di cui più sopra.
Ci sono provvedimenti
più rispettosi della proprietà di questo nostro. Ci sono le
requisizioni e gli espropri, che trovano la loro vocazione
costituente nell'art. 43 della Costituzione, c'è il ricorso alle
banche e alle fondazioni, possibilmente depurato dall'ennesimo
“foraggiamento” di queste ultime. Ma fino a questo momento
nessuno di questi provvedimenti è stato preso, e la disponibilità
di nuove abitazioni per le famiglie che vanno “fuori mercato” è
ancora residuale. I provvedimenti presi dall'assessorato (borse
lavoro, fondo antisfratti, annullamento delle decadenze in atc,
assegnazioni in emergenza, i solleciti presso altri enti, ecc) sono
tutti apprezzabili, perché
riducono il danno per un certo numero di famiglie ma, per il loro
effetto limitato, non possono, a nostro giudizio, arginare
significativamente l'emergenza abitativa. Ci vogliono altri
provvedimenti, fuori da questa ordinaria amministrazione.
Il Ferrotel, per
esempio, un edificio murato da anni, la negazione di una
“occupazione”; ex proprietà pubblica, adesso proprietà di una
finanziaria di cui si sono perse le tracce, finito in qualche
cartolarizzazione. Ecco la faccia della “legalità”, potremmo
dire. Ecco la gabbia della legalità che dobbiamo rompere.
Nell'insieme dei trenta edifici inutilizzati elencati dalla
Prefettura è quello da cui si affaccia il potere più astratto e
irriconoscibile, quello più estraneo all'interesse pubblico e alla
percezione dei comuni mortali: il partito del mattone che di nuovo si
affaccia nelle annunciate cartolarizzazioni degli edifici dell'asl.
Perché non sottrarre subito quell'edificio alla sua presente
inutilità sociale con un provvedimento di requisizione ?
Tutto questo preambolo
per ripetere, argomentando, che attraverso la gestione
dell'emergenza, vale a dire una serie di provvedimenti di ordinaria
amministrazione, non si risolve il problema abitativo in città e
provincia. Lo si può utilmente
diluire, purché tale gestione presupponga una riserva del
50 % degli alloggi disponibili e realizzi i seguenti obiettivi:
- il massimo di trasparenza delle procedure;
- la riduzione al minimo della discrezionalità dell'assessorato;
- la complementarietà della graduatoria dell'emergenza rispetto a quella generale;
- una lettura trasparente del problema sociale che la gestione dell'emergenza sottende.
Sono obiettivi che
giudichiamo importantissimi per responsabilizzare i cittadini,
renderli partecipi, allontanarli da pratiche filantropiche o
clientelari o assistenziali che dir si voglia.
La nuova LR innova
anche sul tema della durata dei bandi e della gestione delle
graduatorie (art.5 della LR e
art.6 del Regolamento del bando). I bandi possono durare fino
a 4 anni ma nel corso dei quattro anni, è facoltà del Comune
riaprire le graduatorie almeno due volte all'anno (comma 3 dell'art.6
del Regolamento del bando) . Questa facoltà non è derogabile
(come è stato detto nel corso
dell'ultimo incontro) e rimanda a delle scelte da farsi a
ragion veduta. L'art.6 del Regolamento del bando specifica in quali
circostanze devono essere riaperte le graduatorie, precisamente
quando ci sono nuove richieste di accesso al bando nonché
richieste di aggiornamento dei punteggi. Anche questa
innovazione, come quella dell'emergenza, rimanda all'attenzione del
legislatore verso il generale peggioramento delle condizioni
abitative di una fascia sempre più alta di popolazione.
Ora, in coerenza con
quanto su osservato, volendo dare all'emergenza una misura, cioè
attribuire un punteggio alle condizioni abitative, sociali e di
reddito in cui l'emergenza si manifesta, si deve ottenere un
risultato in cui le due graduatorie siano quanto più
sovrapponibili, vale a dire la prima, quella dell'emergenza, deve
risultare complementare alla seconda, poiché le persone e famiglie,
colpite da sfratto, sgombero o altro, che la compongono, si possono
ragionevolmente considerare le candidate più prossime alla prima
riapertura della graduatoria generale. Diversamente la
graduatoria dell'emergenza, nel contesto di cui si è detto e con le
modalità proposte dall'assessorato, rischia di diventare la via
più facile e meno trasparente per ottenere la casa popolare, oltre
che motivo di polemica tra persone e famiglie già fin troppo
coinvolte in una guerra tra poveri.
Prima di esaminare le
modalità proposte dall'assessorato, riassumiamo qui per sommi capi
la nostra proposta:
- Art. 10 e relativa normativa: delibera per il 50 % delle riserve da destinare all'emergenza abitativa;
- istruttoria ed esito della stessa: unificare moduli di richiesta inserimento, documenti da allegare per documentare condizione abitativa e soprattutto sociale, informazioni e loro pubblicità;
- attribuzione dei punteggi: in relazione alla condizione abitativa e sociale, con gli stessi criteri di formazione della graduatoria generale;
- riduzione della graduatoria dell'emergenza: nella graduatoria generale alla prima scadenza di revisione di quest'ultima.
Dunque abbiano detto
che la gestione dell'emergenza dovrebbe garantire: il massimo di
trasparenza delle procedure, la riduzione al minimo della
discrezionalità dell'assessorato, la complementarietà della
graduatoria dell'emergenza rispetto a quella generale e, insieme, una
lettura trasparente del problema sociale che la gestione
dell'emergenza sottende.
Con quella proposta
l'assessorato tradisce l'intenzione (non nuova) di ridurre
l'emergenza a numeri e di ridurre quelli filtrando le condizioni
abitative definite dall'art.6 del Regolamento delle assegnazioni, con
una serie di requisiti costruiti allo scopo, cioè estranei alla
normativa generale della LR. Inoltre l'assessorato, con la
graduatoria proposta e i relativi punteggi, mostra esplicitamente di
voler “premiare”, tra le persone/famiglie utilmente collocate in
graduatoria, quelle temporaneamente domiciliate nei centri di
accoglienza del Comune.
Si tratta nell'insieme
di un aumento della discrezionalità dell'assessorato a cui
ovviamente concorre la scelta di non fissare il 50% delle riserve
da destinare all'emergenza (nella
proposta non c'è neanche un cenno a questa possibile scelta, che
invece da senso alla nostra proposta).
Vediamo più in
dettaglio la proposta dell'assessorato. Tutti i requisiti proposti
non rispettano lo spirito della LR, oltre che ignorare le necessarie
(data la situazione sociale
cittadina e il suo volgere al peggio) riaperture della
graduatoria generale. Quello che riguarda i rifugiati e i
profughi, comprende una condizione, quella sul reddito, che nel bando
generale è tradotta in punteggio mentre qui è escludente. Il
requisito sulla morosità (il primo nella proposta) è una inedita e
fantasiosa formulazione della “morosità incolpevole”, vale a
dire quella che può scontare almeno 10 mesi di regolare pagamento
del canone di locazione. Quello sullo sgombero (il secondo nella
proposta) funziona come una estrazione del lotto perché è associato
a circostanze che non dipendono per nulla dalla responsabilità
dell'inquilino. Analogamente quello sull'alloggio “non idoneo
all'abitazione”, che nella pratica, come è noto soprattutto ai
funzionari dell'igiene pubblica, è accompagnato da una serie
infinita di casi in cui l'inquilino soggiace al ricatto a cui è
esposto, accettando condizioni abitative e contratti di locazione
assolutamente fuori norma. Quello sulla sentenza di separazione è un
pasticcio perché apre il sospetto ad una ipotesi di fraudolenza
oppure da per scontata una lite tra i coniugi.
Esaminiamo ora la
proposta di graduatoria. I punteggi e la cumulabilità degli stessi,
oltre che cancellare qualsiasi complementarietà tra la
graduatoria generale e quella dell'emergenza (alle stesse condizioni
sociali si attribuiscono punteggi diversi), favoriscono senza
ombra di dubbio le persone/famiglie ospitate nei centri di
accoglienza del Comune; basta fare qualche calcolo.
Per la formazione della
graduatoria generale la LR attribuisce punteggio ad un insieme di
indicatori. Questi misurano, separatamente, la condizione abitativa,
la condizione economica e la condizione sociale. Nella proposta del
Comune viene attribuito un punteggio (il più alto) ad un solo
indicatore tra quelli che misurano la condizione abitativa
(tabelle D,E,F e G del Regolamento dei punteggi), vale a
dire quello del domicilio in un centro di accoglienza del Comune .
Per fare un esempio non molto lontano dalla realtà, chi è
sgomberato ed è ospite di parenti, in condizioni di coabitazione e
sovraffollamento, perde in un solo colpo 6 punti, i 4 del centro di
accoglienza e i 2 della “rete parentale”. L'assenza di “rete
parentale”, è un indicatore della condizione sociale inventato di
sana pianta, fuorviante e interpretabile a gogò.
Per concludere, il
nostro giudizio sulla proposta dell'assessorato è negativo.
Chiediamo che quella proposta sia ridiscussa ad un tavolo più
partecipato, in cui siano presenti l'atc, l'assessore
all'urbanistica, altre associazioni di cittadinanza attiva impegnate
direttamente o indirettamente a sciogliere l'intreccio tra uso
speculativo del territorio, abbattimento dei diritti, la scelta di
affidare al mercato il bisogno abitativo.
il
Presidente del Coordinamento Asti-Est
Carlo
Sottile
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