Leggo su
La Stampa di oggi che entro venti giorni le famiglie che occupano lo
stabile della ex mutua saranno buttati fuori. Si tratta di famiglie
gravemente colpite dalla crisi che, venendo a mancare lo stipendio
non potevano più pagare l'affitto. Per loro è scattato
immediatamente lo sfratto.
Il Coordinamento Asti Est, che si occupa anche di questi casi, li ha aiutati
ad entrare in questa struttura pubblica, indecentemente trascurata e
abbandonata al degrado dalla proprietà e dove le persone interessate
hanno svolto lavori di recupero.
Ma le
cose che vorrei sottolineare e che mi hanno veramente indignato sono
le seguenti:
- la proprietà è dell'ASL che per sua natura dovrebbe “curare” le persone e non gettare in mezzo ad una strada, uomini donne e bambini;
- l'edificio è stato costruito nell'immediato dopoguerra (prima guerra mondiale) ad opera degli operai metallurgici che, dopo aver lavorato duramente e mal pagati, mettevano braccia e denaro per avere una loro casa sociale. Il fascismo, se ne appropriò con mezzi brutali che convinsero il comitato di gestione ad una “donazione” forzata.
Due erano
i metodi che i fascisti usavano per appropriarsi dei beni altrui:
quello che ho appena descritto e le requisizioni. Dopo la
liberazione, i beni che erano stati requisiti furono restituiti, ma
nel caso della ex mutua non fu così perché si sostenne che fu una
donazione, anche se forzata dalla violenza. Passò così al Demanio.
Ritengo
che oggi si debba fare giustizia e restituire ai “metallurgici”
nella figura dei sindacati, o almeno a scopi sociali, questo edificio
ed evitare di farne oggetto di speculazioni, riconoscendo, anche se
dopo tanto tempo, l'ingiustizia compiuta.
Un popolo
che rivendica tradizioni cristiane non può permettere che si
consumino tali cose.
Cordialmente
Bruno
Giaccone
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