sabato 28 luglio 2012

FIN DOVE CONDUCE IL DISCORSO


Processo civile di via Orfanotrofio; ordinanza di sgombero in data 5/7/2012. possibile ricorso in appello da depositare nella cancelleria della Corte d’Appello competente, entro 30 gg dalla notificazione della sentenza.

Il ricorso in appello contro l'ordinanza, per tutti i denunciati, ci costerebbe circa 500 euro di spese processuali (da non confondersi con le spese degli avvocati), perché uno dei denunciati, tra tutti, non gode di patrocinio gratuito (ha un reddito che supera i 10.000 euro/anno circa). Diversamente per il processo penale dove il patrocinio gratuito di uno evita le spese processuali di tutti.
Nel nostro caso una via di uscita c'è, vale a dire fare il ricorso solo per i denunciati che godono del patrocinio gratuito. Si eviterebbe così l'onere delle 500 euro ma si renderebbe più problematica la sorte processuale dell'unico escluso. Commentando velocemente con gli avvocati questa circostanza sembrerebbe che gli effetti negativi della esclusione sarebbero facilmente elusi, complice il fatto che la convivente dell'escluso gode del patrocinio gratuito.
Bisogna tenere presente che il ricorso non ha un esito positivo scontato. Il ricorso, con i tempi delle sue procedure, ritarderebbe il passaggio in giudicato dell'ordinanza. Inoltre potrebbe avere, come esito migliore, la sospensione della ordinanza di sgombero. Su questo però ci sono rimasti molti dubbi, da chiarire ovviamente con gli avvocati. I due effetti su detti, creerebbero una situazione di incertezza di cui potremmo giovarci nel corso di una possibile trattativa con l'asl e il Comune. Sarebbe un prendere tempo che non toglierebbe però all'asl il diritto di esigere lo sgombero.
Ci conviene dunque fare questo ricorso ? Sembrerebbe di si, considerando che nel contesto in cui si svolgerebbe questa trattativa non si intravvede, al momento, alcuna condizione favorevole ai fautori dello sgombero i quali, a ben vedere, non si sono ancora fatti vivi. L'asl, nonostante dichiari di essere nella condizione di vendere (ci sarebbero dei compratori dell'edificio) sembra orientata ad una soluzione socialmente sostenibile del problema abitativo delle 11 famiglie “occupanti”. I sindacati confederali hanno confermato questo orientamento e le prime mosse dell'assessore sembrano andare nello stesso senso, anche se i fatti reali, salvo che il conteggio dei 20 giorni concessi dal giudice è appena iniziato (solo ieri è stata notificata agli interessati la sentenza di sgombero), nella loro olimpica sospensione, non confermano assolutamente nulla.
Siamo dunque ai preliminari di una eventuale trattativa in cui però i nostri interlocutori hanno già cancellato, è bene rilevarlo, uno degli obiettivi dell'Associazione, vale a dire l'uso sociale e la proprietà pubblica dell'edificio; un obiettivo che noi giustamente consideriamo complementare alla tutela del diritto all'abitare delle famiglie. Mancando quello, si cadrebbe pesantemente in una situazione di guerra tra poveri che ha per posta i pochissimi alloggi di erp disponibili. Sarebbe un già visto (l'occupazione degli alloggi inpdap del 2001) aggravato dal fatto che oggi la situazione sociale è assai più grave di allora.
Ma torniamo all'analisi del contesto. Per quanto riguarda la possibile “valorizzazione dell'edificio” tutti i dati che descrivono il mercato immobiliare (il ruolo delle banche, la possibilità di vendere alloggi, l'attività delle costruzioni) tolgono credibilità alle dichiarazioni dell'asl circa l'affacciarsi di acquirenti dell'edificio di via Orfanotrofio. L'assessorato ai Servizi Sociali non ha al momento nessuna disponibilità di alloggi popolari o a canone calmierato e non può andare oltre la richiesta di avere tempo per preparare qualche soluzione. L'opinione pubblica a noi favorevole, in parte sovrapponibile a quella politica che ha promosso la presente giunta comunale, non accoglierebbe certo di buon grado il drammatizzarsi della situazione.
Il contesto certifica dunque due condizioni. La prima, nessuno dei nostri interlocutori istituzionali è al momento in grado di far fronte alle conseguenze di uno sgombero senza alternativa abitativa per le famiglie. La seconda, viene confermata la nostra analisi e il nostro orientamento teorico/pratico. Il che ci impegna, ben al di là dell'esito del ricorso, a dare un carattere sempre più costituente (o a vocazione costituente) delle nostre azioni nonché a smascherare la cortina di chiacchiere, che ogni volta si alza, adesso anche con la complicità di una giunta dialogante, per nascondere l'impossibilità di riottenere attraverso gli attuali assetti di potere, il rispetto dei diritti costituzionali.
Bisogna tornare in via Orfanotrofio, rilanciare tutti i progetti che vi abbiamo agito per più di un anno, creare nuove situazioni che confermino l'uso sociale dell'edificio, far valere in questo modo l'unica uscita ammissibile da quell'edificio, vale a dire la conferma di quanto prospettato nel piano di fattibilità della famosa variante asl (19 edifici di edilizia residenziale pubblica, gestione della atc, canoni di affitto per la manutenzione, recupero dell'investito con la vendita di autorimesse del piano interrato e l'affitto di spazi commerciali al piano terreno).
A questo proposito dobbiamo esigere dalla amministrazione comunale il massimo della trasparenza. L'affacciarsi agli uffici dell'urbanistica di operatori intenzionati a cogliere le previsioni del PRG deve immediatamente aprire una discussione pubblica in organismi partecipati. Non dovrebbe avere una buona accoglienza presso l'amministrazione e la comunità dei cittadini più consapevoli qualunque acquirente dell'edificio che avesse solo l'intenzione di protrarne la “attesa di valorizzazione”. Avrà ovviamente la nostra ostilità, implicita nei progetti che già agiamo in quell'edificio.

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