mercoledì 25 marzo 2009

CASE POPOLARI AGLI ASTIGIANI DOC


Apprendo che la giunta comunale ha approvato su proposta dell'assessore ai Servizi Sociali Verrua una modifica del regolamento per l'assegnazione delle case popolari. Un semplice dato anagrafico, l'anzianità di residenza, assunto tra i criteri di assegnazione. Si formerà di fatto una sotto-graduatoria di persone/famiglie che auto-certificheranno quel dato (30 anni e più di residenza) alle quali potrà essere assegnato un alloggio, nella misura del 30 % degli alloggi disponibili su base annua.
Dopo l'abolizione della graduatoria delle emergenze, giudicata discriminante perché autorizzava, in casi di estremo disagio abitativo, le “assegnazioni fuori graduatoria” (peraltro previste dalla LR 46/95, art 13), viene istituita questa “sotto-graduatoria” che, alterando il valore dei punteggi a favore di chi vi è inserito, “normalizza” una discriminazione ancora più discutibile, perché non ha nulla a che fare con il bisogno abitativo.
Sarà dunque possibile che una persona/famiglia, residente da più di 20 anni, inserita in graduatoria con 2 punti, possa precedere nell'assegnazione di una casa popolare una persona/famiglia, residente con meno di 20 anni, inserita nella stessa graduatoria con 12 o 14 punti. Complimenti, l'assessore ha superato se stesso. Sospettava di fraudolenza l'istruttoria pubblica di ogni caso di emergenza abitativa (al “tavolo delle emergenze”, complici, c'erano enti e associazioni), adesso è fraudolenta la norma stessa !
Un capolavoro di iniquità che il TAR della Lombardia (settembre 2004) ha già discusso, dichiarando la illegittimità di un atto della Regione, che introduceva quel criterio nel regolamento per l'assegnazione delle case popolari. I giudici hanno considerato quel criterio, l'anzianità di residenza, “estraneo alla ratio della normativa dell’Erp (edilizia residenziale pubblica)”.
Ma non ci sono solo gli atti di Asti e di Milano. In tutte le giunte dove la Lega ha posizioni di governo, il dato anagrafico della anzianità di residenza viene assunto come criterio fondamentale per l'accesso ai servizi sociali del Comune, dall'asilo nido alla casa. Un orientamento politico il cui tratto essenziale è la violazione di garanzie costituzionalmente riconosciute.
Gli antefatti di questo orientamento vengono occultati perché è difficile attribuirne la paternità politica, ma è facile leggervi l'annuncio di ciò che sta accadendo, perché hanno reso “non esigibile” un diritto, quello alla casa, riconosciuto dalla Costituzione e dagli Statuti (quello della regione Piemonte compreso). Elenchiamo questi antefatti: l'abolizione della Gescal nel 94 (la fonte finanziaria per l'erp), l'abolizione dell'equo canone nel 98 (la garanzia di un canone proporzionale al reddito), le privatizzazioni del patrimonio di edilizia abitativa degli enti 2001 (decine migliaia di alloggi di edilizia residenziale pubblica).
Sono atti pubblici che hanno scandito la consegna del bisogno abitativo al mercato e alle lobby immobiliari. Sono gli atti che hanno reso residuale nel nostro Paese (diversamente dagli altri paesi europei) l'edilizia residenziale pubblica, hanno fatto esplodere un mercato immobiliare speculativo, hanno escluso da questo mercato la parte di popolazione con redditi modesti o intermittenti, hanno infine ridotto la casa popolare ad una risorsa così scarsa da non poter essere amministrata per rispondere ad un bisogno sociale, meno che mai ad un diritto.
I dati della realtà nazionale e locale ci mostrano infatti un bisogno abitativo negato. Sono 600.000 le famiglie in attesa di casa popolare in inesauribili graduatorie Atc (il tasso medio nazionale di assegnazione è del 7 % delle domande). Le centinaia di famiglie che affolleranno il prossimo bando astigiano (possiamo presumere 700/800 famiglie) saranno messe di fronte per un biennio ad una disponibilità presunta di circa 30 alloggi popolari all'anno, quelli lasciati dagli inquilini per ragioni varie (morte, superamento dei limiti di reddito, morosità colpevole, ecc). Il Comune disporrà di nuovi alloggi popolari solo nel 2011.
Oggi, l'illusione che i proprietari immobiliari e le loro lobby possano arricchirsi in modo virtuoso non si è ancora sciolta, nonostante ci siano in città migliaia di alloggi privati sfitti (nel 2004 erano più di mille, possono essere il doppio adesso), nonostante siano a migliaia i cittadini che subiscono, senza alternative, i rigori di insostenibili condizioni abitative (alloggi impropri, sovraffollamenti, coabitazioni), e spesso anche il dramma dello sfratto;
Quegli alloggi attendono di essere occupati. Bisogna ripartire da lì, con le migliaia di cittadini che sono stati espropriati del diritto alla casa. Intanto sarebbe bene che le associazioni e i sindacati degli inquilini promuovessero un ricorso al TAR e rendessero pubblica la discussione del problema.
Carlo Sottile

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