mercoledì 10 ottobre 2012

UNA COMUNITÀ IN MOVIMENTO


Dopo un convivio improvvisato in Piazza San Secondo, i presenti, volontari dell'associazione e famiglie “occupanti”, striscioni e scampoli d'urbanizzazione in sagome di cartone, queste ultime ben visibili issate su canne palustri dai più volenterosi, hanno raggiunto in corteo il luogo dell'appuntamento, sotto la Prefettura. Ma prima di partecipare al convivio, anticipato da the pasticcini e pane arabo – questa dominanza del gusto nordafricano vorrà pur dire qualcosa - le strategie dell'attenzione erano già state dispiegate. Volantini, mostre, appelli e brevi informazioni al microfono, per invogliare i passanti e sopratutto i tranquilli frequentatori della piazza a mettersi in ascolto, cogliere almeno il senso generale di quella presenza lì, essendo il dramma abitativo appena percepito, le famiglie sfrattate come fantasmi persino fastidiosi per chi non ha altro da fare che badare a se stesso.

Tutto un campionario di situazioni. Persone con la coscienza di sé e del mondo estenuata, dissipata, smarrita, espropriata in trent'anni di individualismo proprietario, e indigestione di consumi e spettacolo. Quelle che non colgono la straordinaria frattura del tempo presente, nella traiettoria di una palla inseguita da un bambino, per fortuna di bambini ce ne sono molti. Anziani pensosi di sé che forse non si raccapezzano più, altri in compagnia si affidano alla chiacchiera per consumare giudiziosamente il tempo dell'ozio. Sulla soglia tra il passato e il presente, dicono e ascoltano storie ricche di senso, storie di generazioni, che rischiano di andare perdute con i loro protagonisti. Così che, quando qualcuno si avvicina per fare domande, oppure mostra di avere già una idea del problema o dei problemi, l'oscuro militante si illumina e si conforta. Non sono tutti accecati dunque.
Il clima è mite ed è difficile, da lontano, cogliere le differenze che animano i diversi gruppi e le impossibilità di comunicare e i singoli mondi che neppure si sfiorano, linguaggi, simbolismi e miti da cui ognuno può ricavare significati radicalmente diversi. Ad unificare nello sguardo, gazzelle dei carabinieri comprese, sono i vecchi edifici e la Collegiata, architetture concepite per fare da cortina ad un “luogo di rispetto”, la piazza appunto, dove i particolari ancora si riconducono ad uno, dove il presente sta scomodo, ma il passato e le sue proiezioni sul futuro indugiano, come un treno che rallenta e li per li non si sa se stia arrivando o partendo.
Quando il corteo, ingrossato nell'attesa da un gruppo di severi militanti con bandiere, si mette in moto, dopo essersi concesso ai lampi dei fotografi e alle incursioni (nostalgiche ?) dell'assessore ai servizi sociali, è ormai l'imbrunire. E' il momento esatto in cui le fiamme liturgiche di quaranta fiaccole, moltiplicano all'infinito il mistero della luce che illumina il cammino. Ci siamo mossi in tanti, in realtà si è mossa la speranza, che è dura a morire. Famiglie, dunque bambini in carrozzella, alcuni nati in “flagranza di reato”, l'intenzione di far vedere alla città il lato oscuro di se stessa, la città prevalentemente mercantile e sue famiglie “fuori mercato”. Gli edifici vuoti, senza vita nel loro valore di scambio, “in attesa di valorizzazione” dicono “loro”, quelli del partito del mattone. L'ospedale vecchio, l'Upim, i segni di un modello sociale in crisi, le tentazioni di un diabolico perseverare in un uso dissennato del territorio e della sua parte più urbanizzata. Una sosta. Le parole del militante amplificate dal sound system si diffondono perentorie. Il fantasma del progetto di un albergo a 5 stelle si aggira come un corvo, il cartellino “etico” legato ad una zampa è il messaggio per i ricchi che lo frequenteranno. Il corteo si è allungato nei due corsi e le fiaccole ne tratteggiano il movimento ma è la colonna sonora che lo differenzia da una processione........ “Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti”... alla sua testa il sound system suona la musica della rivolta.
In piazza San Secondo la coreografia è stata un naturale florilegio. Raro esempio di creatività collettiva, di manifestazione dell'immanenza. Ciò che la speranza e il desiderio fanno partorire alla materialità del mondo. Qualcuno, apparentemente per disfarsene, ha posato il moccolo della fiaccola ai piedi dell'arredo arboreo, al centro della piazza, esattamente come si fa per lasciare che la fiamma si estingua da sola. Un inconsapevole gesto propiziatorio. Gli altri lo hanno seguito, così dopo qualche minuto gli alberi erano circondati da una corona di fiammelle e quest'ultima da una corona di persone attratte da una immagine di comunità che si raccoglie in se stessa. Una comunità in movimento, appunto.

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