sabato 11 dicembre 2010

Al Direttore dell'ASL

Egregio Direttore
La ringraziamo innanzi tutto dell'atteggiamento dialogante, prezioso data l'asprezza dei tempi, che ci ha mostrato nel corso della breve conversazione di venerdì scorso. Un atteggiamento che impone una reciprocità a cui noi, volontari dell'associazione Coordinamento Asti-est, ben volentieri ci atteniamo. Fuori da ogni rituale e con poche parole e soprattutto con la consapevolezza della gravità dei problemi di cui stiamo parlando, nonché delle responsabilità che implicitamente richiamano, ci ha chiesto di precisarle meglio il senso, le modalità e i limiti della nostra azione. Quel che segue è la nostra risposta.
La nostra azione, che noi non a caso abbiamo definito di “uso temporaneo di un edificio di proprietà dell'asl”, è stata al tempo stesso necessitata e strumentale. Necessitata perché, come più volte segnalato a Sindaco e Prefetto, persone e famiglie in numero sempre maggiore si sono trovate loro malgrado a dover affrontare, senza dignitose alternative, tutte le difficoltà e i drammi di uno sfratto per morosità giunto alla fase esecutiva. Strumentalele finalità di una “politica” per la casa. perché ogni nostra azione è necessariamente orientata alla ricerca di interlocutori istituzionali o sociali in grado di reggere, in atti concreti, capacità progettuale e risorse,
Questo nostro agire (contrasti degli sfratti, “occupazioni”, accompagnamento delle famiglie) necessitato e strumentale, ci è imposto dal nostro stesso ruolo di “associazione di volontariato sociale”, vale a dire una associazione che (citiamo uno dei nostri maestri di pensiero) “deve concorrere con gli enti pubblici a rimuovere le cause della emarginazione e della devianza”. La definizione ci aiuta a descrivere uno dei paradossi della situazione presente, vale a dire un concorrere che l'assenza di un interlocutore deforma necessariamente in un sostituirsi. Così, ecco il paradosso, mentre l'assessore si segnala per la sua assenza (per non dire di peggio), la Prefettura e la Questura si segnalano per l'impegno che mettono nell'evitare che un così grave problema sociale sia derubricato a problema di ordine pubblico, la Questura e la Prefettura. L'unico tentativo di affrontare concretamente l'emergenza abitativa, mettendo in campo beni relazionali e risorse economiche è venuto dalla Prefettura (tavolo del 23/11/2010).
Ovviamente, ma finora costrette in un ruolo sostitutivo (dell'ente pubblico) ci sono le Associazioni (la Caritas e alcune altre). In questo contesto le loro azioni, anche quelle più solide, rischiano di scadere in filantropia, rimedi alle regressioni più estreme di un sistema sociale che viene nella sostanza confermato nei suoi assetti di potere, nelle sue relazioni più escludenti.
Il secondo paradosso evidentemente legato al primo, è il manifestarsi di un bisogno abitativo sempre più insoddisfatto, che si confronta con la modestia (rispetto al bisogno) dei programmi di nuove costruzioni dell'atc e soprattutto con una attività immobiliare così orientata dal “mercato”, così speculativa, così escludente (per redditi falcidiati dalla disoccupazione, ridotti ad temporanei ammortizzatori sociali oppure intermittenti o neri), da disseminare sul territorio del Comune migliaia di alloggi sfitti e decine di manufatti edilizi, vuoti, abbandonati all'incuria o nella migliore delle circostanze, privati del loro possibile valore d'uso e messi “in attesa di valorizzazione” (sai intende ovviamente mercantile).
Questi due paradossi sono quelli che danno più senso alle nostre azioni, compresa quella che abbiamo appena fatto in via Orfanotrofio e di cui stiamo parlando. E' la seconda occupazione di un edificio pubblico, “in uso temporaneo”, che facciamo. La prima, che dura ormai da nove mesi, è quella di via Allende. La richiamiamo brevemente di seguito per spiegare meglio la seconda, quella di via Orfanotrofio.
La possiamo sintetizzare così: tutelare il diritto all'abitare di sei famiglie rimaste senza alternativa abitativa, sottrarre all'abbandono e all'incuria un edificio residenziale di proprietà pubblica, confermandone nell'uso il carattere pubblico, vale a dire di un bene indisponibile al “mercato”, stabilire delle regole d'uso che avvicinassero quell'esperienza alla normale esperienza di autogestione di un condominio di case popolari. Il tutto ovviamente in uno scenario orientato al dialogo e al negoziato, al concorso con altri enti pubblici.
Le differenze obiettive tra quella situazione e la presente ovviamente non ci sfuggono. Alcune sono positive, vale a dire: interlocutori meno evanescenti perché presenti sul territorio in carne ed ossa, uno strumento urbanistico, in fase di approvazione, che prevede quote di edilizia residenziale pubblica. Altre sono assai negative, vale a dire: l'edificio di via Orfanotrofio, non è residenziale, dunque ha soluzioni edilizie difficilmente configurabili in unità abitative, ha le utenze centralizzate quindi difficilmente frazionabili e così via.
Tutto questo dovrebbe rendere la nostra presenza lì ancora più provvisoria, in ogni caso faremo di tutto per creare le condizioni di una abitabilità minima per le otto famiglie che abbiamo da subito tra quelle con sfratti esecutivi difficilmente rinviabili (allegato 1). Al momento abbiamo tracciato idealmente delle unità abitative attorno ai servizi esistenti, le abbiamo assegnate a sorte e abbiamo dato l'avvio ad un sistema delle regole che sarà simile a quello adottato in via Allende (allegato 2).
Ovviamente ci aspettiamo due eventi. Il primo è l'apertura di un confronto/negoziato tra le associazioni e gli enti, per affrontare in modo efficace l'emergenza. In termini più concreti: mettere attorno ad un tavolo enti e associazioni che siano in grado di tracciare un percorso da qui ai primi mesi del 2012, quando inizieranno ad essere disponibili i primi alloggi di uova costruzione. Un percorso di tutela del diritto all'abitare di tutti i cittadini.
Il secondo evento è ovviamente una prima formalizzazione della nostra presenza in via Orfanotrofio, dei suoi tempi e delle sue regole, subito seguito dall'allacciamento delle utenze, della luce e dell'acqua almeno..
Non ci sfuggono nel contesto alcune circostanze, che ovviamente rileviamo a modo nostro. Circostanze che rendono più complicato e difficile il compito di rimuovere le cause del presente malessere sociale ed in particolare della negazione del diritto all'abitare a danno di migliaia di cittadini. La prima è l'ossessione per il mercato e i suoi valori (opportunismo, cinismo), che fa dire ad alcuni “se sei fuori mercato sei da gettare”. Il che significa fare del mercato la misura e la regolazione di tutte le relazioni, di tutti i bisogni, di tutti gli interessi (compreso quello alla cultura). L' ossessione agita nel tempo ha portato alla soppressione di tutti i diritti sociali che la Costituzione e altre Carte affermano ormai in modo notarile. La seconda è che le relazioni di mercato sono diventate così liquide da affogare qualunque altra relazione (di solidarietà, di vicinato, di mutuo soccorso, persino di amicizia) e così indifferenti alla “politica” da distillare una sovranità e dunque un potere, assolutamente lontana, e dunque senza alcuna legittimazione democratica, da quella che si esercitava nelle forme previste dalla Costituzione. In città, illuminante da questo punto di vista, la vicenda della Way Assauto, disseminata di rituali e con i diretti protagonisti ridotti a comparse di un disegno tracciato altrove, da padroni tanto più potenti quanto più evanescenti e inafferrabili.
Per il Coordinamento Asti-Est
Piccinini, Sottile, Squillia, Malandrone, Gullino, Borra

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