Articolo
5 del Decreto Lupi del 2014, Decreto Minniti del 2017 sulla sicurezza
urbana, decreto Salvini del 28 Settembre 2018.
Tre
provvedimenti che sono parte di un unico disegno, con interpreti
diversi, che ha il duplice obiettivo di colpire qualunque autonomia
sociale e di costruire popolazioni nemiche o da assistere, lasciando
intatto il quadro strutturale dei problemi e delle disuguaglianze, di
accesso alla casa e delle politiche sociali e abitative assenti.
L’ossessione per la sicurezza e la tutela della proprietà privata
a prescindere produce paura e povertà, non ha confini né di razza
né di colore e non risolve alcun problema. Una volta aperta la diga
dell’ordine pubblico, del decoro, della pulizia sociale, della
legalità formale, si sa da dove si comincia a colpire (immigrati,
neri, rom), ma non si sa dove si finisce. Prima o poi, anche altre
parti della popolazione diventeranno oggetto di quelle politiche di
repressione, in cui a prevalere è una sola idea: pulire la città e
sterilizzare lo spazio pubblico da tutte quelle presenze ed attività
considerate indecorose, allontanando la ‘brutta gente’, gli
appartenenti alle rinnovate classi pericolose. Persone senza tetto,
ambulanti, parcheggiatori senza permesso, artisti di strada, persone
che chiedono l’elemosina, occupanti di abitazioni, immigrati
presenti nello spazio pubblico o ospiti del sistema di accoglienza
sono stati costruiti come soggetti problematici per l’ordine
pubblico, da controllare.
“Chi
è povero è colpa sua”. È la morale di «lor signori»,
implementata in leggi, procedure, culture di governo. I signori della
disuguaglianza hanno avuto dalla loro “i mercati” e le complicità
di ceto. Sta di fatto che adesso, nel nostro Paese, chi vuole
giustizia sociale e il rispetto della Costituzione viene trattato
come un sovversivo. Uno dei distillati più recenti di questa deriva
autoritaria, è la legge 80/2018, Lupi-Renzi; quella che criminalizza
la povertà (niente residenza e allacciamento alle utenze per le
famiglie sfrattate che “occupano abusivamente”), consegna al
“partito del mattone” la supremazia delle trasformazioni del
territorio, mette fine all’edilizia residenziale pubblica. Così,
il nesso tra a) diritto all’abitare, b) riuso del patrimonio
immobiliare eccedente, c) accoglienza, che poteva essere sciolto a
favore dei senza casa, è stato sciolto, da quella legge, a favore
della possidenza. In altri termini, valori immobiliari invece di
valori civici. Ebbene, con il decreto Salvini, la morale di «lor
signori» è diventata ancora più “autorevole”. Infatti, tale
decreto, mentre è persecutorio verso i migranti (respingimenti e
deportazioni), trasferisce la sua impronta “disciplinare” ad un
improbabile “reddito
di cittadinanza”; un misto di corvée e di lavoro imposto,
destinato ai lavoratori intermittenti di cittadinanza
italiana. Insomma «lor signori» garantiscono l'ordine della
disuguaglianza, dosando opportunamente repressione e assoggettamento.
D’ora in poi, i frequentatori degli spazi pubblici, per ragioni di
giustizia sociale, i cui sentimenti e comportamenti non siano
conformi alla sacralizzazione della proprietà e al più becero
legalitarismo, saranno repressi più di prima, ovunque essi siano,
strade,
piazze, slarghi di scuole e fabbriche. Quel decreto
infatti, inasprisce con un raddoppio, tutte le pene previste
dall'art. 633 del cp. È uno degli articoli più ricorrenti, nei
processi che hanno accompagnato i conflitti sociali fin dai tempi di
Danilo Dolci. Un articolo di chiara impronta fascista, usato a man
bassa dai giudici, a prescindere dal dolo, cioè dall’intenzione
degli imputati. Attenzione, l’ordine morale e giuridico
costituzionale è già stravolto.
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