Ho
appena finito di leggere la lettera che Paolo Berdini ha inviato al
“Fatto” (integralmente sul sito del Coordinamento Asi-Est:
http://coordinamentoasti-est.blogspot.it/).
L’assessore all’Urbanistica argomenta i provvedimenti presi, a
sua firma, dalla giunta comunale di Roma. Alcuni si giustificano da
sé, come la costruzione di 3000 alloggi popolari (la
sottolineatura è mia), il ripristino delle regole per
l’affidamento degli appalti pubblici, il finanziamento di piani di
riqualificazione urbana di due periferie. Gli altri, i più discussi,
sono provvedimenti oppositivi di progetti di
trasformazione del territorio urbano, già certificati dalle giunte
precedenti o semplicemente annunciati, ma non ancora arrivati alla
fase esecutiva.
Un
esame, sia pure sommario, di tali progetti è sufficiente per avere
in totale trasparenza, sia il profilo dei committenti, sia le
finalità perseguite. Si tratta, dalla parte dei committenti, del
partito del mattone tra i più potenti del Paese. Una consorteria
di costruttori, finanzieri, proprietari fondiari, politici e
giornalisti di primo piano che, pur trovando nel corso dei decenni
dei fieri antagonisti, i sindaci Petroselli e Argan per esempio,
tiene tutt’ora in mano il diritto ad edificare la città. Si
tratta, dalla parte delle finalità, di un agire predatorio, che non
risparmia beni comuni e interessi pubblici.
Questa
condotta è stata definita da taluni critici “l’ennesimo sacco di
Roma”. Infatti solo una arcaica cultura della possidenza, incarnata
in soggetti politici forti, può dar conto del presente dissesto
urbanistico e sociale della città. Una cultura che ha avuto i suoi
militanti fin dentro la Corte Costituzionale. Si veda, al proposito,
la vicenda (1962) del ministro Sullo, politicamente liquidato per
aver sostenuto la legittimità dell’esproprio generalizzato, vale a
dire, la misura necessaria per dotare i comuni di terre del demanio.
In tale circostanza la proprietà fondiaria ha assunto “per sempre”
una posizione politica di assoluto rilievo e la rendita fondiaria è
diventata la misura dello sviluppo.
Quella
stessa cultura ha conosciuto fasti recenti con la cosiddetta
“urbanistica contrattata”. Cosicché, in un sol colpo sono stati
messi in mora i PRG prescrittivi e si sono aperte le porte degli
assessorati agli speculatori immobiliari. Ne costituisce ultima
sintesi la legge 80/2014, quella che mette fine alla edilizia
residenziale pubblica (art.3 e seguenti) e criminalizza la povertà
(art.5). Dunque, per decenni, le politiche di trasformazione hanno
messo sullo stesso piano l’ente pubblico e il partito del
mattone, gli interessi pubblici e quelli privati. Con gli esiti
ben noti (si legga a questo proposito, “Le città fallite”, di
Paolo Berdini, Donzelli editore).
Di
questo si tratta, sotto la cortina fumogena delle polemiche di questi
giorni. Si tratta di decidere se le trasformazioni del territorio
e il diritto ad edificare devono essere consegnati alla “mano
pubblica” (Enti locali, cittadini e loro associazioni), con piani
regolatori conseguenti, oppure devono restare a mezzadria, nelle
mani di chi ha devastato i territori,
violando sistematicamente
gli art.9 e 44 della Costituzione. Una decisione che non ha
nulla di accademico, come è fin troppo evidente a Roma in questo
momento. Una scelta che rimanda per sua stessa natura ai “moderni”
conflitti urbani e ai loro protagonisti. Cittadini consapevoli,
associazioni e movimenti che da anni incarnano una lotta, qualche
volta necessariamente “illegale”, per l’affermazione di
diritti costituzionali e per la riappropriazione di beni necessari ad
una umana, perciò dignitosa, sopravvivenza.
Ora,
si dovrebbe sapere che ogni città d’Italia ha avuto il suo “sacco”
e ha dato il contributo del suo partito del mattone, al dissesto
urbanistico e sociale dell'intero Paese. Allora perché
non fare dei provvedimenti della giunta romana, una griglia
per la lettura delle politiche di trasformazione del territorio,
agite dalle giunte cittadine della nostra città ? La domanda mi
è venuta dopo essere stato amichevolmente rimproverato di simpatie
per i “grillini”. A me sembra, simpatie a parte, che in città,
in tempi recenti, sono state due le azioni di contrasto della
consorteria di cui si è detto: l’occupazione di quattro
edifici vuoti (altrimenti destinati alla speculazione immobiliare)
da parte di 50 famiglie in emergenza abitativa, nonché il
respingimento (altrimenti la rinuncia alla cittadinanza e
al diritto alla città che implica) del progetto di
teleriscaldamento della Iren/holding industriale, da parte di
centinaia di cittadini organizzati e consapevoli. Oppure mi sbaglio ?
Carlo
Sottile
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