domenica 5 marzo 2017

LA CITTÀ È DI CHI L’ABITA. CASA, REDDITO, DIGNITÀ.


L'idea di resuscitare il centrosinistra cittadino, per esorcizzare i fantasmi di una vittoria elettorale dei 5 stelle e della destra, mettendo insieme un ceto politico che va dagli agenti dei poteri forti, ai cascami del social/forum, passando per i se/dicenti comunisti e riformisti, è quanto di più contraddittorio e inverosimile si possa immaginare. Ciononostante i tentativi, qui come altrove, si sprecano, accompagnati da una sconfortante, per non dire inevitabile, sterilità di risultati. Tre o quattro leader che competono tra loro, chi agitando una sorta di galateo del buon politico, chi brandendo la propria personalità come una mazza, senza fornire agli elettori una qualsiasi proposta di governo, uno straccio di analisi, una agenda dei problemi da affrontare. D’altra parte, come potrebbero, continuando ad occultare i caratteri, e sopratutto i registi, di una crisi che non accenna a finire e di cui è vittima ormai una larga parte della popolazione ? Viene in mente la commedia di Fo e Rame “Tutti uniti ! Tutti insieme ! Ma scusa, quello non è il padrone ?”
Purtroppo non si tratta solo del profilo d’antan di questo o di quel leader, sul quale adesso gli interessati, operano gli opportuni ritocchi, con lo stesso disinvolto trasformismo dei loro referenti nazionali. Sono le politiche neo-liberiste e dell'austerità, che vanno rovesciate o almeno contrastate. E a ciò non servono mutamenti di scena tutti al presente e un agire che ignora la forza costituente di tali politiche. Il fatto da rimuovere, e con esso il ceto politico che ne è stato il protagonista, è che, nell’ultimo decennio, nei parlamenti nazionali e locali, le politiche neo-liberiste si sono fatte legislazione, vincolo, costume, dispositivo di assoggettamento. Cosicché oggi il mercato domina su ogni altra relazione sociale, la disuguaglianza mina qualsiasi sviluppo, la democrazia si è corrotta.

Chi ad Asti volesse opporsi, anche attraverso la rappresentanza, alle politiche neo-liberiste, dovrebbe in via preliminare mettersi dalla parte dei cittadini che hanno subito e subiscono il peggio di questa crisi, giovani, disoccupati, senza casa, ceto medio impoverito. Non con una dichiarazione di voto ma con con le azioni necessarie per ricomporre la trama dell’interesse pubblico, dei diritti di cittadinanza, dei beni comuni. In opposizione a quelli che si sono prodigati a lacerarla, quella trama: l’imprenditoria delle grandi opere e dei supermercati, le banche che hanno agito con quella, il partito del mattone e, nel parlamento cittadino, gli ultimi agenti dichiarati di quei poteri, il PD in primo luogo. E’ di quest’ultimo la cosiddetta “guerra alla povertà”, vale a dire l’umiliazione inflitta a poche decine di famiglie, selezionate con i criteri della miseria più estrema, alle quali viene imposto un anno di lavoro coatto. E’ l’assistenzialismo usato come strumento di assoggettamento, quando invece si dovrebbe dichiarare la guerra alla ricchezza, quella opaca e predatoria delle rendite finanziarie, fondiarie, illecite.
Cinque anni fa questo è stato il programma del “candidato senza volto”; l’idea zapatista di un popolo oppresso che si riscatta da se, rompendo il recinto in cui le oligarchie hanno rinchiuso per depredarli, i beni comuni, vale a dire la terra, l’acqua, l’aria e tutto ciò che può essere definito “la natura che si è fatta storia”, in primo luogo la città, il suo territorio, le sue funzioni, i legami sociali che ogni giorno annuncia.

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