mercoledì 4 aprile 2012

I TERMINI DELLA QUESTIONE


Le famiglie
Sono diciassette le famiglie, quasi tutte con minori in età scolare o pre-scolare, che si sono sottratte “occupando” agli esiti insostenibili di uno sfratto senza alternativa abitativa. Undici in via Orfanotrofio e sei in via Allende. Con un atto di disobbedienza civile, quindi con una pubblica assunzione di responsabilità, che è costata denunce e processi, hanno difeso la loro dignità e si sono date condizioni di civile sopravvivenza. In questi due edifici, di cui rivendicano con l'associazione il carattere di bene comune, hanno ricostruito la loro casa, cioè le relazioni necessarie per soddisfare i loro bisogni primari. Questa domiciliarità ricostruita è ancora esposta alle minacce di sgombero e alle asprezze della precarietà economica e lavorativa. Le stesse asprezze in cui si manifesta il bisogno abitativo insoddisfatto di centinaia di persone/famiglie (sfratti, coabitazioni, sovraffollamenti, abitazioni improprie). Questo bisogno trova la sua notazione sociologica nelle graduatorie dell'atc, affollatissime a mai esaurite (si aspettano nella prossima ottocento aspiranti assegnatari). Meno visibile è il malessere che diffonde nel tessuto sociale insieme ad altri bisogni negati. Ancor meno facile da decifrare, in questo momento di crisi sociale, è il riflesso che questa sottrazione lascia nella coscienza di chi la subisce. Da questo punto di vista, le diciassette famiglie che “occupano” sono una eccezione.


L'assessore
In questo fine settimana si celebrerà una situazione di completa illegalità, una situazione in cui lo Stato di diritto ha deciso di farsi da parte, di dichiarare la propria impotenza. Non solo assistiamo da due anni all'esproprio di un pezzo di città, ora ci dobbiamo sorbire una festa che si fa beffe di qualsiasi norma di ordine pubblico che invece le nostre pro-loco sono chiamate a rispettare nelle loro sagre paesane: le autorizzazioni sanitarie, i diritti Siae, le normative anti-rumore.......................Purtroppo mi duole registrare che nella nostra città ci sono due zone franche, dove la legge non esiste, dove le imposte non si pagano, e dove i permessi di soggiorno non vengono controllati: sono la ex Mutua di via Orfanotrofio e la palazzina di via Allende. Due cattivi esempi, che rischiano di legittimare una diffusa cultura dell'illegalità”

Punti di vista inconciliabili
Mettendo a confronto i due testi precedenti si avverte quanto sia importante il linguaggio nel dare senso alle cose. In questo caso le cose sono le stesse ma sono viste da due punti di vista diversi. Uno è il punto di vista delle famiglie e della associazione, di chi afferma che non tutto ciò che è legale è giusto, di chi è orientato dall'idea di una società solidale e cooperante, in cui i diritti costituzionali siano rispettati. L'altro è il punto di vista dell'assessore, del partito del mattone, dei fautori del libero mercato e dell'idea che il mercato garantisca equità e razionale uso delle risorse. In più l'assessore di suo ci mette la xenofobia e la cultura del sospetto.

Art. 3 della Costituzione
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Come si è arrivati a questo punto
In due anni e più di azioni di difesa del diritto all'abitare, di contrasto degli sfratti (decine e decine) e di “occupazioni” (quella di via Allende ha due anni, quella di via Orfanotrofio un anno) le famiglie e le associazioni hanno messo in campo, verso i poteri pubblici, tutta la loro capacità di dialogo e di proposta. Questa ostinata ricerca di soluzioni, portata in forma pubblica in alcune riunioni del Consiglio Comunale e sistematicamente documentata dai periodici cittadini, ha incontrato indifferenza, ostilità, il rifiuto a riconoscere persino il carattere sociale dei problemi, l'impossibilità in definitiva di mettere a confronto dati e analisi prima ancora che indirizzi o proposte. Rispetto alle azioni più disobbedienti si è creata la situazione paradossale in cui gli interventi di ordine pubblico erano sollecitati (e, come si vede, lo sono ancora) dall'assessore e gli interventi di tutela dei legami sociali erano (e lo sono ancora) sollecitati dal Prefetto.

In quale contesto sociale
La consegna al mercato del bisogno abitativo è avvenuta dal punto di vista politico/legislativo, con i seguenti provvedimenti, condivisi da governi di diverso colore politico:

  1. l'abolizione della Gescal nel 1997, che ha messo fine ad una politica nazionale per la casa;
  2. l'abolizione dell'equo canone nel 1998, che ha tolto ogni proporzione tra reddito dell'inquilino e canone di affitto;
  3. l'approvazione della legge 431 nel 98 che, mettendo in disponibilità dei proprietari i contratti di locazione convenzionati (a consuntivo, solo il 10 % circa del totale dei contratti), ha sterilizzato l'effetto calmiere della stessa legge e ha dato il via al mercato libero delle locazioni;
  4. l'ondata di privatizzazioni del 2001, vale a dire la cartolarizzazione a perdere del patrimonio di edilizia residenziale degli enti pubblici (inpdap, ecc);
Questi 4 provvedimenti oltre che a congelare in misura residuale la quota di edilizia residenziale pubblica sul totale della edilizia residenziale (4,5 % Italia, 15 % media EU con punte del 30 %), hanno fatto esplodere un mercato immobiliare speculativo che ha disseminato le città di edifici “in attesa di valorizzazione” , di alloggi vuoti (5,2 milioni nel 2009, in Italia secondo una inchiesta di legambiente, ad Asti più di 2000) nonché di emergenze sociali ed ambientali (cementificazione del territorio, minacce di bolle immobiliari, canoni di locazione irraggiungibili per le famiglie con redditi modesti o intermittenti). Anche ad Asti, con le dovute proporzioni, le stesse ricadute.

La precarietà
Nello stesso tempo e con lo stesso orientamento mercantile, sindacati e governi di diverso orientamento politico, hanno reso sempre più flessibile l'offerta di lavoro e hanno favorito relazioni di lavoro sempre più lontane dai diritti della persona, sempre più vicine alle compatibilità delle imprese e all'autorità dei padroni. La legge Treu è del 1997, la legge Biagi è del 2003. In questo contesto, il numero delle persone e famiglie con redditi modesti, intermittenti e in nero è progressivamente aumento, come è aumentato il numero degli sfratti per morosità (ormai il 90 % del totale degli sfratti). Ossia, un numero sempre maggiore di persone/famiglie è stato espulso dal mercato libero delle locazioni, è andato ad affollare le graduatorie dell'atc e ha reso permanente lo stato di emergenza.

Adesso viene il peggio
La legislazione di questi decenni a difesa della proprietà e del “libero” mercato, insieme agli indirizzi della Commissione Europea, della BCE (Banca Centrale Europea) e del FMI (Fondo Monetario Internazionale), e in ultimo la decisione dei maggiori partiti di nominare e accreditare il governo dei banchieri, hanno creato una situazione di democrazia sospesa in cui i processi su descritti hanno trovato una accelerazione e una ulteriore legittimazione. Nella rete di questi poteri si moltiplicano gli atti costituenti, eversivi del presente assetto costituzionale. Ne sono esempi vistosi la annunciata modifica in senso liberista degli articoli 41 e 43 della Costituzione (iniziativa economica senza vincoli sociali o umani di sorta), il progettato inserimento in Costituzione dell'obbligo al pareggio di bilancio. Lo smontaggio dell'art.18 dello Statuto dei lavoratori per favorire la libertà di licenziamento, la riscrittura delle regole sindacali secondo l'orientamento di Marchionne (la riduzione della forza-lavoro a merce e del lavoratore a persona senza diritti), e dunque delle grandi imprese multinazionali, sono altri esempi dell'attivismo eversivo delle attuali “classi dirigenti”.

Art. 41 della Costituzione
L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Art. 43 della Costituzione
A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.
Moltiplicare le repubbliche della Maddalena
Alla luce di questo contesto le esperienze come la nostra, quelle della Val di Susa e del movimento NoTav, quelle di altre associazioni o reti di associazioni che oppongono ai poteri dominanti dell'economia globale, le ragioni della democrazia, dei diritti sociali e costituzionali, in una parola i diritti dei popoli, certificano la chiusura di ogni spazio di compromesso sociale, un avvenuto trasferimento di sovranità dai popoli ai poteri dell'economia globale e e dunque la necessità di uscire dalla gabbia di questi poteri con atti a vocazione costituente (i valori e le relazioni di una società cooperativa e solidale).
Questa necessità, che già alimenta l'immaginario e le intenzioni di molti movimenti, deve trovare maggior concretezza nella pratica e nelle elaborazioni e deve rappresentarsi esplicitamente come un processo di riconquista della sovranità popolare.
Asti 14/04/12

Nessun commento:

Posta un commento

  FONDO DI RESISTENZA   con i pregiudicati della ex Mutua SOMMA VERSATA A TUTT'OGGI     7300 e...