Le
famiglie
Sono
diciassette le famiglie, quasi tutte con minori in età scolare o
pre-scolare, che si sono sottratte “occupando” agli esiti
insostenibili di uno sfratto senza alternativa abitativa. Undici in
via Orfanotrofio e sei in via Allende. Con
un atto di disobbedienza civile, quindi con una pubblica assunzione
di responsabilità,
che è costata denunce e processi, hanno difeso la loro dignità e si
sono date condizioni di civile sopravvivenza. In questi due edifici,
di cui rivendicano con l'associazione il carattere di bene
comune, hanno
ricostruito la loro casa, cioè le relazioni necessarie
per soddisfare i loro bisogni primari.
Questa domiciliarità ricostruita è ancora esposta alle minacce di
sgombero e alle asprezze della precarietà economica e lavorativa. Le
stesse asprezze in cui si manifesta il bisogno abitativo
insoddisfatto di centinaia di persone/famiglie (sfratti,
coabitazioni, sovraffollamenti, abitazioni improprie). Questo
bisogno trova la sua notazione sociologica nelle graduatorie
dell'atc, affollatissime a mai esaurite (si aspettano
nella
prossima ottocento aspiranti assegnatari). Meno visibile è il
malessere che diffonde nel tessuto sociale insieme ad altri bisogni
negati. Ancor meno facile da decifrare, in questo momento di crisi
sociale, è il riflesso che questa sottrazione lascia nella coscienza
di chi la subisce. Da questo punto di vista, le diciassette famiglie
che “occupano” sono
una eccezione.
L'assessore
“In
questo fine settimana si celebrerà una situazione di completa
illegalità, una situazione in cui lo Stato di diritto ha deciso di
farsi da parte, di dichiarare la propria impotenza. Non solo
assistiamo da due anni all'esproprio di un pezzo di città, ora ci
dobbiamo sorbire una festa che si fa beffe di qualsiasi norma di
ordine pubblico che invece le nostre pro-loco sono chiamate a
rispettare nelle loro sagre paesane: le autorizzazioni sanitarie, i
diritti Siae, le normative
anti-rumore.......................Purtroppo mi duole registrare che
nella nostra città ci sono due zone franche, dove la legge non
esiste, dove le imposte non si pagano, e dove i permessi di soggiorno
non vengono controllati: sono la ex Mutua di via Orfanotrofio e la
palazzina di via Allende. Due cattivi esempi, che rischiano di
legittimare una diffusa cultura dell'illegalità”
Punti
di vista inconciliabili
Mettendo
a confronto i due testi precedenti si avverte quanto sia importante
il linguaggio nel dare senso alle cose. In questo caso le cose sono
le stesse ma sono viste da due punti di vista diversi. Uno è il
punto di vista delle famiglie e della associazione, di chi afferma
che non tutto ciò che è legale è giusto, di chi è
orientato dall'idea di una società solidale e cooperante, in
cui i diritti costituzionali siano rispettati. L'altro è il punto di
vista dell'assessore, del partito del mattone, dei fautori del
libero mercato e dell'idea che il mercato garantisca equità e
razionale uso delle risorse. In più l'assessore di suo ci mette la
xenofobia e la cultura del sospetto.
Art. 3
della Costituzione
Tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione,
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
Come
si è arrivati a questo punto
In
due anni e più di azioni di difesa del diritto all'abitare, di
contrasto degli sfratti (decine
e decine) e di “occupazioni” (quella di via Allende
ha due anni, quella di via Orfanotrofio un anno) le famiglie e le
associazioni hanno messo in campo, verso i poteri pubblici, tutta
la loro capacità di dialogo e di proposta. Questa ostinata
ricerca di soluzioni, portata in forma pubblica in alcune riunioni
del Consiglio Comunale e sistematicamente documentata dai periodici
cittadini, ha incontrato indifferenza, ostilità, il rifiuto a
riconoscere persino il carattere sociale dei problemi,
l'impossibilità in definitiva di mettere a confronto dati e analisi
prima ancora che indirizzi o proposte. Rispetto alle azioni più
disobbedienti si è creata la situazione paradossale in cui gli
interventi di ordine pubblico erano sollecitati (e, come si vede, lo
sono ancora) dall'assessore e gli interventi di tutela dei legami
sociali erano (e lo sono ancora) sollecitati dal Prefetto.
In
quale contesto sociale
La
consegna al mercato del bisogno abitativo è avvenuta dal
punto di vista politico/legislativo, con i seguenti provvedimenti,
condivisi da governi di diverso colore politico:
- l'abolizione della Gescal nel 1997, che ha messo fine ad una politica nazionale per la casa;
- l'abolizione dell'equo canone nel 1998, che ha tolto ogni proporzione tra reddito dell'inquilino e canone di affitto;
- l'approvazione della legge 431 nel 98 che, mettendo in disponibilità dei proprietari i contratti di locazione convenzionati (a consuntivo, solo il 10 % circa del totale dei contratti), ha sterilizzato l'effetto calmiere della stessa legge e ha dato il via al mercato libero delle locazioni;
- l'ondata di privatizzazioni del 2001, vale a dire la cartolarizzazione a perdere del patrimonio di edilizia residenziale degli enti pubblici (inpdap, ecc);
Questi
4 provvedimenti oltre che a congelare in misura residuale la
quota di edilizia residenziale pubblica
sul totale della edilizia residenziale (4,5 % Italia, 15 % media EU
con punte del 30 %), hanno fatto esplodere un mercato
immobiliare speculativo che ha
disseminato le città di edifici “in attesa di
valorizzazione” , di alloggi
vuoti (5,2 milioni nel 2009,
in Italia secondo una inchiesta di legambiente, ad Asti più di 2000)
nonché di emergenze sociali ed ambientali
(cementificazione del territorio, minacce di bolle immobiliari,
canoni di locazione irraggiungibili per le famiglie con redditi
modesti o intermittenti). Anche ad Asti, con le dovute proporzioni,
le stesse ricadute.
La
precarietà
Nello
stesso tempo e con lo stesso orientamento mercantile, sindacati e
governi di diverso orientamento politico, hanno reso sempre più
flessibile l'offerta di lavoro e hanno favorito relazioni di lavoro
sempre più lontane dai diritti della persona, sempre più vicine
alle compatibilità delle imprese e all'autorità dei padroni. La
legge Treu è del 1997, la legge Biagi è del 2003. In questo
contesto, il numero delle persone e famiglie con redditi modesti,
intermittenti e in nero è progressivamente aumento, come è
aumentato il numero degli sfratti per morosità (ormai il 90 % del
totale degli sfratti). Ossia, un numero sempre maggiore di
persone/famiglie è stato espulso dal mercato libero delle locazioni,
è andato ad affollare le graduatorie dell'atc e ha reso permanente
lo stato di emergenza.
Adesso
viene il peggio
La
legislazione di questi decenni a difesa della proprietà e del
“libero” mercato, insieme agli indirizzi della
Commissione Europea, della BCE (Banca Centrale Europea) e del FMI
(Fondo Monetario Internazionale), e in ultimo la decisione dei
maggiori partiti di nominare e accreditare il governo dei banchieri,
hanno creato una situazione di democrazia sospesa in cui i
processi su descritti hanno trovato una accelerazione e una ulteriore
legittimazione. Nella rete di questi poteri si moltiplicano gli atti
costituenti, eversivi del presente assetto costituzionale. Ne sono
esempi vistosi la annunciata modifica in senso liberista degli
articoli 41 e 43 della Costituzione (iniziativa economica senza
vincoli sociali o umani di sorta), il progettato inserimento in
Costituzione dell'obbligo al pareggio di bilancio. Lo
smontaggio dell'art.18 dello Statuto dei lavoratori per favorire
la libertà di licenziamento, la riscrittura delle regole
sindacali secondo l'orientamento di Marchionne (la riduzione
della forza-lavoro a merce e del lavoratore a persona senza diritti),
e dunque delle grandi imprese multinazionali, sono altri esempi
dell'attivismo eversivo delle attuali “classi dirigenti”.
Art.
41 della Costituzione
L'iniziativa
economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con
l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i
controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Art.
43 della Costituzione
A fini di
utilità generale la legge può riservare originariamente o
trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato,
ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate
imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici
essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed
abbiano carattere di preminente interesse generale.
Moltiplicare
le repubbliche della Maddalena
Alla
luce di questo contesto le esperienze come la nostra, quelle
della Val di Susa e del movimento NoTav, quelle di altre associazioni
o reti di associazioni che oppongono ai poteri dominanti
dell'economia globale, le ragioni della democrazia, dei diritti
sociali e costituzionali, in una parola i diritti dei popoli,
certificano la chiusura di ogni spazio di compromesso sociale, un
avvenuto trasferimento di sovranità dai popoli ai poteri
dell'economia globale e e dunque la necessità di uscire dalla
gabbia di questi poteri con atti a vocazione costituente (i
valori e le relazioni di una società cooperativa e solidale).
Questa
necessità, che già alimenta l'immaginario e le intenzioni di molti
movimenti, deve trovare maggior concretezza nella pratica e nelle
elaborazioni e deve rappresentarsi esplicitamente come un processo di
riconquista della sovranità popolare.
Asti
14/04/12
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