Un
anno di affermazione del diritto all'abitare di 11 famiglie
altrimenti
minacciato da procedure di sfratto per morosità incolpevole; dalla
impossibilità di affrontare in solitudine un problema sociale di
questa gravità; dalla mancanza di alternative abitative (casa
popolare o abitazione a canone calmierato), salvo disperdere le
famiglie, dividendo i genitori dai figli, in approssimate reti di
solidarietà amicale o parentale, o nell'ancor più approssimata
foresteria del Comune (Maina). Nel conto delle costrizioni possibili
(ma anche degli auspici dell'assessore ai Servizi Sociali) non manca
il ritorno ai paesi di origine delle famiglie straniere senza lavoro
stabile e reddito garantito.
Un
anno di autogestione di un edificio di proprietà pubblica
una
domiciliarità ricostruita tra mille difficoltà (l'impossibilità di
attivare l'impianto di riscaldamento, il costo elevatissimo della
energia elettrica attinta ad un contatore da cantiere, le
ristrettezze di un edificio non residenziale trasformato, attorno ai
servizi igienici esistenti, in 11 unità abitative,). Nonostante ciò
l'unità delle famiglie è stata tutelata (i pasti attorno ad un
tavolo, i bambini a scuola, il sonno protetto, gli adulti alla
ricerca meno affannosa di una occasione di lavoro) e l'occupazione è
adesso un progetto di convivenza e di inserimento sociale offerto
all'interesse e alla collaborazione di chi auspica una società
responsabile e solidale (sono costoro, purtroppo, ancora pochissimi).