domenica 9 maggio 2010

UN MESE DOPO L'OCCUPAZIONE DI VIA ALLENDE


Siamo a circa un mese da che abbiano dato inizio alla ”occupazione” dello stabile di via Allende, precisando a destra e a manca le ragioni e il senso di questa azione, e i rapporti con i nostri interlocutori istituzionali, in particolare con l'assessore alle politiche sociali, sono congelati in una sorta di limbo, essendo noi nella metafora, i peccatori.
L'attesa che dovremmo scontare per riuscire a negoziare la soluzione abitativa di sei famiglie e successivamente per poter riprendere, forse, un confronto su tutta la questione delle abitazioni, dipenderebbe dall'aver occupato abusivamente lo stabile, dall'aver violato leggi e norme sulla proprietà. Non tratto con chi occupa, continua a tuonare l'assessore, se dipendesse da me vi avrei già sgomberati.
L'argomento della legalità è l'unico che gli è rimasto per opporre un rifiuto alla nostra richiesta di un dialogo, gli altri (ma non li usa solo lui) gli sono venuti a mancare perché lo stabile occupato era vuoto e abbandonato all'incuria, dunque gli occupanti non l'hanno sottratto a chi aspetta un alloggio nelle inesauribili graduatorie dell'atc, anzi hanno dichiarato di volerlo aggiungere ai pochi disponibili, purché le assegnazioni vengano fatte in maniera trasparente, alle famiglie in emergenza abitativa, con criteri e tempi condivisi dalle famiglie e dalle associazioni che le accompagnano.
Una questione così delicata per il vivere civile, che attiene al rapporto tra i cittadini e le leggi, nonché alle fonti della stessa giurisdizione, non può essere usata in modo così strumentale, in modo così grossolanamente repressivo. La nostra posizione è inequivocabile e non solo non deroghiamo da quella ma la rivendichiamo e vogliamo farne oggetto di discussione pubblica. Non abbiamo mai predicato la violazione indiscriminata delle leggi. Sosteniamo invece il diritto a disobbedire a leggi, norme o regolamenti quando vengono usati per violare la libertà e la dignità delle persone, la coesione delle famiglie e la coesione sociale.
Non abbiamo mai sostenuto che la occupazione dello stabile di via Allende fosse qualcosa di diverso da un atto simbolico o dimostrativo, escludente qualsiasi forma di proprietà o uso riconducibile alla singola famiglia. Restiamo però padroni delle nostre vite e titolari di diritti, come riconosciuto dalla Costituzione. L'intenzione di fare della disobbedienza civile un argomento di discussione pubblica non l'abbiamo maturata come interesse collaterale alla nostra stessa azione. Noi pensiamo che la disobbedienza civile, insieme a tutte le altre azioni di cittadinanza attiva, sia una scelta necessaria, in questa particolare congiuntura sociale, per affermare i diritti e per tutelare la coesione sociale delle famiglie e delle comunità, nonché la dignità di ogni singola persona.
La vicenda di cui è protagonista negativo il ministro Scajola è la più recente dimostrazione di questa necessità. Se la predica della legalità viene da quel pulpito vale a dire da un ministro che ottiene in proprietà un appartamento da un milione e mezzo di euro, in cambio di favori ad un imprenditore inquisito dalla magistratura per corruzione, e se lo stesso ministro può affermare con disinvoltura che quella proprietà gli è giunta a sua insaputa, come se funzionasse una sorta di automatismo del malaffare, allora è arrivato il momento di prendere atto della delegittimazione di tutto il ceto politico e di agire di conseguenza.
E' necessario che la morale pubblica sia restituita alla responsabilità, al giudizio e all'agire sociale di ogni singolo cittadino; che ogni singolo cittadino si impegni in una sistematica opera di autogoverno, di riappropriazione di tempi e spazi e di progetti di vita in comune; un impegno che riconduca il mercato ed ogni altra impresa economica e sociale nei limiti indicati dall'articolo 41 della Costituzione: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

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