sabato 8 novembre 2014

TUTELE DECRESCENTI




Mercoledì 5 novembre, sono le 8,30. In via sant'Evasio 57 sono preceduto dall'ufficiale giudiziario. Gli annuncio che non c'è alcuna soluzione, esattamente come al momento del rinvio di ottobre. La ricerca di un nuovo proprietario, che pure c'è stata, ha solo messo in evidenza lo spirito di rapina della categoria nonché l'irrilevanza delle risorse dell'Assessorato. !200 euro per pagare un avvio alla locazione, non si trovano. “Subito” è l'avverbio che immobilizza Assessorato e nuovo proprietario.
Sono presente solo per testimoniare quello che accadrà. Via via arrivano sulla scena tutti gli altri. Io so che l'incontro è sospeso sopra un aspro conflitto sociale che qui ha solo una puntiforme verifica. Anche altri tra i presenti lo sanno e lo vogliono esorcizzare. Durerà tre ore, questo incontro, prima sulla strada, poi nell'abitazione di H. Alle 9,30 arrivano sono quattro agenti della Digos, più tardi li raggiungeranno due colleghi della PS. C'è l'avvocato della proprietà, ci sono alcune persone solidali con H. C'è ovviamente H. con il figlio più grande. Frequenta l'università, è più controllato del padre. Non sono sereni. La loro domiciliarità è a rischio. Mi viene in mente che per il papa la casa è sacra, come la terra e il lavoro. Letto in questi giorni.


Parte una discussione. Tutti gli aspetti della questione vengono riesaminati: la condizione sociale dell'inquilino, il reddito che percepisce, il suo stile di vita. Quasi un processo. Osservo che non è colpa dell'inquilino se nella fabbrica in cui lavora hanno dimezzato i salari. “Per ragioni di mercato”, hanno detto. L'avvocato della proprietà replica cercando di demolire il profilo morale di H.: “ha dichiarato il falso nell'accertamento Isee”, “ha rifiutato le offerte di locazione che gli sono state fatte”. Mi incazzo: “non è compito suo accertare l'Isee dell'inquilino”, “confermi invece, come finora non ha fatto, di aver avuto 1200 euro dal Comune per il rinvio di luglio”. Siamo al limite della rissa. L'ufficiale giudiziario è infastidito. I Digos dichiarano di dover procedere. “Ognuno si prenda le sue responsabilità”, dico io e aggiungo che non ho nessuna intenzione di confermare la violenza di Stato che si annuncia. Seguono lunghi momenti di incertezza. Piove. Nessuno tra i fautori a vario titolo delle sfratto, ha voglia di tirar giù le valigie dal quarto piano.
Le valigie sono sei persone e tra queste tre minori con meno di dieci anni, tutti in età scolare. Parte una ridda di telefonate. Ai giornalisti, le mie. Le altre agli alti gradi della questura, ai Servizi Sociali. Che si fa ? Mi consulto con le persone solidali con H. Impediamo l'ingresso allo stabile ? La domanda resta senza risposta. E' evidente che siamo troppo pochi. Digos, Ps e ufficiale giudiziario decidono di salire. Sono le 10,30. Tutti in fila come fanti. Filmo tutto senza essere ostacolato. I giornalisti non arrivano. Sopra, al quarto piano, la tensione si taglia con il coltello. I digos filmano, spiegano per l'ennesima volta a H. i limiti in cui sono costretti ad agire. Ma ad agire cosa. Tra i presenti nessuno ancora lo sa.
H. lo teme e con una reazione di collera e di angoscia rompe la gabbia di questi preliminari sospesi tra la violenza di Stato e la paura di subirla o esercitarla. E' una imperiosa richiesta di rispetto. Urla, implora, rivendica, allargando le braccia in un gesto che raccoglie tutti, dagli intrusi ai figli. Rovescia il tavolo del soggiorno dove tutti si affollano. C'è chi teme che H. si butti dalla finestra. Una voce: Chiudetela ! Da quel momento i Digos non hanno più nulla da spiegare, si prodigano a tranquillizzarlo, chiedono per telefono l'intervento dell'Assessorato. Sono costretti in bilico sul loro ruolo.
Riparte la discussione in attesa che dai Servizi Sociali qualcuno si faccia vivo. L'avvocato della proprietà si mette in disparte. Forse si vergogna. Gli altri hanno voglia di sentirsi umani. C'è in ognuno un residuale senso di giustizia. Chi lo rincorre nelle letture, chi nel giudizio politico. Faccio la mia parte in questo bla, bla, bla liberatorio. Sorpresa, il rammarico è generale. Penso che tutto ciò sia grottesco. Ad un passo c'è un sofà di foggia araba. Su quello ci sono tre bambini, avvolti in coperte e ammutoliti. La donna di casa si è chiusa in cucina. Tutela la sua dignità, penso.
Finalmente dai Servizi Sociali qualcuno si fa vivo. Sono le 11,30. Passaggio di telefono dalla Digos, all'Ufficiale giudiziario. Temo l'irricevibile. L'unica soluzione accertata ieri, una stanza al Maina. Invece esce il coniglio dal cappello. Un alloggio, a San Grato di Sessant. Dove il Comune convenziona con un privato l'uso di alcune unità abitative. La tensione si scioglie. Il rinvio dello sfratto a lunedì e quasi un automatismo. Per H. giusto il tempo di fare trasloco. Digos e Ps salutano e se ne vanno.
Accompagno H. e suo figlio più grande in Assessorato. Ci dicono che l'alloggio è su due piani, per cinque persone. Ci sarà un aiuto per trasportare i mobili. H. dovrà arrangiarsi a portare i bambini a scuola. Sa già che potrà farlo solo nella settimana che lavora. Lavora una settimana si e una no. Tace. Interrogo la funzionaria sulle prospettive. Ci sono altre 120 emergenze abitative. Oltre i rinvii, finanziati con denaro pubblico, c'è il vuoto, nessun alloggio. Oppure ci sono situazioni come quella appena descritta. L'attività dell'Agenzia Casa del Comune è sospesa, in attesa delle nuove norme regionali. Ancora più difficile trovare proprietari disposti a sottoscrivere contratti di locazione con inquilini che dispongono di redditi modesti o precari.
Evidentemente nel “palazzo” continuano a sognare la ripresa del mercato immobiliare e un felice incontro tra domanda e offerta di abitazioni. Un sogno già svanito nella residualità della edilizia residenziale pubblica, nelle briciole della filantropia privata, nelle politiche dell'austerità che nel “palazzo” hanno trovato fedeli esecutori.
Un volontario del Coordinamento Asti-Est


Asti 07/11/14

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