sabato 9 gennaio 2010

LA BOCCA DELLA VERITA'


Un appuntamento da rinnovare
La sera del 30 dicembre alla casa del Popolo c'è stato un appuntamento per una cena. Qualcuno si era dato da fare nel pomeriggio – Luca, Oreste, Egle - in modo che tutto fosse pronto per le 21, cibi e arredo dei tavoli. Se ne era parlato durante le ultime riunioni. Avevamo sentito il bisogno di vederci in modo più libero. Un po' di spensierata compagnia ci avrebbe fatto bene, fuori dai formalismi e dalle tensioni imposti dalla necessità di non perdere un colpo nel confronto/scontro con l'assessore ai Servizi Sociali. Alcuni non sono potuti venire, perché alle volte certi problemi non concedono nemmeno una pausa. E' stato così per Gianni, per Bouras e per altri. Peccato. Ci saranno la prossima volta.

Ma in occasioni come queste non basta dire vediamoci perché tutto fili via via liscio. E' necessario che certe condizioni siano rispettate, soprattutto se l'appuntamento è a tavola. Come tutti sanno, siamo anima e corpo, una unione straordinaria in cui normalmente è l'anima che comanda il corpo. Ma attorno ad una tavola imbandita il rapporto si inverte, anzi è necessario che il corpo si liberi da ogni sudditanza, liberi i propri cinque sensi. La tavola non è un luogo di severi moralisti, piuttosto di filosofi tolleranti o di preti rubizzi. Insomma la tavola è un luogo, al confine tra il reale e il surreale, di persone che sanno indagare con discrezione il mistero, l'ombra, l'incertezza, le presunte verità, vale a dire tutte le piacevoli e intriganti ambiguità del cibarsi. Per esempio, quando portiamo un buon cibo alla bocca non sappiamo mai con certezza se stiamo sfamando il corpo o la mente. Quel che è certo è che dalla bocca passano il cibo e le parole. Ebbene, quella sera non c'erano filosofi certificati – lo siamo un po' tutti – ma, le condizioni di cui dicevo sono state rispettate e massimamente una: la buona preparazione e la buona cottura dei cibi.
Devo dire che è stata una sorpresa per tutti. Per me è stato anche lo sciogliersi di un timore, che qualcuno, volenteroso ma non troppo esperto, improvvisasse. In cucina al massimo si sperimenta, ma bisogna già avere la patente. Kouci e moglie sono andati oltre ogni aspettativa. Qualcuno li ha visti all'opera fin dal mattino, dunque prima ancora di essere appagato nel gusto dai piatti portati a tavola, ed è stato impressionato dalla loro serietà – dicevano pochissime parole – dal loro impegno e dalla loro signorile modestia. Durante la cena non sono mancati gli applausi al loro indirizzo. Giustamente applauditi perché sono stati dei cuochi bravissimi e lo sono stati per il piacere si tutti.
Dunque la cena è da ripetere. Perché i cuochi ce l'abbiamo, perché la Casa del Popolo è quanto di più ospitale si possa disporre, perché l'amicizia è una bella cosa e infine perché un insieme di persone come noi deve coltivare l'affinità, cioè la capacità di sentire, fare e reagire all'unisono nelle situazioni di conflitto. Perché, si sa, ma non è mai stato vero come adesso, l'unione fa la forza.
Voglio aggiungere all'evento alcune altre considerazioni che mi sembrano importanti. Le cose acquistano più senso se sono mosse dal sentimento e dalla conoscenza. Allora, è bene sapere che nel nostro Paese, in questo momento storico, tra gli altri problemi c'è anche quello di una forte immigrazione dai paesi del nord-africa. Le persone è sempre meglio accoglierle che respingerle. Certo è una fatica, per molte ragioni. Una di queste una è la diversità dei modi di vita, dei costumi. Sostituire le reazioni di difesa con un atteggiamento di curiosità è faticoso ma bisogna farlo. In fin dei conti siamo tutti creature. Ebbene, un modo per farlo è sedersi insieme a tavola.
Avete visto quei piatti ? L'insalata di arance, il cous cous, quel piatto di carne condita con un sugo speciale di mandorle tostate e prugne secche, erano già belli a vedersi, sto dicendo le forme e i colori. Vi siete chiesti che nozione del tempo ci vuole per prepararli ? Alludo al fatto che la preparazione dura delle ore e dura delle ore la cottura a fuoco lento. Il sapore infine, avete provato a sentirlo ? Credo che ci voglia un gusto esercitato, credo che si debba sentire il piacere di stare a tavola. Non è come andare in fretta al bar o peggio ancora Mc Donald. Non è stata una bella esperienza ?
Mi rendo conto che parlando così, rischio di sminuire aspetti della cena meno condivisi ma altrettanto degni di nota. Come si sa, dopo una cena, bisogna mettere tutto a posto. Questa esigenza era stata giustamente sottolineata. In particolare la cucina, dove i coniugi Kouci avevano condotto la loro performance, attrezzatissima e verificatissima dall'asl (qualcuno dice fin troppo), andava riconsegnata nell'ordine e nella pulizia primitivi. Applicarsi era scontato, come ricambiare una cortesia, ma l'esito richiesto non lo era. Anche in questo compito ci vuole esercizio e una buona dose di sapienza. Ebbene, essendomi attardato a vedere, dopo la cena, come si metteva a posto, non ho potuto fare a meno di lodare dentro di me - se l'avessi fatto ad alta voce le signore mi avrebbero preso per il culo - la perizia e l'impegno di Rita e Gisella, soprattutto la disinvoltura con cui mettevano in sintonia gesti con discorsi totalmente incongrui a quelli. Insomma, ciappettare divertendosi e insieme pulire e lucidare con successo un lavandino o una stufa, è un'arte che appartiene a pochi. Ovviamente mi sono divertito anch'io.
Concludo questo commento ricordando che alla tavola dei califfi, del periodo degli Abbasidi (750-1258), sedevano insieme filosofi, dottori del “libro”, poeti. C'era anche un dietologo, esperto delle relazioni tra cibo e salute, che dava consigli ad ogni portata. Nelle occasioni più importanti, i poeti interpretavano in versi ogni piatto. I filosofi e i dottori del “libro” ne discutevano i simbolismi e le coerenze con questo o quel passo del Corano. Alla fine il piatto più apprezzato al gusto e all'intelletto veniva premiato.
Non è un invito a farsi musulmani, più semplicemente un invito a conoscerci meglio.

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