lunedì 22 giugno 2009

I SOMMERSI E I SALVATI

La famiglia di Simon ha già fatto l'esperienza della comunità alloggio. Per anni è filato tutto liscio, condizione imprescindibile un lavoro retribuito, anche se modesto e intermittente. Poi questa condizione è venuta meno, per ragioni di mercato. Si è fidato del suo imprenditore, un capocantiere molto noto in città, che per qualche mese gli ha pagato un regolare salario da muratore, poi l'ha fatto lavorare con la promessa di pagarlo. Simon si è rivolto al sindacato, quest'ultimo ha aperto una vertenza per seimila euro di salario non pagato. La vertenza è ancora aperta, quei soldi Simon non li ha ancora visti.


Quando si deve campare con moglie e figli il costo del cibo lo si sottrae all'affitto. Il padrone di casa per quanto tollerante prima o poi affida ad un avvocato il suo tornaconto. Arriva la convocazione del giudice, prima i termini di grazia poi la conferma dello sfratto per morosità, l'esecuzione. I rapporti mercantili si regolano così, con il cinismo necessario per “non perderci”. A Simon è accaduto questo e il seguito, cioè il richiesto intervento dei Servizi Sociali, è stato un discutibile, e purtroppo frequente, esercizio di tutela dei minori, vale a dire la moglie e i figli in una comunità alloggio, Simon che si arrangiasse.
Un intervento per ridurre il danno all'incontrario, una vera minaccia ai legami familiari che sconta la mancanza in città di una comunità alloggio per famiglie. Il welfare è costoso, richiede soldi e professionalità e un contesto culturale adeguato. Adesso non c'è nulla di tutto questo anzi, “se sei povero è colpa tua e le tutele le considero azzardi morali. Devi farcela da solo.” Possono essere le parole di un qualunque funzionario del Comune.
Con moglie e figli ospitati in una comunità di Frinco, Simon si è arrangiato e per due mesi ha dormito sotto una serra, un riparo dalla pioggia offerto da un amico agricoltore. Quando la sua emergenza abitativa è stata finalmente riconosciuta ha avuto in assegnazione provvisoria l'alloggio di via Malta. Una camera e servizi per quattro persone, da quel momento Simon ha sempre dormito su una branda in cucina, ha dovuto calcolare quante volte usare l'acqua calda, ha dovuto centellinare su tutto, al gas di città ha preferito la bombola, insomma ha tenuto i consumi sotto controllo. Ha sperato, incautamente, che quella assegnazione diventasse in qualche modo definitiva. In fin dei conti ha sempre pagato regolarmente il canone e le spese, una cifra modesta 70 euro/mese circa, proporzionata ai suoi redditi. D'altra parte non avrebbe potuto permettersi di più. Il salario che percepiva dalla cooperativa “Senza Confini” era troppo basso per consentirgli l'accesso al mercato delle locazioni. Percepisce ancora quel salario, con un contratto che si chiude a luglio, dai Servizi Sociali ha ottenuto la mensa scolastica e i trasporti gratis per i figli. La cooperativa lavora per il Comune alle aree verdi e questa circostanza da esattamente l'idea di una persona che viene usata per finalità che gli sono completamente estranee.
Un caso come tanti altri, una famiglia che può soddisfare il proprio bisogno abitativo solo con una casa popolare. Simon vede il suo problema, vive con ansia il rischio di perdere l'alloggio che abita, condivide con la moglie quest'ansia. Capisce che vogliamo aiutarlo, immagina che il nostro aiuto possa essere risolutivo. Gli proponiamo un percorso da fare insieme, noi, lui e gli altri che hanno il suo stesso problema. Cerchiamo di fargli capire che la filantropia o il clientelismo possono essere la soluzione per qualche famiglia, non per tutte. Se l'abitare è un diritto, dobbiamo esigerlo per tutti. E' con questo spirito che organizziamo il presidio, per fare dell'appuntamento con l'ufficiale giudiziario un evento di denuncia pubblica, per stringere d'appresso i funzionari degli enti, per opporci anche fisicamente allo sgombero. Lo sgombero è un evento drammatico e chi lo esegue preferirebbe farlo senza testimoni, perchè mostra quale esercito si muove a difesa della proprietà fino a negare il diritto all'esistenza, quanti ruoli si confermano come nemici delle persone, quanto falso moralismo e quanta ipocrisia fanno da velo ai rapporti mercantili.
Alle otto e mezza siamo al 35 di via Malta. Io Simon e un vicino di casa di Simon, conosciuto in queste circostanze, anche lui assegnatario di un alloggio parcheggio. Le case popolari di via Malta sono un tozzo edificio a quadrilatero, avvolto su se stesso e intorno ad un cortile affollato di auto, di contenitori per la raccolta differenziata dei rifiuti. Nelle ore serali e di notte è popolato di topi e di persone naufraghe della vita. Insomma, il peggio delle case popolari di Asti con poca manutenzione e con vistosi segni di degrado. Sia l'architettura che la composizione sociale sembrano fatte apposta per sperimentare ogni forma di marginalità, e renderla irrecuperabile. Insomma, la cosa giusta sarebbe demolire l'intero fabbricato.
Aspettiamo per un pò l'arrivo degli altri volenterosi, quelli che avevamo chiamato all'appuntamento con una riunione fatta qualche giorno prima. Arrivano alla spicciolata, Egle, Luca, Idris con i suoi compagni di Villafranca, poi Michele. Appendiamo lo striscione al balcone, terzo piano, vista sul cortile, dice che “la casa è un diritto”. Mi viene in mente che nella stessa scala, forse allo stesso piano avevamo già contrastato fisicamente uno sfratto. Arriva Roberta, scrive un testo di solidarietà e vorrebbe farlo sottoscrivere. E' loquacissima e informatissima. C'è una urgenza in quello che dice e fa che tradisce un malessere che gli conosco. Non è il momento di parlarne. “Ti ricordi Petruzzelli ?” Eravamo un bel mucchio compatto, a tenerci per le braccia contro la porta di ingresso per impedire che gli sbirri la aprissero e agguantassero l'inquilino Petruzzelli. Il piccolo pianerottolo era tutto occupato fin sulle scale della rampa a salire e della rampa a scendere. C'erano molte donne del quartiere, incazzate e con l'invettiva facile. Insomma quel mattino, verso mezzogiorno, il cortile era affollato di auto della polizia, la digos e i carabinieri. Poi se ne sono andati tutti, eravamo contenti di aver vinto. Sono tornati la mattina dopo all'alba, quando nel cortile c'erano sono solo i topi.I vicini hanno notato lo striscione e la nostra presenza. Qualcuno che già conosciamo si avvicina, altri ci salutano dal balcone, hanno la stessa nostra memoria. “Cosa fate qui ? Sfrattano una famiglia !!" Diamo spiegazioni e diciamo la nostra pedagogia. "Ciao Carlo”, non ricordo chi sia, non è giovane, le linee del volto marcatissime, ricambio il saluto con un tocco sulla spalla, “bisognerebbe menare” gli dico, annuisce, ci siamo capiti anche questa volta. Arriva il fotografo, Costante, fa le foto del balcone affollato. Arriva la giornalista, Daniela, sale in casa, simpatizza con i bambini come sempre. Intervista Simon e lui le racconta tutta la storia. Il fotografo e la giornalista se ne vanno.Intanto le ore passano e ci domandiamo perché tardano tanto. Arriva qualcuno con un foglio in mano, ce lo mostra. Ha impresso in alto a destra il logo dell'atc, sotto c'è l'indirizzo di Simon, l'ora di un appuntamento, le 12 e 30, e una istruzione, cambiare la serratura della porta di ingresso. E' il fabbro che accompagna i funzionari dello sgombero. La sua presenza non è certo tranquillizzante, ha la stessa faccia di Simon, la sessa espressione mite e onesta, parla la sua lingua, come lui sta facendo un lavoro per campare e che in quel momento non farebbe.Faccio due telefonate, prima ad un funzionario del Comune poi ad uno dell'atc per capire che intenzioni hanno. Lo sforzo che faccio per essere dialogante mi costa parecchio, ho il battito cardiaco accelerato. Pronuncio frasi di cortesia che corrono via sull'etere, non so se dall'altra parte si accorgono che sono velenose come il bacio di giuda. Corre anche il mio immaginario, in folle tumultuose armate di forconi che travolgono i bastioni dell'ingiustizia. Dal Comune mi dicono che loro non saranno presenti. “Fatemi capire, state mettendo l'ufficiale giudiziario nelle condizioni di dover rinviare lo sfratto ?” La risposta è una mezza ammissione. Dall'atc ci dicono di essere intenzionati ad eseguire lo sfratto e ci fanno notare che l'inquilino è moroso di 350 euro. “Simon, dicono che sei moroso di 350 euro”. Ci spiega che 200 li ha già pagati, ha la ricevuta ma non compaiono nei conti dell'atc perché i tempi burocratici dell'Agenzia e dell'amministratore non sono sovrapposti.Riferisco agli altri. L'impressione di tutti è che stanno facendo a scaricabarile e stanno mettendo in scena il relativo copione. Li aspettiamo, siamo tutti nell'alloggio di Simon, alcuni in osservazione dal balcone. Alle 12, 30 arrivano due impiegate dell'atc. Le osserviamo dall'alto subire l'impatto di due inquilini che approfittano della loro presenza per dolersi di ogni cosa. E il fabbro che fine ha fatto ? Dopo mezz'ora arriva l'ufficiale giudiziario. Lo conosciamo, è una persona rigorosa, che sa quel che fa. Presentazioni e strette di mano. Intuiamo che ha il telefonino scarico perché prende quello che gli porge un'impiegata dell'atc. Evidentemente vuole avere conferma delle reali intenzioni dell'Agenzia. La telefonata è lunghissima, presumiamo con il direttore amministrativo. Viste dall'alto, nello stesso scenario di auto in sosta e file di cassonetti dell'immondizia, sembrano ipiccole e innocue, come il gatto che attraversa il cortile, “che è più piccolo dei topi che lì sono di casa”, mi ha appena detto Roberta. Dietro il nostro striscione, che sventola come una bandiera, noi forse appariamo a loro meno innocui. Dopo un po salgono. Facciamo spazio. Attorno al tavolo della cucina ci siamo io e Michele seduti, Simon in piedi, l'ufficiale giudiziario seduto, le due impiegate dell'atc in piedi chiaramente estranee a quel sodalizio improvvisato. Egle è di la, con la mamma e i bambini.Non si parla delle vere cause di tutto questo. Il problema, per i funzionari del Comune e dell'atc è come far stare dentro ad una norma, ad un cavillo di legge, la negazione di un diritto. Per l'ufficiale giudiziario invece il problema è come eseguire lo sfratto, con l'intervento degli sbirri se occorre, avendo ottenuto dal comune uno straccio di tutela abitativa per la madre e i figli. Davvero uno scontro tra signori (si fa per dire) con i funzionari del comune più spregiudicati che mai, “lei esegua lo sfratto, noi interverremo a sfratto eseguito, bisogna evitare che ne approfittino.” Le frasi non giungono direttamente al nostro orecchio, le spilliamo dalle repliche compostissime dell'ufficiale giudiziario, solo alcuni battiti delle ciglia, più lunghi degli altri, tradiscono il suo disappunto. Questa nobile disputa per telefono dura più di un'ora, con pause che sono riempite dal nostro silenzio. Proviamo a darci conforto con gli sguardi. Qualche riflesso di umanità, qualche bagliore di indignazione, rendono lo scenario meno surrealeDall'altra parte dell'etere si consultano, ci sembra di capire, con i direttori. Per Simon e i suoi familiari, che ogni tanto fanno capolino dalla stanza in cui si sono chiusi, un'ora e più di dramma annunciato, una tortura. Finalmente, ma sono quasi le 14, l'ufficiale giudiziario ha la certezza di non poter disporre delle tutele richieste, l'atc ha fatto sapere di essere favorevole ad un rinvio, viene messo a verbale il rinvio, all'otto di settembre. La tensione si scioglie, l'ufficiale giudiziario ammette di non essersi mai trovato in questa situazione, si domanda perché mai si vuole accrescere il danno di una famiglia così bella e normale. Michele ha parole di stima per lui. Idris saluta e se ne va con i suoi, Simon ci offre un te, siamo tutti sfiniti, gli chiediamo di rimandare a domani la cortesia.

domenica 21 giugno 2009

LETTERA AL SINDACO



Signor Sindaco,
nel corso di due mesi circa si sono affacciate al nostro “sportello di segretariato sociale” molte famiglie assegnatarie atc di un alloggio cosiddetto di “parcheggio” (art.13 c.6 della LR 46/95). Tutte hanno documentato un invito a lasciare l'alloggio pena l'avvio di una procedura di sfratto, alcune hanno mostrato i documenti di una procedura di sfratto già avviata e già subiscono le penalizzazioni previste per gli “occupanti senza titolo” (canone pari al doppio dell'equo canone, art.19 e 30 della LR 46/95). Hanno ovviamente portato con se i sentimenti che accompagnano il pericolo di perdere l'abitazione, la minaccia alla integrità dei legami familiari, il rischio che sia compromessa una vicenda di difficile integrazione sociale.
Abbiamo ragione di ritenere che l'invito di cui si tratta sia pervenuto alla totalità degli assegnatari di un “alloggio parcheggio”, il che configura una situazione gravissima di per se perché, fino a prova contraria, riguarda famiglie, molte con minori, con redditi modesti o precari e dunque impossibilitate a frequentare il mercato privato delle locazioni.
In questa situazione risulta inoltre discutibilissimo il modo di operare dell'assessorato ai Servizi Sociali. In una situazione stranota di danno sociale diffuso (ci sembra inutile richiamare i dati), in cui i cittadini trovano difficoltà a soddisfare il loro bisogno abitativo e gli enti e le associazioni non possono loro malgrado tutelare il diritto all'abitare di tutti, gli interventi dell'assessorato ai Servizi Sociali in materia di abitazioni, dovrebbero sempre essere guidati dall'intenzione di ridurre il danno sociale, non accrescerlo, come a noi sembra di vedere.
Come sempre facciamo, quando persone/famiglie si affacciano al nostro sportello per raccontarci i loro problemi, muoviamo una nostra istruttoria delle condizioni sociali e abitative, compresa la ricostruzione di una storia minima di vita che dia il senso di quel che accade al di là delle circostanze.
Per quanto riguarda l'emergenza che ha dato luogo all'assegnazione e dunque alla sottoscrizione della convenzione di legge (art. 13 della LR 46/95), abbiamo potuto osservare, dal punto di vista di una associazione che tutela “interessi diffusi” (art.9 legge 241/90), la pressoché totale non trasparenza delle procedure. In particolare i rinnovi, le proroghe, le revoche della convenzione risultano atti agiti nella più completa discrezione, comprese le procedure di sfratto e i relativi rinvii. Regolare problemi di questo genere, con queste modalità, in una situazione sociale come quella presente, ci sembra davvero discutibile.
Vogliamo ricordare che le finalità della LR 46/95 ed in particolare le norme che riguardano l'emergenza abitativa, sono solidaristiche e di tutela del diritto all'abitare di tutti i cittadini, in particolare di quelli con condizioni sociali modeste. Questo significa, a nostro giudizio, che l'uso di questa convenzione non deve promuovere una astratta e dunque perniciosa mobilità degli inquilini (sembra essere questa l'intenzione dell'assessore ai Servizi Sociali), ma deve accompagnare in ogni momento un obiettivo esame della condizione sociale degli inquilini stessi. In parole povere, se la condizione sociale che ha giustificato l'uso della convenzione permane a distanza di uno o due anni (ed è una ipotesi assoltamente verosimile) la convenzione stessa deve essere rinnovata o i suoi termini prorogati (nero su bianco) oppure in altro modo si deve garantire il passaggio “da casa a casa”.
Facciamo osservare a questo proposito che la durata della convenzione, fino a due anni, prevista dal citato 13 della LR 46/95 , non è una scelta casuale del legislatore ma il proposito di mettere in relazione emergenza/normalità con la durata biennale dei bandi e dunque con la possibilità di certificare una “scadenza dei termini previsti da convenzioni per la permanenza in locali concessi a titolo temporaneo” (art.10 della legge regionale citata) condizione che, da sola, vale 4 punti di graduatoria.
In conclusione chiediamo:
  1. un incontro urgente con il Sindaco della città
  2. La sospensione di tutte le procedure di sfratto che colpiscono gli assegnatari di “alloggio parcheggio”
  3. l'esame trasparente (in una commissione responsabile) di ogni situazione caso per caso.
In quanto associazioni che tutelano “interessi diffusi”, restiamo ovviamente liberi di contrastare, con tutti i mezzi di cui disponiamo, procedure che riteniamo non trasparenti e azioni che riteniamo ingiuste e lesive del diritto di abitare di ogni cittadino.
Cordialmente
Portavoci:
Coordinamento Asti-Est, Carlo Sottil
Associazione Amal, Ait Yussef
Piam onlus, Alberto Mossino
Peter Pan, Piero Vercelli
Varie&Eventuali, Sara Caron
AISAP, associazione senegalesi, Seck Mamadou
Collettivo Sherwood, Francesco Olivero
Associazione A Sinistra, Giuseppe Vitello

DIRITTO ALL'ABITARE


Venerdì 12 giugno i movimenti per il diritto all’abitare e i comitati di quartiere, all’interno del percorso della carovana “città bene comune” hanno lanciato la legge di iniziativa popolare sul diritto all’abitare.
Una legge che parla di diritto alla casa ma anche di come realizzare una città a a misura di chi la vive, con verde, servizi pubblici e trasporto pubblico.

Questa legge si pone in netta contrapposizione al “pacchetto edilizio “ di berlusconi e alla logica di cementificazione che lo ispira.


La proposta di legge, che si compone di sedici articoli, non nasce negli assessorati o nelle commissioni di via della Pisana ma da una idea maturata dalla stessa carovana che, a sua volta, come in un incastro di scatole cinesi, lancia, nella sua stessa costituzione, una originale idea di autogoverno del territorio. Difatti, contemporaneamente, lancia anche una seconda legge popolare che riguarda la scabrosa questione dei rifiuti. La carovana nasce dall’incontro tra i comitati di quartiere e la miriade di associazioni che in questi anni si sono opposti allo strapotere della rendita dando vita alla «Rete del mutuo soccorso» e alla Rete dei movimenti per il diritto all’abitare composta da Action, Bpm, Coordinamento cittadino di lotta per la casa, Comitato obiettivo casa.

A questo primo nucleo, in occasione della preparazione della Conferenza urbanistica del 29 febbraio scorso, si sono aggiunti comitati, associazioni e cittadini incontrati nelle diverse tappe del viaggio che, peraltro, è cominciato molto tempo fa. Molti, infatti, hanno in comune l’opposizione alle politiche urbanistiche di Veltroni culminate nell’approvazione del Piano regolatore generale, nei primi mesi del 2008, che a loro giudizio ha prodotto un consumo insensato di territorio, ha peggiorato la qualità della vita cittadina e non ha dato risposte all’emergenza abitativa. L’attuale giunta Alemanno, aggredendo l’agro romano, continua nella stessa direzione, quella di costruire la città secondo i soli dettami della rendita. L’idea della legge d’iniziativa popolare nasce dalla convinzione che l’unica manovra urbanistica possibile sia ripristinare il ruolo pubblico nel programmare e risolvere l’emergenza abitativa e la vivibilità urbana.

Roma, la sua area metropolitana e i maggiori comuni del Lazio sono in emergenza abitativa: decine di migliaia di famiglie vivono in condizioni inaccettabili, in edifici impropri, in assistenza alloggiativa. Migliaia sono sottoposte a procedura di sfratto in corso. Un numero sempre maggiore vive in quartieri sempre più periferici e sempre più privi di servizi sociali. Eppure, in questi anni si è costruito moltissimo, agli stessi ritmi degli anni ‘80, nonostante la popolazione non sia sostanzialmente cresciuta. Ma si sono costruite solo case per il mercato privato ed è stata abbandonata l’edilizia sociale pubblica. Il recentissimo rapporto annuale Istat ha certificato che, a fronte della realizzazione di oltre 3 miliardi di metri cubi di edifici nel periodo 1995-2006, la percentuale di case pubbliche è stata dello 0,7 per cento. In Europa supera mediamente il 30 per cento. E, mentre gli altri paesi cercano di tornare alle politiche pubbliche, l’Italia sembra voler continuare le politiche di demolizione di qualsiasi regola. E le proposte del cosiddetto «Piano Casa» del governo Berlusconi servono solo a incrementare la rendita.

La legge di iniziativa popolare propone la realizzazione in sei anni di centomila alloggi pubblici. È un impegno oneroso per il quale viene previsto, nella proposta, lo stanziamento di circa 8 miliardi di euro. Inizia ora la raccolta delle firme necessarie per l’iter istituzionale di una proposta di legge di iniziativa popolare [va ricordato, peraltro, che il Lazio non si è ancora dotato di una legge ad hoc così come previsto dallo Statuto regionale] ma i promotori già sanno quale sarà la prima obiezione delle istituzioni: non ci sono i soldi. Per questo, propongono di dirottare in questa direzione quelli che dovrebbero venire investiti in opere inutili come l’autostrada Roma-Latina. La legge blocca, inoltre, la svendita del patrimonio pubblico in atto da anni «per risanare i conti pubblici». Per questo, si propone di adottare politiche di risparmi della spesa pubblica. Ma risolvere il problema della casa non basta più. Di fronte all’imponente fenomeno di espulsione da Roma di oltre centomila famiglie nel periodo 1991-2006, l’attuale situazione è che sempre più cittadini vivono in zone periferiche prive di servizi di qualità. Mentre Roma si spopola e in centro si chiudono i servizi per mancanza di popolazione, nella periferia metropolitana non c’è la città. Mancano scuole, servizi alle persone, perfino le opere di urbanizzazione.

La legge propone due parallele politiche: reintrodurre la residenza pubblica nella città esistenti così da rivitalizzarle con azioni di recupero del patrimonio pubblico dismesso o sotto utilizzato. E portare i servizi nelle periferie delle città. Si prevede un piano di realizzazione di servizi pubblici che consente a tutti i cittadini pari opportunità di accesso e punta a recuperare prioritariamente il costruito inutilizzato all’interno delle città così da non costringere molte famiglie a vivere in case senza città e a riempire di abitanti le parti di città ormai vuote per il grande esodo di questi anni. Il diritto all’abitare si completa con il diritto alla mobilità sostenibile: centinaia di migliaia di pendolari raggiungono il centro di Roma per motivi di lavoro impiegando tre ore al giorno per gli spostamenti. Anche in questo caso, occorre far entrare l’Italia in Europa: nessun quartiere potrà essere costruito se non esistono già linee di trasporto su ferro. Basta con i quartieri che nascono in ogni angolo della campagna e obbligano all’uso dell’automobile.

La legge, infine, tocca due ulteriori punti: la riconversione dell’immenso patrimonio edilizio costruito verso l’istallazione di tecnologie energetiche appropriate e le graduatorie di accesso. Il limite di reddito per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa, a partire dal primo bando successivo alla approvazione di questa legge sarà portato a 20 mila euro [la diminuzione prevista nell’art. 21 della L. 457/78 è determinata in 10 mila euro per ogni componente del nucleo familiare produttore di reddito, e in 6 mila per ogni ulteriore familiare a carico]. Infine, si impegna la Regione Lazio ad attuare la legge entro la definizione del passaggio di competenze, in materia edilizia, al Comune di Roma così come previsto dalla legge istitutiva di Roma Capitale.
Contro le logiche dell'edilizia privata e fai da te.
Per la difesa del territorio e dei beni comuni.
Per l'utilizzo degli alloggi vuoti e il recupero degli stabili abbandonati in città.
Per un Piano Straordinario di 100.000 nuove Case Popolari nel Lazio.
Promuovono:
Coordinamento cittadino di lotta per la casa - Blocchi Precari Metropolitani - Comitato Obiettivo Casa - Action - AS.I.A/RdbCub - Carovana "Città bene comune" - Rete Mutuo Soccorso
LEGGI E SCARICA LA LEGGE
Diritto all'abitare

  FONDO DI RESISTENZA   con i pregiudicati della ex Mutua SOMMA VERSATA A TUTT'OGGI     7300 e...