martedì 12 luglio 2022

EMERGENZA SOCIALE ? NON SERVONO SOLO AZIONI DI RIDUZIONE DEL DANNO !

 

La Stampa’ di sabato 9 agosto raccoglie, in due pagine, l’orientamento dei nuovi eletti in Consiglio Comunale sul tema dell’emergenza casa. Una sorta di presentazione della nuova Assessora alle politiche sociali, la signora Zollo, nonché dei suoi più sperimentati sponsor, il signor Verrua e la signora Cotto. Quest’ultima dà il tono alla musica del nuovo governo cittadino, nonché alla composizione delle due pagine del giornale. La narrazione dell’ex Assessora non si discosta di una virgola dalle innumerevoli precedenti. Potremmo dire che attraversa, sempre uguale, intere fasi storiche e cicli geologici. Dalla crisi del 2008 dei subprime alla presente crisi sociale, passando dall’olocene all’antropocene, preciserebbe Mercalli.

Così, come si legge nella intervista, la “casa delle donne e dei bambini”, viene riaccreditata come una delle risposte all’emergenza di “casa e povertà”. In realtà, come già abbiamo detto in altre occasioni, si tratta di un provvedimento che procede per separazioni e disciplinamenti: donne e bambini da una parte e uomini in improbabili dormitori, autorizzati ad incontrare i loro familiari solo in certe ore del giorno. Se ne dovrebbe dedurre che la proprietà privata è sacra, la famiglia no.

Dunque è dal 2008 che la crisi sociale si aggrava, in un contesto nazionale che ne mette drammaticamente in luce le dinamiche sociali e culturali. C’è stata, tra il 2021 e il 2022, una esplosione senza precedenti delle disuguaglianze e delle povertà, documentata dall’Istat appena qualche giorno fa. Così pure, sono decenni che i bandi per le case popolari non danno il via a delle assegnazioni ma a delle scommesse: scommesse sulla modestia del reddito, sulla composizione del nucleo famigliare e, con un definitivo distacco dai valori costituzionali e dalle norme della legge 3/2010, anche sulla differenza etnica.

Una emergenza senza fine, tenuta sotto controllo per decenni facendo funzionare come dispositivi di assoggettamento i bandi, le graduatorie, le “azioni di riduzione del danno”, nonché la filantropia della “banca del dono” e della “mensa sociale”. Nel corso di questi decenni, il diritto all’abitare è stato consegnato alla retorica, cioè sottratto ad una pratica sociale conseguente insieme agli articoli della Costituzione che gli facevano da sottostante, vale a dire l’art. 2 (che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia come individuo associato), l’art. 3 (che impone alla Repubblica la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini), l’art. 42 (che assicura la funzione sociale della proprietà pubblica e privata). Un costituzionalismo che l’attuale Papa richiama nei punti 116 e 117 della enciclica Fratelli tutti, sviluppandone le norme nel segno dei beni comuni e della uguaglianza di fatto.

 

A conferma di quanto detto, la annunciata riapertura del cantiere di via Ungaretti prevede un drastico ridimensionamento degli alloggi di Erp del progetto originario a favore dell’edilizia convenzionata. Una risposta di mercato al bisogno abitativo di un ceto medio in gran parte impoverito. Ci pare evidente l’intenzione di decimare, nel senso proprio del termine, le centinaia di aspiranti assegnatari della graduatoria Atc. Analogamente si procede con il progetto della Zona Enofila, in cui la già programmata riqualificazione energetica degli edifici non cancella i confini della povertà, dell’esclusione sociale, delle varie fragilità che lì vengono confinate. Da novecentesco welfare della fabbrica storica a ghetto. Questa è la trasformazione che è avvenuta lì e che nessuno degli intervistati disconferma.

Ma le immagini che corredano le due pagine evocano manifestazioni per il diritto all’abitare, svoltesi in più luoghi della città nel 2010. Più precisamente in Piazza. S. Secondo, e nella casa (di proprietà del demanio) di via Allende, allora sottratta all’abbandono con l’occupazione da parte di un collettivo di famiglie. Tali immagini rimandano ad una fase storica ormai consumata ed evocano i suoi protagonisti: un’associazione - Il Coordinamento Asti Est - e diversi collettivi di famiglie sfrattate e senza alternativa abitativa. Protagonisti condotti alla sconfitta con processi, delegittimazioni e azioni repressive sistematiche.

Anche i poteri politici e amministrativi non sono rimasti gli stessi. Dal 2010 sono passati ben 12 anni però quelli nuovi, il Sindaco Rasero e i suoi assessori, esattamente come quelli di allora, si tengono lontani da ogni pratica sociale partecipativa, accompagnando/favorendo/legittimando a colpi di varianti del PRG, i flussi del capitale finanziario. Vale a dire Whirlpool e Poltrone Sofà a gogò, con le annesse cessioni di sovranità cittadina e di territorio.

Il Coordinamento Asti-Est che di quella fase, con centinaia di famiglie sfrattate e sotto sfratto, è stato uno dei protagonisti, è oggi una componente della cittadinanza attiva di Asti. In questo ruolo non ripropone se stesso ma si riconosce in quell’insieme di pratiche sociali che portano in sé l’annuncio e la speranza di una società liberata dal dominio della merce, composta da individui cooperanti e solidali. “Dalla società del profitto alla società della cura”, c’è scritto infatti nel logo dell’Associazione. Non ci facciamo arruolare come “risorsa” delle politiche di “riduzione del danno”. Pur non sottraendoci al confronto e alla discussione, restiamo fedeli al nostro atto costitutivo, ci consideriamo risorsa di una buona politica sociale e di una non astratta cultura dei diritti.

Il Prefetto e il Viceprefetto, qualche giorno fa, ne hanno preso atto. Una sintesi del nostro orientamento, lo stesso che anima centinaia di iniziative sul tema dell’emergenza casa su tutto il territorio nazionale, è rimasta sul suo tavolo. Abbiamo sollecitato ovviamente la costituzione di una “cabina di regia” per l'esecuzione degli sgomberi e degli sfratti, con le graduazioni e le azioni supplementari necessarie per garantire “il passaggio da casa a casa”. Come è noto, a partire dal 1° luglio sono riprese le esecuzioni degli sfratti, in applicazione delle sentenze emesse fino al 29 febbraio 2020. Inoltre, per le sentenze emesse oltre quella data, le esecuzioni sono riprese con le scadenze del 30 settembre 2021 e del 31 dicembre 2021.

Ma quelle immagini riportate da ‘La Stampa’ mostrano, forse involontariamente, una percezione del tempo non cronologica. E’ quella di Salvador Dalì, con gli orologi che si liquefanno, quella di Ernst Bloch quando argomenta che la storia “non è un catalogo e neppure una fila indiana”. La storia può conservare le tracce di un futuro possibile. Dalle sue macerie, può sorgere inaspettatamente una esperienza “con i colori dell’alba di un nuovo giorno” (Ernst Bloch “Filosofia del Rinascimento). Quel genere di esperienza descritta da John Reed ne “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”. Oppure quella libertaria e autogestionaria della Comune di Parigi, analizzata con straordinario acume intellettuale da Carlo Marx (Karl Marx “La guerra civile in Francia 1870-71”).

Siamo sicuri che anche nel capitalismo delle piattaforme, dei flussi del capitale finanziario, sia possibile cogliere le tracce di un futuro possibile. Nella tecnologia degli algoritmi e delle identità digitali, nella cooperazione che implica l’uso delle “piattaforme”. E’ dentro quel capitalismo, dentro le sue attuali opacità, dentro le disuguaglianze che ha moltiplicato con la pandemia e la guerra, che ci ostiniamo, con la nostra narrazione e i nostri legami sociali, a cercare le tracce di un futuro possibile. Accompagnati dallo sguardo utopico di Ernst Bloch e dall’acume intellettuale di Carlo Marx, dalla stima e dall’affetto delle persone con le quali ci siamo accompagnati e che ci accompagnano.

Asti, 13 luglio 2022

COORDINAMENTO ASTI EST

venerdì 29 aprile 2022

NON ARMI SI NEGOZIATO-FERMARE LA GUERRA


25 aprile 2022: un appuntamento importante per tutti coloro che vogliono far sentire la voce della pace, della condanna della guerra, dell'alternativa a un mondo fondato sulle armi e la sopraffazione.

Uniamo i nostri propositi a quelli che in questo momento si stanno esprimendo su tutto il territorio nazionale (Gkn di Campi Bisenzio, Anpi, la Cgil, i promotori della Perugia Assisi, le vie crucis promosse dal Papa e una vasta area di associazionismo laico, cattolico, femminista) per la condanna della guerra e l’attivazione di un negoziato tra le parti in conflitto. Esprimiamo solidarietà alla popolazione ucraina sconvolta da una guerra di aggressione e ai pacifisti russi incarcerati dal regime di Putin.

Come esprimiamo solidarietà al popolo curdo, nuovamente sotto l’attacco delle bombe di Erdogan, al popolo palestinese, ristretto in enclave soffocanti e assassine e a tutti i popoli che stanno soffrendo gli attacchi militari di eserciti che si muovono ai margini di una diffusa diplomazia imperialista.

Al tempo stesso ci ostiniamo nella ricerca di un negoziato e di una soluzione politica alla guerra, convinti che tale soluzione sia l’unica possibile per mettere fine ai drammi, alle sofferenze, alle disumane privazioni, delle popolazioni civili dell’Ucraina. La via principe, riteniamo sia quella dell’uscita dalla NATO, al più presto, senza SE e senza MA, auspicandone lo scioglimento.

Siamo in un Paese già messo in ginocchio economicamente e socialmente dalla pandemia ed ora, l’economia di guerra imposta dal governo, con le sanzioni alla Federazione Russa e l’invio di armi all’esercito ucraino, annuncia l’inasprirsi delle ingiustizie e delle disuguaglianze. Aumenteranno i disoccupati ed aumenteranno tutti coloro che, pur lavorando, hanno già adesso uno stipendio da fame. Per questa parte di popolazione costituirà un problema pagare le bollette della luce e del gas, conservare la propria abitazione, avere un servizio sanitario pubblico appena decente. Così pure si aggraveranno le condizioni del personale della scuola pubblica e degli studenti-esse che già adesso, subiscono gli effetti di un sapere mediato da tecnologia e pretese di efficientismo educativo.

Ignorando questa realtà, un Parlamento sempre più orientato dalla governance neo-liberale, senza alcuna considerazione per l’assemblea delle Nazioni Unite in cui i Paesi più popolosi del pianeta non hanno votato le sanzioni auspicando una soluzione politica del conflitto ucraino, ha votato un aumento delle spese militari che passerà da 25 miliardi a 38 miliardi di euro entro il 2024 con un aumento del 50%, cifra che equivale ad una spesa di 104 milioni di euro al giorno.

Una folle deriva bellicista che va contrastata rendendo visibile nelle strade, nelle piazze e nei conflitti che già si aprono lungo la filiera della economia neo-liberale, una opposizione finora rimasta sottotraccia, dispersa in mille rivoli, priva di potere politico.

 Coordinamento Asti-Est 

Associazione in movimento per il diritto all’abitare

"Noi le case le vogliamo veder costruite/ristrutturate e abitate, non distrutte dalle bombe degli eserciti"

domenica 17 ottobre 2021

RIMUOVERE POVERTÀ E DISUGUAGLIANZE

In Italia sono 5,6 milioni le persone in povertà assoluta. Sono 8 milioni le persone che vivono in povertà relativa. 1 persona su 3 è a rischio esclusione sociale. Sono i dati che fornisce la rete che promuove questa iniziativa ed è accertato che la loro distribuzione sul territorio nazionale si condensa nelle città grandi e medie. Asti è tra queste ultime e la popolazione a rischio di esclusione sociale si condensa soprattutto nelle periferie, attorno agli insediamenti di edilizia residenziale pubblica.

I dati forniti dagli enti, Comune ed Atc, vale a dire 647 famiglie in lista d’attesa nella graduatoria Atc e un patrimonio di edilizia residenziale pubblica di 1600 alloggi in gran parte vetusto, con decine di alloggi inutilizzati e altre decine utilizzati male, sono dati più che sufficienti per descrivere la situazione, ma non ne colgono le dinamiche. 

martedì 31 agosto 2021

DESTINATARI DI AZIONI ALTRUI

 

Frequento il bar di via Monti dal 95, ultimamente con qualche esitazione, perché ogni volta che varco quella soglia mi si apre un tunnel temporale su una realtà sociale assai diversa dalla presente. I rapporti che prima avevo intensissimi, nella sede del Coordinamento con gruppi di assegnatari o aspiranti assegnatari o, in tempi più recenti, era il 2008, nelle sedi della “programmazione partecipata” del Piano di Recupero Urbano (Centro sociale, Circoscrizione, scuola Gramsci), si sono ridotti al “ciao pascià”, o qualche altro nomignolo identificativo di una antica consuetudine, indirizzato a qualcuno spaparanzato ad un tavolino, seguito dal classico “chi non muore si rivede”.

Ciò che è sparito nel quartiere, non certo per mano divina, sono le forme di soggettività vissute in fabbrica e nel sindacato, scandite dai momenti dell’assemblea e del conflitto. Negli anni 90 ancora vi perduravano sebbene estenuate, più memoria di una generazione che già andava popolando la categoria dei pensionati, che motore della economia reale. Insomma, nel quartiere c’erano ancora brandelli di “autogestione”; c’era ancora un “noi” che escludeva derive piccolo borghesi, come le stigmatizzavamo allora, che conducevano “ognuno raccolto nel suo povero piccolo io”, ad una solitudine, somma di sentimenti negativi.

L’ASSEDIO

La discussione sul ventennale del G8, promossa da alcuni protagonisti di quell’evento, proprio nel luogo fisico, il Diavolo Rosso, dove nel corso di quel lontano 2001 i “movimenti” astigiani posero i preliminari delle loro drammatiche giornate di Luglio, è stata molto più celebrativa di quanto gli stessi promotori avessero voluto.

Nella ricostruzione degli scenari di Genova e dintorni, che via via gli interventi componevano si è smarrita oppure è rimasta sullo sfondo senza particolare significato, la sfida radicale ai poteri della globalizzazione neoliberista condotta in quei giorni dal “movimento dei movimenti”; da quel soggetto collettivo che, dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, con straordinaria ricchezza di pratiche sociali e di conoscenze, andava tracciando il futuro di “un altro mondo possibile”.

Più precisamente sono rimaste sullo sfondo le azioni dei “gruppi tematici” che nella giornata del 20 luglio, la stessa dell’assassinio di Carlo Giuliani, muovendosi da punti diversi della città, si sono diretti all’assedio della linea rossa, violandone più o meno simbolicamente le barriere. Dagli eredi della Comune di Parigi, a quelli della Riforma, dai militanti di Casarini, alle suore digiunanti del Cristo “campesino”, ciascuno in relazione alla propria esperienza e cultura, tutti hanno sperimentato la relazione “violenta”, implicita nel proposito di porre l’assedio alla cittadella dei ricchi. Dalla parte dei manifestanti, non una passeggiata ma contrasti, superamento di confini, presidi, occupazioni, ripiegamenti, ostruzionismo, sabotaggio nonché la fuga. Tutte le forme della resistenza attiva, agita con i corpi e infine sopraffatta dall’attacco violento delle varie polizie.

mercoledì 18 novembre 2020

LA SOCIETÀ DELLA CURA

 

L’epidemia da Covid 19 ha messo drammaticamente in luce il carattere predatorio, di natura e umanità, del presente sistema neo-liberale. La gran parte della cittadinanza attiva della città ha mostrato di averne consapevolezza organizzando, nel corso dei mesi da marzo ad oggi, iniziative di difesa dei valori civici e dei diritti costituzionali e confermando il carattere fondativo di tutte le pratiche sociali a quelli conformi. Con le stesse sensibilità e gli stessi orientamenti, più recentemente, oltre 220 realtà associative e di movimento e oltre 800 persone attive individualmente, hanno dato avvio ad un percorso di convergenza, dichiarando l’insostenibilità di una società basata sull’economia del profitto e proponendo l’orizzonte alternativo di una società della cura. In un appello diffuso il 7 novembre, (Mobilitiamoci, nessuno deve essere lasciato indietro: https://societadellacura.blogspot.com/), rilanciando i contenuti del loro dibattito e della loro piattaforma, propongono un momento nazionale di approfondimento e di mobilitazione, in piazze reali o virtuali, per il 21 di novembre.

venerdì 9 ottobre 2020

PALAZZINA DI VIA ALLENDE. UNA ESPERIENZA PARTECIPATIVA CHE SI RIPROPONE IN TUTTO IL SUO VALORE

La richiesta di un uso sociale della palazzina di via Allende, opposta a scelte di abbandono e propositi di vendita, è stata pubblicamente argomentata, da parte della nostra Associazione, in più occasioni. Il fatto di appartenere al demanio, dunque alla categoria dei beni pubblici, dovrebbe rafforzare ancora oggi questa richiesta. Ora, apprendiamo che il governo cittadino ha intenzione di disporne per contrastare l’emergenza abitativa. Bene, l’ipotesi peggiore, circolata in questi giorni, cioè la vendita, sembra essere scongiurata.

Ma sarà proprio così ? Nel corso degli ultimi dieci anni, non c’è stato governo cittadino che non abbia manifestato la stessa intenzione. Eppure la palazzina è ancora lì, con gli ingressi sigillati per la ennesima volta: nell’ottobre del 2019, quando l’ultima famiglia degli occupanti aveva trovato domicilio altrove; in seguito, quando uno o più ignoti senza tetto, violando i primi sigilli, ne avevano fatto il loro domicilio di fortuna.

Guai ai poveri, vien da dire. Infatti, a ben vedere, anche nella ipotesi migliore, quella appena formulata dal governo cittadino, l’insieme dei problemi sociali che hanno fatto da contesto alla occupazione di quella palazzina, si riproporrebbe, assai più impegnativo di prima, per ammissione degli stessi assessori competenti. Vediamo dunque con chiarezza, ripercorrendo, per sommi capi, la vicenda decennale che ha preso corpo (e anima), nella palazzina e dintorni. 

  FONDO DI RESISTENZA   con i pregiudicati della ex Mutua SOMMA VERSATA A TUTT'OGGI     7300 e...