PROCESSO
ALLA POVERTA' E PENE SURREALI.
Considerando
l'entità delle pene (tutte oltre un anno di reclusione, fino a due
anni) è difficile non scorgere un accanimento del giudice, sia nei
confronti dei militanti dell'associazione, sia nei confronti delle
famiglie occupanti. Le azioni di di queste ultime sono state
giudicate in astratto, secondo il profilo dettato dalla norma del
c.p., dunque a prescindere dallo “stato di necessità” a cui le
stesse famiglie erano assoggettate. Come risulta da un suo recente
pronunciamento, persino la Suprema Corte, ammette che il bisogno di
alloggio può determinare uno “stato di necessità” e dunque
costituire una attenuante della pena. Il nostro giudice ha preferito
semplificare.
In
questo fin troppo discutibile indirizzo giudicante, cancellato lo
“stato di necessità” delle famiglie, sono venute di conseguenza
le condanne inflitte ai militanti dell'Associazione (maggiori di
quelle richieste dal pm). Nel giudizio, questi ultimi sono apparsi
nel ruolo di astratti promotori dei più vari reati. A dispetto
della istruttoria, che documentava un rapporto di solidarietà e di
mutuo soccorso, tra Associazione e famiglie in “emergenza
abitativa”, nonché un rapporto dialogico, che ha accompagnando il
conflitto, tra Associazione, Asl, Enti pubblici.