Ci
auguriamo che l'articolo della giornalista della Nuova Provincia non
provochi solo riflessi d'ordine ma anche qualche utile riflessione,
che peraltro merita. La nostra è quella che segue.
Intanto
quel che si vede è importante ma qualche volta è più importante
quel che non si vede. In questo caso è l'incapacità del potere
pubblico di dare una risposta ad un gravissimo problema sociale. Le
occupazioni ad Asti sono quattro e non tutte sono “fuori controllo”
come quella di Corso Volta/Corso Casale, mentre le occupazioni sul
territorio nazionale sono centinaia e tutte insieme hanno come
protagonisti persone/famiglie con redditi precari e dunque espulse
dal mercato privato delle locazioni. Sono centinaia di migliaia di
persone/famiglie a cui è negato il diritto all'abitare.
Inoltre
questo mercato escludente è fermo e il recente riavvio annunciato
dai costruttori è legato alle disponibilità di reddito di un ceto
medio non ancora impoverito. Che quel mercato, nei tempo d'oro, fosse
largamente speculativo e fosse sostenuto con grande leggerezza dalle
banche, è un giudizio così condiviso da formare ormai una
letteratura. E le prove, evidentissime sono sotto gli occhi di tutti,
ad Asti come altrove. I due edifici di cui si parla ne sono un
luminoso esempio. Infatti su quelli le ipoteche maggiori sono delle
banche.