Questa mattina i volontari sono andati a cuor leggero all'appuntamento con l'ufficiale giudiziario. Una soluzione, sia pure provvisoria, al problema abitativo delle due famiglie era stata annunciata al “tavolo delle emergenze” convocato due giorni prima. Per la famiglia più numerosa, tre minori, la disponibilità entro breve di un alloggio popolare, per l'altra famiglia un rinvio e poi una assegnazione, a distanza di due mesi circa (che sembra essere la scadenza, imposta dall'assessore, delle riunioni del tavolo delle emergenze).
Ma lì sotto casa, al freddo, con il gruppo di volontari infoltito dalle figurine d'occasione, l'avvocato della proprietà, l'amministratore, quattro poliziotti della digos e l'ufficiale giudiziario, i giornalisti e i fotografi, il rinvio, il settimo, dello sfratto della famiglia al momento esclusa dall'assegnazione, ha riaperto la discussione. L'avvocato ha fatto sapere che la proprietà non era disposta a concedere un altro rinvio delle sfratto, e ha invitato l'ufficiale giudiziario a procedere con lo sgombero.
Questo vero e proprio esercizio di violenza per conto della proprietà è stato evitato solo per ragioni “tecniche” vale a dire la mancanza del numero di poliziotti necessario per garantire l'efficacia dell'azione, contro la famiglia e venti volontari, tutti decisi ad opporsi.
Non si è trattato della solita routine, di contrasti degli sfratti ne sono stati fatti almeno trenta, da che è iniziato in città il movimento per la difesa del diritto all'abitare. E' stata invece l'ennesima prova della decisione dell'assessorato di trattare l'emergenza come se ogni singolo episodio riguardasse esclusivamente le sorti di questa o quella famiglia e come se qualsiasi provvedimento fosse un azzardo morale.
Se non sono furbi o pelandroni sono extracomunitari, non sono mai persone o famiglie che perdono, loro malgrado, un diritto. Le decine di emergenze abitative, lo stillicidio degli sfratti, l'attesa di 600 persone/famiglia in una inesauribile graduatoria atc, la disponibilità di alloggi popolari ridotta praticamente a zero, sono per l'assessore chiacchiere, non costituiscono mai un problema sociale, con delle cause che devono essere affrontate e delle soluzioni che devono essere accompagnate. Per le associazioni invece, ma era chiaro fin dall'inizio, queste non sono chiacchiere ma le questioni dell'agenda del “tavolo”.
Il “tavolo delle emergenze” convocato due giorni prima, per mettere alla prova una procedura condivisa di assegnazione “in emergenza”, di cui era stato fatto l'annuncio nei “tavoli” precedenti, si è rapidamente trasformato in una tribuna per l'assessore che ha sciorinato il suo irricevibile catechismo. Primo, chi ha occupato non può avere una casa popolare, secondo non si possono assegnare alle emergenze più di un quarto degli alloggi disponibili, terzo negli “alloggi parcheggio” le emergenze devono ruotare, quarto il tavolo viene convocato ogni due mesi ma solo perché lo ha sollecitato la Prefettura. Questa giustificazione viene taciuta ma è evidente in ogni atto mosso dall'assessore, non c'è nulla nelle convocazioni del tavolo che possa suscitare il reale interesse degli altri interlocutori ne una agenda, ne una proposta, meno che mai la sollecitazione di un giudizio, di un approfondimento. Insomma il “tavolo” viene convocato “per le comunicazioni dell'assessore”.
Non è possibile andare avanti in questo modo. Le associazioni sollecitano un chiarimento e per ottenerlo ripropongono per l'ennesima volta le loro richieste minime:
Sospendere le assegnazioni in graduatoria salvo i casi di famiglie di cui si riconosce lo stato di emergenza abitativa;
Sospendere le procedure di revoca delle assegnazioni in erp, salvo i casi di indubbia violazione delle norme;
Rinnovare le convenzioni a tempo e protrarne i termini, se permangono le condizioni di debolezza sociale delle famiglie interessate;
Procedere alla realizzazioni dei cambi consensuali già richiesti, quando mettono fine a situazioni di sottoutilizzazione degli alloggi, anche in presenza di morosità;
Fare una verifica rapida della disponibilità dell'asl a cedere in uso locali per un domicilio temporaneo di eventuali famiglie sfrattate;
Comporre una lista delle emergenze che abbia come criteri esclusivi la condizione di effettiva debolezza sociale delle famiglie e di effettiva insostenibile condizione abitativa, senza escludere le famiglie che vengono da una occupazione di erp.
La posizione delle associazioni è sempre stata di dialogo, con argomentazione di ogni problema e proposte motivate e possibili. Di ultimativo e di perentorio nel nostro dialogare non c'è assolutamente nulla, comprese le richieste su elencate. Ma un atteggiamento dei nostri interlocutori, in particolare dell'assessore, inafferrabile, dilatorio e in definitiva irresponsabile verso di noi e cinico verso le persone e le famiglie che noi accompagniamo, non possiamo più tollerarlo.
La questione del contenzioso
In regione si sta discutendo una revisione generale della legge che dal 1995 che detta le “norme per le assegnazioni e per la determinazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”. Invece di discutere delle ragioni e delle finalità di questa revisione ci si sofferma su aspetti del tutto marginali ma che possono essere usati nel dibattito politico. E' il caso del cosiddetto “canone sanzionatorio”. Il canone che viene inflitto agli inquilini di una casa popolare quando non lasciano questo domicilio dopo aver subito la “decadenza” dell'assegnazione. In altre parole, dopo che il contratto di locazione è stato rescisso dal proprietario. Tralasciamo le violazioni indiscutibili del contratto (chi subaffitta, chi usa l'alloggio per attività illecite, chi supera il cosiddetto “reddito di permanenza”, ecc.), e consideriamo la situazione, più frequente, degli inquilini morosi “colpevoli”, vale a dire degli inquilini giudicati “fraudolenti”, dall'Assessorato ai Servizi Sociali, perché non pagano un canone che invece potrebbero pagare. Cosa accade nella realtà. Quelli realmente “fraudolenti” se ne vanno, gli altri e sono la grandissima maggioranza rimangono. A rigore, dovrebbero essere sgomberati. Vengono invece lasciati lì ma sollecitati a pagare il canone sanzionatorio sotto la minaccia continua dello sgombero. Alcuni non pagano e in questo caso la norma di legge attribuisce al Comune l'onere di pagare il canone all'atc, molti invece pagano e per farlo ricorrono alla solidarietà familiare e degli amici e ai prestiti presso le banche, insomma si indebitano sempre di più non avendo altra alternativa alla casa popolare. Dunque questo “canone sanzionatorio” non pesa solo sul Comune e può trasformarsi in contenzioso con l'atc (come è accaduto ad Asti), pesa soprattutto sugli inquilini “morosi colpevoli” che lo pagano. Il meccanismo di legge è infernale e tra l'altro è stato introdotto con una revisione di legge del 2001 (in regione il centro destra) e visti i risultati si può dire che tradisca lo spirito solidaristico e di tutela della stessa legge. Torniamo a questo punto al dibattito politico. Prima osservazione si discute del contenzioso del Comune con l'atc, non si fa nessun cenno alle sorti degli inquilini che pagano il canone sanzionatorio. Seconda osservazione non si discute delle ragioni e delle finalità della presente revisione della legge e si conferma il sospetto che si voglia fare una legge ancor meno solidale e di tutela della precedente. In questo scenario, l'intervento della consigliera regionale Angela Motta, contro l'abolizione del “canone sanzionatorio”, è uno dei tanti esempi di come la politica e il relativo dibattito siano lontani dalla vita reale, non abbiano più alcun nesso con le condizioni di malessere sociale e di impoverimento di una parte sempre più ampia della popolazione. La consigliera, di centro sinistra, ha motivato la sua opposizione dicendo di non voler fare un regalo al Comune di Asti, di centro destra. E' la riprova di quanto andiamo dicendo, maggioranza e opposizione, è solo un gioco delle parti sulla pelle di chi non riesce, suo malgrado, a campare con dignità.
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