giovedì 7 dicembre 2017

PROCESSO ALLA POVERTA' E PENE SURREALI


PROCESSO ALLA POVERTA' E PENE SURREALI.
Considerando l'entità delle pene (tutte oltre un anno di reclusione, fino a due anni) è difficile non scorgere un accanimento del giudice, sia nei confronti dei militanti dell'associazione, sia nei confronti delle famiglie occupanti. Le azioni di di queste ultime sono state giudicate in astratto, secondo il profilo dettato dalla norma del c.p., dunque a prescindere dallo “stato di necessità” a cui le stesse famiglie erano assoggettate. Come risulta da un suo recente pronunciamento, persino la Suprema Corte, ammette che il bisogno di alloggio può determinare uno “stato di necessità” e dunque costituire una attenuante della pena. Il nostro giudice ha preferito semplificare. 
In questo fin troppo discutibile indirizzo giudicante, cancellato lo “stato di necessità” delle famiglie, sono venute di conseguenza le condanne inflitte ai militanti dell'Associazione (maggiori di quelle richieste dal pm). Nel giudizio, questi ultimi sono apparsi nel ruolo di astratti promotori dei più vari reati. A dispetto della istruttoria, che documentava un rapporto di solidarietà e di mutuo soccorso, tra Associazione e famiglie in “emergenza abitativa”, nonché un rapporto dialogico, che ha accompagnando il conflitto, tra Associazione, Asl, Enti pubblici.


Questo fondamentalismo legalitario del giudice, svela il carattere politico del processo e rimanda, per opposizione, ai soggetti reali che lo affollano, che sono animati dalle contraddizioni e dalle ambivalenze di una grande questione sociale, quale è appunto quella della casa. Dunque, al di là dell'operato del giudice, si può ben dire che questo è un processo alla povertà e, in quanto tale, è un episodio della più generale guerra alla povertà, che in questo momento conducono i poteri dominanti e, in un ruolo sottoordinato, i sindaci e gli assessori delle amministrazioni locali.
Del resto i paradossi che si possono ricavare, mettendo a confronto questa vicenda giudiziaria con un'altra di analogo scenario sociale, sono lì a dimostrare questa tesi. Qui vengono inflitti complessivamente 40 anni di reclusione ai poveri e a chi ne difende i diritti. Là vengono inflitti meno di 4 anni a chi si è appropriato dell'equivalente di 100 case popolari. In un caso e nell'altro, bisogno abitativo negato e corruzione nelle ATC, l'orientamento degli amministratori locali, nella serie “se uno è povero è colpa sua, risulta sovrapponibile a quello dei giudici.
In quanto alla richiesta di risarcimento di presunti danni materiali e morali, conseguente alla costituzione di parte civile dell'Asl (15 mila euro + 3 mila di spese processuali), essa conferma il carattere al tempo stesso surreale e punitivo dell'intera sentenza. Qui la rimozione del reale e di tutta la sua immanenza è davvero temeraria. Dal punto di vista morale si tratta ne più ne meno di una bassezza a danno di poveri diavoli, di cui la dirigenza locale dell'Asl si è resa fin troppo disinvoltamente responsabile. Gli edifici dell'Asl, abbandonati dal 2004 al loro puro, astratto, valore di scambio, hanno forse accresciuto il decoro urbano dei loro d'intorni ? Sono stati forse incubatori di attività commerciali, artistiche, ludiche ? Nello scenario delle loro architetture ha preso vita una gioiosa, liberatoria, movida ? E' accaduto esattamente il contrario: indecoroso abbandono, grigiore e tristezza, bivacco di fortuna di vite spericolate, spegnimento degli esercizi commerciali presenti. Con una eccezione, nella ex mutua di via Orfanotrofio, e d'intorni, dove gli imputati del processo in questione, hanno ricostruito legami sociali altrimenti distrutti da sfratti senza alternativa, hanno ridato una funzione sociale ad un immobile altrimenti abbandonato all'incuria, e fin che hanno potuto farlo, inseguiti da notarili ordinanze di sgombero, hanno fatto esercizio di cittadinanza, in una città dove i diritti sociali sono ormai una variabile dipendente del diritto di proprietà nudo e crudo. Se c'è ragione di fare un conto dei danni, questo conto va proprio presentato all'Asl e ai suoi improbabili e cinici amministratori.

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