giovedì 20 luglio 2017

CONTRORIFORMA

Lo sgombero violento (non importa che l'apparato militare non abbia incontrato oppositori) di tre famiglie dallo stabile “occupato” di Salita al Fortino, ha riproposto nel modo peggiore la “questione abitativa” in città. Una questione che viene descritta come una “emergenza”, per nasconderne il carattere strutturale, il fatto di essere determinata dalla politica e dalla cultura dominanti. Dunque una emergenza ogni anno uguale a se stessa, dal 2006: stillicidio di sfratti per morosità incolpevole, graduatorie per la casa popolare affollate e inesauribili, mercato delle locazioni inaccessibile per famiglie con redditi precari.


Al momento della occupazione, lo stabile, di proprietà di una immobiliare, era vuoto da tre anni. Le otto famiglie “occupanti” si riconoscevano in un “soggetto sociale” più ampio, composto da una associazione e dalle famiglie sfrattate, sotto sfratto e “occupanti” altri stabili in via Allende, via Orfanotrofio, corso Volta. Tutte le azioni pubbliche di quel “soggetto sociale” erano animate dalla volontà di ricondurre la “questione abitativa” al diritto all'abitare, peraltro sotteso all'art.3 della Costituzione.
Ebbene, quel soggetto sociale non ha mai trovato alcun interlocutore istituzionale. Lo sgombero violento di Salita al Fortino ne è stata l'ennesima prova. Qualcuno fa osservare che quell'esito è stato rinviato più volte, dunque la ricerca di una alternativa c'è stata. Falso, una alternativa non c'è mai stata. A ben vedere, tutta la procedura, condivisa da proprietà, assessorato e questura, ha funzionato come un dispositivo di assoggettamento. Parliamone quanto basta, anche per anni (la prima occupazione è del 2010), fingiamo di riconoscere quel soggetto sociale, importante che sia cancellata l'idea che la casa sia un diritto, e sterilizzato il conflitto sociale che implica. Il dispositivo ha funzionato, la cultura del mercato è ancora dominante, gli interessi del partito del mattone confermati, quel soggetto sociale estenuato, al momento inesistente. A riprova, in città il cospicuo patrimonio edilizio inutilizzato continua ad essere affidato esclusivamente alle sorti del mercato immobiliare.
E’ questo il punto di vista da cui dovrà ripartire chiunque voglia affrontare la “questione abitativa” in città, e neppure dovrà dimenticarsi che il seguito degli scandali dell’Atc e delle esuberanze edilizie di cui si è detto, è stata l’approvazione della legge 80/2014 Lupi/renzi. Una legge che ha messo termine all’Edilizia Residenziale Pubblica, confermato il potere del partito del mattone, criminalizzata la povertà (l’art.5 nega la residenza e l’allacciamento delle utenze agli ”occupanti”). Da questo punto di vista, lo sgombero di Salita al Fortino nonché l'annuncio di analogo sgombero in via Orfanotrofio, dove gli acquirenti vogliono trasformare la ex mutua (già ex casa dei metallurgici, soppressa dal fascismo) in casa di riposo per ricchi, hanno concluso “un lavoro ben fatto” dalla precedente giunta comunale.
Occorre vederlo più da vicino questo dispositivo di assoggettamento, per sottrarsene. Primo movimento, respingere ogni proposta (requisizione, esproprio, comodato d’uso) che possa turbare l’ordinaria amministrazione, quella imposta ai Comuni dagli enti sovraordinati (governo, commissione europea, Fmi). Secondo movimento, confondere sistematicamente i problemi sociali delle famiglie, con i problemi giudiziari conseguenti al reato di occupazione, di cui peraltro si stanno occupando i giudici con interminabili processi. Così il marchio “occupante” indelebile, autorizza i funzionari dei servizi sociali a penalizzare le famiglie occupanti ogni volta che si affacciano sulla soglia della cittadinanza (bandi, accessi e permanenze nelle graduatorie, richiesta di residenza o di cittadinanza). Terzo movimento: offrire soluzioni abitative truffaldine, cioè più attente alla tutela dei proprietari che degli inquilini “morosi incolpevoli”. Quarto movimento, rinnovare quanto più possibile e con il concorso delle associazioni più varie, l’esercizio dello “sportello” , dove i normali cittadini e ancor di più gli “occupanti”, vengono ridotti alla questua.
Sono trascorsi sette anni dalla prima occupazione (Via Allende). In tutto questo tempo le “procedure” di cui si è detto hanno funzionato come orologi, ben oliate da amministrazioni di diverso colore politico. Ecco perché all’appuntamento con l’ufficiale giudiziario in Salita al Fortino c’erano tre famiglie inoffensive, che si sono fatte “disperdere” tra centri di accoglienza e dormitori. Mancava il soggetto sociale, ormai estenuato, che aveva dato inizio all’occupazione e che poteva quindi condurla ad altro esito. In quanto alle cosiddette forze dell’ordine, che hanno garantito, manu militari, l’esecuzione dello sgombero, esse erano lì a ricordare che l’assoggettamento degli esclusi, dei fuori mercato, dei riottosi e dei ribelli, se non funziona con le “procedure”, viene fatto funzionare con la forza. Ovviamente l’ordine tutelato è quello della possidenza, ovvero, il diritto di proprietà, in questo Paese, può essere esercitato “senza se e senza ma”, a dispetto della Costituzione (art.41 e 42), ma a norma di legge.

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