domenica 5 marzo 2017

POLITICHE URBANISTICHE


Ho appena finito di leggere la lettera che Paolo Berdini ha inviato al “Fatto” (integralmente sul sito del Coordinamento Asi-Est: http://coordinamentoasti-est.blogspot.it/). L’assessore all’Urbanistica argomenta i provvedimenti presi, a sua firma, dalla giunta comunale di Roma. Alcuni si giustificano da sé, come la costruzione di 3000 alloggi popolari (la sottolineatura è mia), il ripristino delle regole per l’affidamento degli appalti pubblici, il finanziamento di piani di riqualificazione urbana di due periferie. Gli altri, i più discussi, sono provvedimenti oppositivi di progetti di trasformazione del territorio urbano, già certificati dalle giunte precedenti o semplicemente annunciati, ma non ancora arrivati alla fase esecutiva.
Un esame, sia pure sommario, di tali progetti è sufficiente per avere in totale trasparenza, sia il profilo dei committenti, sia le finalità perseguite. Si tratta, dalla parte dei committenti, del partito del mattone tra i più potenti del Paese. Una consorteria di costruttori, finanzieri, proprietari fondiari, politici e giornalisti di primo piano che, pur trovando nel corso dei decenni dei fieri antagonisti, i sindaci Petroselli e Argan per esempio, tiene tutt’ora in mano il diritto ad edificare la città. Si tratta, dalla parte delle finalità, di un agire predatorio, che non risparmia beni comuni e interessi pubblici.

Questa condotta è stata definita da taluni critici “l’ennesimo sacco di Roma”. Infatti solo una arcaica cultura della possidenza, incarnata in soggetti politici forti, può dar conto del presente dissesto urbanistico e sociale della città. Una cultura che ha avuto i suoi militanti fin dentro la Corte Costituzionale. Si veda, al proposito, la vicenda (1962) del ministro Sullo, politicamente liquidato per aver sostenuto la legittimità dell’esproprio generalizzato, vale a dire, la misura necessaria per dotare i comuni di terre del demanio. In tale circostanza la proprietà fondiaria ha assunto “per sempre” una posizione politica di assoluto rilievo e la rendita fondiaria è diventata la misura dello sviluppo.
Quella stessa cultura ha conosciuto fasti recenti con la cosiddetta “urbanistica contrattata”. Cosicché, in un sol colpo sono stati messi in mora i PRG prescrittivi e si sono aperte le porte degli assessorati agli speculatori immobiliari. Ne costituisce ultima sintesi la legge 80/2014, quella che mette fine alla edilizia residenziale pubblica (art.3 e seguenti) e criminalizza la povertà (art.5). Dunque, per decenni, le politiche di trasformazione hanno messo sullo stesso piano l’ente pubblico e il partito del mattone, gli interessi pubblici e quelli privati. Con gli esiti ben noti (si legga a questo proposito, “Le città fallite”, di Paolo Berdini, Donzelli editore).
Di questo si tratta, sotto la cortina fumogena delle polemiche di questi giorni. Si tratta di decidere se le trasformazioni del territorio e il diritto ad edificare devono essere consegnati alla “mano pubblica” (Enti locali, cittadini e loro associazioni), con piani regolatori conseguenti, oppure devono restare a mezzadria, nelle mani di chi ha devastato i territori, violando sistematicamente gli art.9 e 44 della Costituzione. Una decisione che non ha nulla di accademico, come è fin troppo evidente a Roma in questo momento. Una scelta che rimanda per sua stessa natura ai “moderni” conflitti urbani e ai loro protagonisti. Cittadini consapevoli, associazioni e movimenti che da anni incarnano una lotta, qualche volta necessariamente “illegale”, per l’affermazione di diritti costituzionali e per la riappropriazione di beni necessari ad una umana, perciò dignitosa, sopravvivenza.
Ora, si dovrebbe sapere che ogni città d’Italia ha avuto il suo “sacco” e ha dato il contributo del suo partito del mattone, al dissesto urbanistico e sociale dell'intero Paese. Allora perché non fare dei provvedimenti della giunta romana, una griglia per la lettura delle politiche di trasformazione del territorio, agite dalle giunte cittadine della nostra città ? La domanda mi è venuta dopo essere stato amichevolmente rimproverato di simpatie per i “grillini”. A me sembra, simpatie a parte, che in città, in tempi recenti, sono state due le azioni di contrasto della consorteria di cui si è detto: l’occupazione di quattro edifici vuoti (altrimenti destinati alla speculazione immobiliare) da parte di 50 famiglie in emergenza abitativa, nonché il respingimento (altrimenti la rinuncia alla cittadinanza e al diritto alla città che implica) del progetto di teleriscaldamento della Iren/holding industriale, da parte di centinaia di cittadini organizzati e consapevoli. Oppure mi sbaglio ?
Carlo Sottile

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