giovedì 22 dicembre 2016

UN'ALTRA NARRAZIONE


Alcuni militanti del Coordinamento, incluso chi scrive, insieme a dodici famiglie sfrattate senza alternativa abitativa, hanno “occupato” nel lontano 2010, l’edificio della ex mutua di via Orfanotrofio. L'idea di fare un uso sociale di un edificio di proprietà pubblica, vuoto da quattro anni, è stata realizzata, scontando denunce e processi (ancora aperti), al prezzo di un rapporto mai risolto con i direttori dell’Asl e con i sindaci della città. Un rapporto che questi ultimi hanno sempre tento sull’orlo di una drammatizzazione. Un dispositivo di controllo, a ben vedere. Cosi sono venute le ordinanze di sgombero non eseguite ma brandite come una clava, le residenze prima negate poi concesse, l’accesso ai servizi sempre negoziato (in ultimo negato quello all’energia elettrica), la sistematica e strumentale confusione tra aspetti sociali e aspetti giudiziari della “occupazione”.

venerdì 18 novembre 2016

CHE FARE, PER DARE UNA RAGIONE ALL'INQUIETUDINE.



Va detto che nello scenario sociale e politico delle città medio-grandi, non c'è alcun segno che mostri un venir meno della cosiddetta “emergenza abitativa”. A prescindere dalle analisi degli osservatori e dei soggetti sociali coinvolti, a prescindere dalle potenzialità politiche del “movimento”, il report periodico del Ministero degli Interni nonché i dati forniti dalla locale Prefettura, mostrano che lo stillicidio degli sfratti per morosità non si è fermato ma continua, con variazioni di intensità, su tutto il territorio nazionale. Siamo dunque di fronte ad un bisogno abitativo sempre più insoddisfatto. Dunque il problema sociale in sé permane, semmai è diventato meno trasparente perché il malessere che lo accompagna, sempre più costretto nella dimensione privata, si risolve o si trasferisce lungo canali sociali al momento difficilmente esplorabili. Due sono le cause, come vedremo più da vicino, che hanno determinato questo stato di cose. La sterilità politica del “movimento” e le politiche filantropiche e di riduzione del danno, così estese e istituzionalizzate (enti pubblici e il cosiddetto privato-sociale) da funzionare, nei confronti della parte di popolazione “fuori mercato” (ma non per questo esclusa dalle pratiche predatore del capitale finanziario), come un dispositivo di assoggettamento. Non c'è dunque nulla di pacificato, soprattutto perché le cause strutturali dell'emergenza non sono rimosse e rimandano, come in un caleidoscopio, agli altri aspetti della presente “crisi”, ben radicati nelle contraddizioni del mercato e del capitale finanziario: la precarietà dei redditi e, nelle realtà urbane, un assetto della proprietà immobiliare incompatibile con l'esercizio dei più elementari diritti di cittadinanza. La realtà è sempre più quella riassunta nello slogan “famiglie senza casa e case senza famiglie”. Addosso a questa realtà urbana e in assenza di conflitti politicamente forti, si sviluppano altre pratiche mercantili, variamente localizzate e definite - la gentrificazione, la monocultura, i quartieri fortezza, il social housing - che orientano lo scenario urbano secondo le dinamiche del profitto e della rendita. Vale a dire, la città non è più di chi l'abita, non è più il luogo che accredita diritti e si riconosce in una comunità.

sabato 5 novembre 2016

CHI COMPRA CHI


Ancora una volta i giornali annunciano un possibile acquirente dell'edificio di via Orfanotrofio e ancora una volta la notizia è accompagnata dall'assoluto silenzio sulla presenza nello stesso edificio da dodici famiglie, che vi domiciliano da sei anni, dopo averlo “occupato” perché sfrattate senza alternativa abitativa.
Nel frattempo sono andate deserte due aste pubbliche, due sindaci hanno fatto pervenire una ordinanza di sgombero ciascuno, l'associazione che ha accompagnato le famiglie in questo percorso “fuori legge” ha aperto quell'edificio all'interesse della città. Così, decine di iniziative pubbliche condotte dal “collettivo della ex mutua” e dal Coordinamento Asti-Est hanno provato ad accreditare un progetto di recupero che tenesse insieme il diritto all'abitare delle famiglie “occupanti”, il proposito di sottrarre alla speculazione immobiliare un edificio di proprietà pubblica, l'idea di ricongiungere la storia dello stesso edificio alla “casa dei metallurgici” che era stato negli anni 20, prima che i fascisti decidessero di sottrarlo a quell'uso.
Tutte azioni che hanno mancato il loro scopo, non solo ignorate dagli enti pubblici, in primis l'Assessorato ai Servizi Sociali e la Questura, ma prese a pretesto per negare la legittimità della “occupazione”, contenerla nel recinto di una legalità senza principi, ridotta a puro riflesso d'ordine, impedire che le famiglie “occupanti” fossero riconosciute, attorno a quel progetto, un interlocutore collettivo, portatore di diritti di cittadinanza.

venerdì 30 settembre 2016

A PROPOSITO DI OCCUPAZIONI


Ci auguriamo che l'articolo della giornalista della Nuova Provincia non provochi solo riflessi d'ordine ma anche qualche utile riflessione, che peraltro merita. La nostra è quella che segue.
Intanto quel che si vede è importante ma qualche volta è più importante quel che non si vede. In questo caso è l'incapacità del potere pubblico di dare una risposta ad un gravissimo problema sociale. Le occupazioni ad Asti sono quattro e non tutte sono “fuori controllo” come quella di Corso Volta/Corso Casale, mentre le occupazioni sul territorio nazionale sono centinaia e tutte insieme hanno come protagonisti persone/famiglie con redditi precari e dunque espulse dal mercato privato delle locazioni. Sono centinaia di migliaia di persone/famiglie a cui è negato il diritto all'abitare.
Inoltre questo mercato escludente è fermo e il recente riavvio annunciato dai costruttori è legato alle disponibilità di reddito di un ceto medio non ancora impoverito. Che quel mercato, nei tempo d'oro, fosse largamente speculativo e fosse sostenuto con grande leggerezza dalle banche, è un giudizio così condiviso da formare ormai una letteratura. E le prove, evidentissime sono sotto gli occhi di tutti, ad Asti come altrove. I due edifici di cui si parla ne sono un luminoso esempio. Infatti su quelli le ipoteche maggiori sono delle banche.

giovedì 29 settembre 2016

MINACCIA DI SGOMBERO

4 ottobre, ore 8,30, Salita al Fortino 30, la sorte di cinque famiglie, tutte con minori, potrebbe essere trascritta sulle carte dell'ufficiale giudiziario come “sgombero eseguito”. La via di uscita, proposta dall'assessorato, l'Agenzia Casa del Comune, risulta impraticabile per quelle di loro che non hanno redditi garantiti. Il dramma può essere evitato solo dalla presenza di numerosi testimoni. L'appuntamento, per chi ha ancora orecchio per i problemi sociali, è per le 8,30 di martedì 4 ottobre in salita al Fortino 30.

martedì 2 febbraio 2016

BENI COMUNI


DICHIARIAMO “BENI COMUNI” gli edifici “OCCUPATI”di via Orfanotrofio e di via Allende.
No ALLE PRIVATIZZAZIONI.
Dalla parte della Amministrazione, solo provvedimenti filantropici o di riduzione del danno. Certo, è meglio di niente. Con l'Agenzia Casa e soldi pubblici, qualche contratto di locazione è stato rimesso provvisoriamente in carreggiata, inquilini e padroni di casa hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. E poi ? Se gli inquilini non mutano la loro condizione sociale, se gli sfratti non si arrestano (o si bloccano), se non muta il contesto sociale, dopo qualche mese tutto è come prima, anzi peggio di prima.
In questo modo, aspettando e ubbidendo (alle politiche dell'austerità), una emergenza permanente, viene fatta funzionare come dispositivo di controllo di un conflitto sociale temuto ma ancora solo annunciato. E' quel che basta per evitare che l'ordine delle cose presente sia messo in discussione. Dunque da parte della Amministrazione, nessuna intenzione di sottrarre al mercato e alla speculazione immobiliare i beni immobili di proprietà pubblica o di enti pubblici; nessuna intenzione di ricondurre ad un uso sociale gli edifici vuoti di proprietà delle immobiliari e delle banche. 

  FONDO DI RESISTENZA   con i pregiudicati della ex Mutua SOMMA VERSATA A TUTT'OGGI     7300 e...